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10 AGOSTO 1860, LE FUCILAZIONI DI BRONTE

Posted by on Ago 17, 2018

10 AGOSTO 1860, LE FUCILAZIONI DI BRONTE

RIVOLTE CONTADINE E REPRESSIONE GARIBALDINA NELLA SICILIA ALL’INDOMANI DELLO SBARCO DEI MILLE

Appena mise piede in Sicilia, Garibaldi cercò di conquistare il favore delle popolazioni rurali.
Appena tre giorni dopo aver assunto la dittatura “nel nome di Vittorio Emanuele re d’Italia”, promulgò dei decreti che, oltre ad andare incontro alle legittime richieste dei contadini, di fatto li invitavano all’insurrezione contro le vecchie istituzioni.
Venne abolito il dazio sul macinato e quello sull’immissione per i cereali, le patate e i legumi. Inoltre, fu promulgato il divieto ai cittadini dei comuni occupati di pagare le tasse al governo e, il 2 giugno, fu emanato un atto che decretava la divisione delle terre in possesso del demanio pubblico a favore delle famiglie senza terra e di coloro che avessero combattuto contro i Borboni.
I contadini, che secolarmente rivendicavano la redistribuzione delle terre e la fine degli antichi privilegi feudali, pensarono che l’arrivo dei Mille aprisse finalmente le porte alle loro richieste.
Purtroppo si sbagliavano.
Garibaldi, che nel suo operato doveva rendere conto alle autorità piemontesi, non intendeva inimicarsi i grandi latifondisti e, soprattutto, non voleva mettere in allarme le potenze straniere, Inghilterra in primis, che Cavour aveva convinto ad appoggiare l’unità d’Italia.
Per questo le occupazioni spontanee delle terre, i tumulti, le aggressioni e le rivolte contro i grandi proprietari terrieri che scoppiarono in varie zone della Sicilia vennero duramente represse.
Uno dei casi più conosciuti, anche grazie alla celebre novella di Verga, è quello di Bronte.
La piccola cittadina alle pendici dell’Etna, il 2 agosto 1860, fu teatro di un’insurrezione popolare che sfociò nell’omicidio di sedici persone e nell’incendio di numerose abitazioni.
A morire diversi notabili, tra cui il barone locale e la sua famiglia.
Per punire i rivoltosi Garibaldi mandò il suo luogotenente Nino Bixio, al comando di un battaglione. Bixio in poche ore procedette al processo di 150 persone. Cinque di queste, Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri, Nunzio Samperi, Nicolò Lombardo e un certo Frainunco, vennero condannati alla pena capitale. All’alba del 10 agosto furono tutti fucilati e poi appesi in paese come monito.
Probabilmente nessuno di loro era tra i capi della rivolta che avevano abbandonato il paese all’arrivo dei Garibaldini. L’avvocato Lombardo aveva come unica colpa quella di aver assunto a furor di popolo la carica di sindaco. Frainunco, secondo molte ricostruzioni, era un uomo con evidenti disabilità mentali. A fucilazione effettuata Bixio rilasciò un proclama; tra le altre affermazioni sosteneva “se non io, qualcun altro in mia vece rinnoverà le fucilazioni di Bronte se la legge lo vuole.”

segnalato da Gianni Ciunfrini

 

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