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APOTEOSI DEL REGICIDIO, SEMPRE GARIBALDI

Posted by on Feb 27, 2018

APOTEOSI DEL REGICIDIO, SEMPRE GARIBALDI

Ma un fatto anche più obbrobrioso erasi compiuto dal Garibaldi in nome di Vittorio Emanuele, Re e consanguineo di Francesco Il.

Una ricompensa nazionale decretavasi in onore del regicida Agesilao Milano.
L’orrore eccitato da tale nefandezza destò il brivido in ogni uomo onesto d’Europa.
Il Governo di Francesco II la denunziò ai Sovrani tutti delle nazioni civili con la seguente nota.

«Il giornale officiale del Governo rivoluzionario di Napoli pubblica, nel numero corrispondente al 28 del mese ora scorso, il decreto seguente…

«Italia e Vittorio Emmanuele.
Il Dittatore dell’Italia meridionale. Considerando sacra al paese la memoria di Agesilao Milano, che con eroismo senza pari s’immolò sull’altare della Patria per liberarla dal tiranno che l’opprimeva: decreta.

Art. I. È accordata una pensione di ducati trenta al mese a Maddalena Russo madre del Milano, vita durante, a contare dal 1 ottobre prossimo.

Art. 2.° È accordata una dote di ducati due mila per ciascuna delle due sorelle del detto Milano. Questa somma sarà investita in fondi pubblici a titolo di dote inalienabile e consegnata alle sorelle nel corso del prossimo ottobre.

Art. 3.° Il ministro delle Finanze è incaricato della esecuzione del presente decreto. Napoli 25 Settembre 1860. Firmato — Garibaldi».

Nel portare a conoscenza di S. E. il signor ecc. il sottoscritto Ministro ecc. si crede dispensato da ogni commentario intorno a questa inqualificabile disposizione.
La rivoluzione non era arrivata mai in alcun paese a questo grado di perversità e di anarchia.
Canonizzare come santità il regicidio, premiare pubblicamente l’assassinio, eccitare officialmente con questo esempio all’esterminio dei Sovrani; questo non si è fatto sino adesso, e si la però in una città occupata dalle truppe Piemontesi, da un condottiere che agisce in nome del Re di Sardegna, e che prende da quattro mesi, e senza essere smentito, la sua bandiera ed il suo nome.

Un uomo che tenta di assassinare un altro uomo; un soldato che esce dalle file per uccidere il suo generale; un suddito che vibra la sua baionetta contro il suo Re, è un martire degno di lode, di pianto e di premio per il Governo di Garibaldi .

E questa apoteosi si fa pubblicamente nel Giornale officiale di Napoli! e in nome del Re Vittorio Emmanuele si danno, e si offrono ricompense ai regicidi!

Tale esempio parla più atto che tutte le declamazioni sul miserabile stato morale in che è caduto il Regno, sull’anarchia che si è impadronita de’ suoi destini dopo il trionfo dell’invasione.

Il sottoscritto non crede necessario protestare contro questo scandaloso decreto, perché protestano per lui tutti i sentimenti di morale, di onore, di religione che esistono nel cuore umano.

Il sottoscritto lo denunzia alla giustizia dell’Europa, come la pruova la più chiara, e fra tante, dette tendenze degli uomini che colla forza straniera, e profittando d’inauditi tradimenti, hanno usurpato l’autorità, ed occupato la più considerevole parte del Regno delle Due Sicilie. Per questo prega l’E. S. di portare questa nota a conoscenza del suo Governo e profitta di questa opportunità ecc.»

FATTI D’ARMI ED INVASIONE SARDA

Addì 8 Ottobre avvenne una nuova fazione con qualche vantaggio dei regii, che addì 15 fecero toccare nuove e rilevanti perdite ai Garibaldini; di che forse provenne l’affrettarsi dell’esercito piemontese ad accorrere per mare e per terra, stando il Garibaldi con gran pericolo d’essere al tutto disfatto, malgrado dei soccorsi di denaro e mumzioni e di migliaia di volontarii speditigli dalla Inghilterra.

Di questi fatti d’armi si ha sufficiente notizia dalla Gazzetta di Gaeta così compendiata. «Nella prima di queste fazioni, le artiglierie regie, sotto lo sguardo dei Reali Principi, fecero gran danno al nemico che soffrì gravi perdite in morti e feriti, mentre il colonnello de Liguori, colle sue truppe rinforzate dai tiragliori della guardia, occupò una posizione del nemico, e v’inchiodò un cannone.

La seconda fazione del 15 fu impresa dai regii nello scopo di riconoscere le forze del nemico e di distruggere talune case rurali, dal cui coperto erano molestate le sentinelle avanzate, e per assicurarsi se per avventura si fosse lavorato per approccio verso la piazza. Questa ricognizione fu affidata al colonnello Vecchione con due battaglioni di cacciatori, ed un distaccamento di artiglieria. Alle case rurali suddette la lotta s’impegnò vivissima d’esse furono talune prese e riprese fin tre a quattro volte. La fazione durò due ore.

Valutabili perdite toccarono ai garibaldini, tra quali figuravano truppe regolari piemontesi. Ingrossatesi però le loro file, il colonnello Vecchione ordiné la ritirata che fecesi in perfetto ordine. Al ritirarsi dei cacciatori regi gli avversarii audacemente si spinsero al campo di San Lazzaro, ma quivi le artiglierie della piazza cagionarono loro perdile gravissime.
Da parte dei regii si denunzia in questa fazione la morte di un Alfiere, di un Sergente ed un circa 40 feriti.»

Il Re Vittorio Emmanuele, avuta la notizia della resa di Ancona, parti il 30 Settembre da Torino, giunse il 2 Ottobre a Ravenna, e il giorno appresso fu ad Ancona, d’onde passò poi a visitare alquante altre città per mietervi gli allori seminati dal Farmi ed irrigati dal sangue del fiore della nobiltà francese e belgica.
Quindi ricevette le deputazioni allestite dal Comitato annessionista di Napoli, con cui lo supplicavano di andare presto a, metterli nell’ordine: e com’era pattuito, accettò.

Furono mancati fuori parecchi bandi firmati col nome di Vittorio Emmanuele, e tutti degni del Farini che l’accompagna. !1 giorno 15 Ottobre, varcata la frontiera del Regno di Napoli, entrò a Giùlianuova, giunse a Chieti alli 17, ed a Popoli nel giorno 19.

Quivi doveano attestarsi parecchie divisioni dell’esercito sardo che da più parti aveano invaso, senza verun pretesto di guerra, gli Stati del Re Francesco Il stretto congiunto di Vittorio Emmanuele. Altre divisioni furono portate per mare a Napoli. d’onde mossero subito verso Isernia, per congiungersi con quelle già accolte verso Popoli, e quindi assalire le difese preparate dai Napoletani, tra il Volturno e il Garigliano, appoggiandosi a Capua e Gaeta.

fonte

la storia che non si racconta

 

 

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