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17 Marzo 1861, Unità d’Italia: ecco perché il Sud non deve festeggiare

Posted by on Ago 12, 2017

17 Marzo 1861, Unità d’Italia: ecco perché il Sud non deve festeggiare

17 Marzo 1861: Unità d’Italia. Il giorno che secondo l’epopea risorgimentale ha liberato la penisola italica, e in special modo il Meridione, dallo straniero invasore ed oppressore per dare vita a un Regno libero, guidato dal piemontese Re “galantuomo” Vittorio Emanuele II e formato grazie alle abilità politiche del conte di Cavour e a quelle militari dell’eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, l’uomo che a capo di mille uomini e 3 cannoni riesce a sbarcare in Sicilia e da lì fa capitolare strada facendo, e nel giro di pochi mesi, il Regno delle Due Sicilie con il suo esercito di 30.000 effettivi: un’autentica impresa, o forse c’è bisogno di integrare il racconto con qualche altra informazione?

Il Regno delle Due Sicilie, lungi dall’essere una nazione arretrata e governata dallo straniero, era uno Stato legittimo, sovrano e indipendente sin dal 1734-35, quando era ancora diviso nelle due corone di Napoli e Sicilia. Con i Borbone, il Sud divenne insieme all’Inghilterra e alla Francia il Paese più florido d’Europa, la meta finale e più preziosa del Gran Tour che fece dire a Stendhal nel 1817: In Europa ci sono due capitali: Parigi e Napoli”. Le Due Sicilie vantavano vari primati, tra cui la costruzione della prima ferrovia italiana, la prima illuminazione a gas in una città italiana, il primo ponte sospeso in ferro in Italia, il primo museo al mondo (Museo di Capodimonte), la prima fabbrica di locomotive e materiale ferroviario d’Italia, la prima Nazione a effettuare la raccolta differenziata e a costruire edifici antisismici, il primo osservatorio astronomico italiano, il primo telegrafo in Italia, la prima assistenza sanitaria gratuita, la prima assistenza pensionistica. I Borbone, inoltre, costruirono il primo teatro operistico del mondo (il Real Teatro di San Carlo), la Reggia di Caserta, quelle di Portici e di Carditello, portarono alla luce gli Scavi Archeologici di Ercolano e Pompei, fondarono il conservatorio di San Pietro a Majella, l’Albergo dei Poveri, la Fabbrica di Capodimonte per le porcellane, costituirono il primo orto botanico d’Italia, le prime cattedre di astronomia ed economia, e… dopo aver terminato questo articolo, continuate a leggere qui.

Il “Re galantuomo”, in accordo con il banchiere Conte di Cavour, dunque decise di invadere, senza dichiarazione di guerra, il Regno di Francesco II. Cugino del re savoiardo, il giovane re Borbone era appena salito al trono, prima di quanto fosse previsto, per la morte prematura di Ferdinando II suo padre. Vittorio Emanuele II fece passare come “autonoma” dalla politica sabauda la spedizione dei mille. Infatti, mentre gli giurava amicizia e condannava le operazioni di Garibaldi, aiutato dagli inglesi il re sabaudo ordì contro il Regno delle Due Sicilie, corrompendo i generali ed alti ufficiali dell’esercito duosiciliano, i  quali ordinavano ai propri soldati di arrendersi: ad esempio, circa 3000 soldati si ritirarono su ordine del generale Landi dopo aver quasi respinto gli uomini di Garibaldi, mentre in Calabria 10.000 uomini alzarono bandiera bianca senza sparare un solo colpo. Garibaldi, arrivato nella capitale Napoli fu accolto dal prefetto Liborio Romano che mise a capo della polizia il camorrista Salvatore De Crescenzo, detto “Tore ‘e Crescienzo”, a cui fu affidato con i suoi uomini di mantenere l’ordine pubblico e supervisionare il plebiscito di annessione. L’appoggio della malavita tuttavia l’eroe dei due mondi lo ebbe sin dall’inizio, quando in Sicilia si alleò con i “picciotti”, tanto è vero che prima del 1861 il termine “mafia” non esisteva. La Mafia, oggi conosciuta come organizzazione malavitosa articolata ed occulta con rapporti intensi con la politica italiana, ebbe inizio perciò proprio nel 1861! Lo stesso Giuseppe Garibaldi, successivamente, si pentì amaramente di aver fatto la campagna meridionale, rinnegando l’Unità d’Italia.

Perché invadere il Regno delle Due Sicilie? Il Regno di Sardegna era gravato da un enorme debito pubblico: i Piemontesi, che avevano scarse risorse economiche, cominciarono a stampare banconote senza la corrispondente riserva monetaria e, perciò, con l’acqua al collo i Savoia pensarono che fosse cosa buona e giusta conquistare un Sud dove circolava soltanto denaro in oro e argento e in cui non vi era debito pubblico: il solo Regno delle Due Sicilie possedeva una quantità di oro pari al doppio dell’oro di tutti gli altri stati della penisola italiana messi insieme, 60 volte superiore a quello dei Savoia. Non a caso appena entrato a Napoli il buon Re galantuomo provvide a saccheggiare il Banco di Napoli di tutto il suo oro, poi ordinò di portare a Torino i mobili del Palazzo Reale partenopeo e, facendo l’inventario dei beni presenti nella Reggia Caserta, non sapendo che quello che utilizzava la Regina fosse un bidet lo chiamarono “strano oggetto a forma di chitarra”.

La Storia stravolta e nascosta non termina qui però, perché c’è il capitolo degli stermini. Con l’invasione savoiarda le città meridionali eccidiate furono più di 100, in cui persero la vita migliaia e migliaia di civili compresi bambini e donne le quali furono prima stuprate: tra le stragi più efferate ci sono quelle che furono condotte a Bronte, Montefalcione, Pontelandolfo e Casalduni. Coloro che si opponevano a all’esercito sabaudo, dunque un vero esercito di occupazioni, come contadini e gli stessi soldati dell’ex esercito duosiciliano che oggi sarebbero definiti “partigiani”, furono allora etichettati come “briganti”, fuorilegge da mettere a morte e con i cui corpi senza vita e le teste mozzate si fecero fotografare i carabinieri e i bersaglieri. I fautori dei massacri, quali Cialdini e Nino Bixio (conosciuto come “la belva” tra i contadini del Mezzogiorno) furono autori di crimini contro l’umanità che lo Stato Italiano ha eletto a eroi e Padri della Patria. A Fenestrelle, località in provincia di Torino, fu edificato un forte utilizzato come campo di concentramento per “briganti”, ed oggi fa parte della lista dei monumenti nazionali.

Fu vera liberazione? Stavolta non sembra spettare ai posteri l’ardua sentenza: fu invasione, conquista, riduzione a colonia interna. È un caso che dopo il 1861 il Nord abbia sorpassato e surclassato economicamente il Sud? Carlo Bombrini, amico di Cavour e direttore generale della Banca Nazionale nel Regno d’Italia, istituto di diritto privato ma con le pubbliche funzioni di Tesoreria dello Stato, ebbe a dire circa i Meridionali che “Non dovranno mai essere più in grado di intraprendere”, e infatti da proprietario della Ansaldo fece in modo che la concorrente Pietrarsa fallisse, che le industrie del Sud (molto più numerose qui che nel resto d’Italia, infatti Sicilia, Calabria e Puglia erano le prime 3 regioni della penisola per numero di operai) fossero smantellate, che si potenziasse la rete ferroviaria al Nord ottenendo la maggior parte dei finanziamenti. Meritano poi di essere menzionati lo smantellamento del porto di Salerno per essere ricostruito a Genova in modo da far concorrenza ai cantieri di Castellammare di Stabia, la chiusura delle scuole al Sud per ben 15 anni (un popolo ignorante si domina meglio) e il fatto che il Mezzogiorno conoscesse per la prima volta cosa significa emigrare: nacque la questione meridionale per risolvere la questione settentrionale. Queste sono le parole Fëdor Michajlovič Dostoevskij sull’appena nato Regno d’Italia: “per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, […] un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!”.

Ecco il ritratto, troppo breve e sommario, dell’Unità d’Italia, un ritratto che porta alla mente quello letterario di Dorian Gray, opera di Oscar Wilde, il cui viso dipinto riporta i segni di tutte le brutture e le corruzioni e che il suo proprietario nasconde così sotto un telo, per non renderlo visibile: come Dorian Gray, anche l’Italia deve finalmente squarciare un quadro fatto di menzogne.

Francesco Pipitone

 vesuviolive.it

 

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