Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Roberto De Simone & MEDIA AETAS

Posted by on Mar 13, 2024

Roberto De Simone & MEDIA AETAS

VIRGILIO VILLANI – MEDIA AETAS Nel 1980 Virgilio Villani fonda l’Associazione Media Aetas Musica, con la quale intende promuovere la diffusione dei materiali del maestro De Simone, attraverso l’esecuzione ad opera dell’omonimo complesso vocale- strumentale, composto, oltre che dallo stesso Villani, che ne assume la carica di Responsabile Artistico, da Giuseppe De Vittorio, Gianni Lamagna e Antonella Morea, alcuni fra gli attori – cantanti più stimati dallo stesso De Simone. Leonard Bernstein, che ascolta il concerto a Gerusalemme, lo definisce “un’opera d’arte, popolata da angeli”.

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“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Posted by on Mar 9, 2024

“VOCI, SUONI E CANTI DI BRIGANTI IN TERRA DI LAVORO” A CASSINO, UN LIBRO DI STORIA EPICA

Il 3 marzo 2024 s’è vissuta in quel di Cassino presso l’Aula Pacis, una giornata memorabile che è andata al di là di qualsiasi più rosea aspettativa per il successo di pubblico, per il consenso umanine e assoluto della critica e per l’impeccabile esibizione di tutti gli artisti che grazie al loro attento e scrupoloso impegno, hanno messo in scena lo spettacolo Voci, Suoni e Canti di Briganti in Terra di Lavoro come mai è accaduto prima. Lo scopo di poter divulgare la storia poco conosciuta che riguarda la Terra di Lavoro e del Regno di Napoli che poggia sul piedistallo dell’identità, utilizzando la recitazione, la musica, il canto e i balli popolari, è sempre stato lo scopo principale della rappresentazione teatrale ottenendo sempre ottimi risultati facendolo definire, ovunque è andato in scena, uno spettacolo colto e non dialettale, come più volte affermato. Con la novità del “Brigante Narratore” abbiamo preso per mano il pubblico per accompagnarlo nel viaggio storico che parte da Fra Diavolo e finisce alla Prima Guerra Mondiale senza fargli perdere la bussola o l’orientamento, dandogli la sensazione di leggere un piccolo saggio storico che grazie alla bravura di tutti gli artisti non risulta mai ostico ma piacevole da seguire. A Cassino la gente è stata attentissima dall’inizio alla fine e in tanti hanno chiesto se i fatti narrati sono documentati e realmente accaduti rimanendo sorpresi e accettati anche se con difficoltà, a questo punto cerco di spiegare i vari passaggi e perchè sono collocati in un certo modo.

Lo spettacolo inizia con l’assolo di zampogna per accogliere i presenti con il suono sacro di uno degli strumenti più carattestici della Terra di Lavoro e certamente quello principe nella zona alta della provincia più antica d’Europa, che anticipa la poesia di Pasolini “Terra di Lavoro” che oltre ad essere sublime, è importante per far comprendere che gli abitanti laborini non sono dei perdenti ma solo degli sconfitti. Si prosegue con gli eventi del 1799 mettendo a confronto l’eroismo e il mito di Fra Diavolo con la figura poco edificante di Eleonora Pimentel Fonseca che nella breve prosa da lei stessa scritta, appare per quello che realmente è stata: una reggicida, una femminicida, un’ infanticida, una liberticita, una napolicida e forse anche misogena mettendo con le spalle al muro i “briganti se more” che giocano a fare i briganti pur essendo degli ammiratori della Repubblica Napoletana ignorando che gli insorgenti postunitari si ispiravano ai loro nonni del 1799, non si può essere figli di due mamme. Il viaggio continua addentrandoci nel decennio di invasione francese cantando le gesta di Pit Panetta da Agnone, oggi Villa Latina, e discepolo di Fra Diavolo, dove la neonata borghesia italiana, che scaldò i muscoli dieci anni prima, certifica ufficialmente la sua reale natura che è quella dell’attaccamento “alla robba” con le vicende, poche narrate per non esercitare lesa maestà alla repubblica madre che è quella francese, dei briganti insorgenti che per il loro eroismo subirono opere di macellaria da parte di Giuseppe Bonaparte, di Murat e dal suo fedele Manhes che appiccava le teste dei nostri illustri antenati sui pali non lesinando crudeltà e ferocia nella repressione delle insorgenze disseminate in tutte il Regno.

Tralasciando i danni arrecati dalle Massonerie, il periodo della carboneria e i moti del “48”, facciamo un balzo di 40 anni narrando quattro fasi importanti che si legano di tra loro e fondamentali per il passaggio da un’epoca all’altra con protagonisti importanti che, citandoli, in pochi minuti ci fanno capire la causa che genera l’effetto che è la guerra postunitaria; morte di Ferdinando II, proclama di Francesco II fatto a Gaeta ai suoi sudditi che annuncia la fine della patria napolitana, esaltazione dell’ultima Regina di Napoli, Maria Sofia ed eroina di Gaeta e perchè s’è saliti sulle montagne per diventare briganti. Senza queste fondamentali letture la narrazione si spegnerebbe e si svuoterebbe di tutto il suo intento, come ben sa chi legge saggi storici, e lo spettacolo diventerebbe soltanto un “appiccicare” le varie esibizioni che vanno in competizione tra di loro.

Dopo questo passaggio si passa al neonato Regno d’Italia e si cominciano a narrare le storie di briganti e brigantesse più o meno conosciuti, che hanno scritto pagine epiche della resistenza napolitana compresa la testimonianza di chi è riuscito a sopravvivere alla morte.

Si passa a Matilde Serao, nata a Napoli ma di origine laborina per l’esattezza di Vernaroli, che grazie al suo necrologio su Francesco II, comprendiamo che con la sua morte muore un Regno dopo quasi otto secoli di vita portandosi dietro un mondo che non tornerà più e per dare spazio ad un altro che esordisce con l’emigrazione che le nostre terre non avevano mai conosciuto prima e la tragedia della tratta dei fanciulli citando, altresì, le vicende dei fasci siciliani e delle cannonate di Bava Beccaris dove il giacobinismo, vestito da liberale, dimostra tutta la sua miseria, il suo positivismo e razzismo alimentato dalle teorie lombrosiane. Si arriva tutto di un fiato alla prima guerra mondiale, considerata la IV guerra di Indipendenza e dove nasce realmente l’Italia fondata sul mito del soldato italiano, dove morirono 700 mila giovani di cui i 3/4 erano napolitani e dove l’unica nota felice è ancora una volta quella di S.A.R. Maria Sofia ultima Regina di Napoli che porta il suo conforto ai suoi antichi sudditi prigionieri di guerra.

Il libro si chiude con l’analisi di Milan Kundera e l’appello di Jacques Crétineau-Joly per far comprendere il senso del viaggio e la genesi del mondo che oggi viviamo in occidente, e con “Il canto dei Sanfedisti“, in Terra di Lavoro c’erano nuclei molto importanti e numerosi che si riconoscevano nel sanfedismo, che è un manifesto politico del popolo unico e irripetibile che purtroppo è sempre più attuale.

Tutte le musiche, i canti e le ballate sono rigorosamente identitarie che rispecchiano i luoghi dove hanno agito gli insorgenti, come le varie sfumature della lingua laborina utilizzate nelle recitazione e nei suddetti canti che rafforzano il senso antropologico dello spettacolo. Tra i canti ce ne sono alcuni poco conosciuti che cantano le gesta di Briganti Insorgenti in Terra di Lavoro che sono molto conosciuti tra gli addetti ai lavori e non solo.

Questo modo di narrare la storia ogni volta che è andato in scena, è stato sempre apprezzato e compreso con la massima attenzione dal pubblico accorso nonostante non sapesse cosa avrebbe visto, rimanendo sorpreso ed esterefatto, come è accaduto domenica 3 marzo 2024 a Cassino, ma al contempo soddisfatto per aver saputo leggere il “libro” che gli è stato offerto che ci fa comprendere come ha catturato l’attenzione di tutti senza nessuno escluso.

Spero di aver fatto comprendere perchè lo spettacolo, che rientra nella categoria del Teatro narrativo drammatico, ha questa forma e struttura, che ha un suo filo logico in un arco temporale ben definito e che se viene cambiato o stravolto perde la sua fluidità e linearità. Molti personaggi e fatti siamo stati costretti a non inserirli per il nostro dispiacere, ma Raimondo ed io crediamo che di più non si potesse fare e chi vorrà potrà continuare a farlo in un altro spettacolo e siamo disposti a dare una consulenza storica.

Una riflessione va fatta per gli artisti, sono quattordici, che grazie al loro impegno, attenzione e bravura hanno permesso la lettura del “libro” entrando nello spirito della storia e dei singoli personaggi facendoli propri dando la sensazione di rappresentare se stessi soddisfando al massimo le aspettative che Raimondo ed io avevamo.

Ultima riflessione fa fatta sulla Terra di Lavoro che ci ha agevolato molto il lavoro perchè nessuna provincia al mondo ha un’identità antropologica così composita frutto della multietnicità che s’è sviluppata nel corso di 3000 di storia con la mescolanza delle genti del mare e delle montagne facilitato dalla posizione geografica che la pone al centro del Mediterraneo. Nessuna altra provincia ha, altresì, culture, arti, filosofie e teologie cosi variegate, Napoli è fuori concorso, da cui attingere per sviluppare nuove entità che ci permette di creare cultura dal basso senza scimmiottarne altre o farcene calare dall’alto, basta pensare che esistono cinque stili di musica popolare quali tarantella, ballarella, saltarello, tammurriata da ballo e da ascolto, farcendoci guidare, nella stesura dello spettacolo, da questa enorme ricchezza. Nel chiudere vi annuncio che a breve pubblicheremo su i nostri canali lo spettacolo integralmente

Claudio Saltarelli

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SIDIVAL FILA – QUANDO L’ARTE INCONTRA LA FEDE

Posted by on Mar 8, 2024

SIDIVAL FILA – QUANDO L’ARTE INCONTRA LA FEDE

Varcata la soglia del piccolo convento francescano adiacente alla chiesa di San Bonaventura al Palatino, frate Sidival Fila ci accoglie nel suo laboratorio-atelier, con garbata ospitalità.

Ci introduce nel suo spazio vitale alla sommità del colle, ampio, luminoso; un atelier che ogni artista sogna di possedere per creare e accogliere al meglio tele di grande respiro.

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FRANCO JAVARONE UN SARTO CHE DIVENTA UN GIGANTE DEL TEATRO E DELLA RECITAZIONE

Posted by on Mar 2, 2024

FRANCO JAVARONE UN SARTO CHE DIVENTA UN GIGANTE DEL TEATRO E DELLA RECITAZIONE

Grazie all’invito di Carlo Faiello, che ringrazio, ho avuto l’onore e il piacere di presenziare al compleanno di Franco Javarone festeggiato al Domus Ars davanti ad una sala piena di amici, in tanti sono rimasti in piedi, che hanno reso omaggio all’attore napoletano che per un ora ha parlato, con brevi intermezzi teatrali, della sua vita e di come s’è ritrovato a fare teatro. Javarone era un giovane sarto che come spesso accade nella vita, quasi che fosse un mandato divino, si ritrova ad esercitare un mestiere che amava ma che non immaginava di fare, il “teatro”, e con grande ironia e sorriso, è lui che ci ha fatto un bel regalo e non il contrario, ci ha donanto dei momenti di vita e di grande umanità. Una carriera lunga quella di Franco Javarone vissuta in tutti i teatri del pianeta come nel cinema, lavorando con giganti quali Eduardo, Roberto De Simone, Annibale Ruccello e Federico Fellini, i primi che mi vengono in mente, e anche con altri importanti esponenti teatrali come Giorgio Streler, secondo il mio modesto parere non all’altezza dei precedenti come anche lui stesso affermava, raccontando aneddoti ed episodi divertenti che ha messo, altresì, in evidenza il livello di considerazione che i suddetti giganti avevano di lui considerandolo al loro stesso livello. La bellezza della serata oltre a quello di aver scoperto l’uomo che c’è dietro l’attore, è stato anche quello di avere ascoltato dei brevi monologhi teatrali che hanno incantato e zittito noi presenti anche se personalmente mi sarei aspettato almeno un monologo il lingua napoletana che Franco Javarone conosce a menadito che espone con una originale musicalità. Mentre ascoltavo l’attore napoletano mi veniva in mente che se opere e lavori artistici importanti mondiali possono essere tradotte ed esibite in napoletano, come ad esempio La Tempesta di Shakespeare tradotta e messa in scena da Eduardo o i Sonetti, sempre di Shakespeare, cantati in napoletano da Gianni Lamagna, che spesso sono migliori dell’originale, tradurre in altra lingua le opere napoletane è quasi impossibile e quando lo si fa sono mediocri o finiscono nel dimenticatoio, ci pensate una Gatta Cenerentola in Inglese, in Francese o in tedesco? per chi volesse rivivere la serata di Franco Javarone vi invito a vedere il video di seguito

Claudio Saltarelli

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“LA MASCARATA”, L’ANTICHISSIMO BALLO DI MONTERODUNI NEL SEGNO DEI BAMBINI NEL 2024

Posted by on Mar 1, 2024

“LA MASCARATA”, L’ANTICHISSIMO BALLO DI MONTERODUNI NEL SEGNO DEI BAMBINI NEL 2024

Nel disperato tentativo di salvare l’enorme investimento che le multinazionali bancarie stanno sostenendo dal 2000 ad oggi, si parla di 1,700 milioni di trilioni di dollari, in Europa nelle politiche Green, si sta puntando sull’emergenza climatica nell’illusione che l’uomo, seguendo il pensiero di Bacone che teorizzò che la natura grazie alla scienza può essere interpretata, possa intervenire per risolverla ignorando che l’unica vera emergenza climatica che affligge il mondo occidentale e l’unica che l’uomo può modificare, è “l’inverno demografico” già vissuto e determinante per la caduta dell’Impero Romano. Inverno demografico che con tutte le proprie forze la comunità di Monteroduni cerca di superare con una buona dose, non rispetto al passato ma rispetto ad altre realtà, di giovani coppie e relativi figli, come s’è evidenziato nella Mascarata 2024 che li ha visti protagonisti. Bambini che hanno sfilato con i costumi originali e fedelmente identitari cucite dalle proprie famiglie che hanno sfilato e ballato domenica 20 febbraio per il “salotto storico” del borgo che, nonostante sono stati preparati in un solo mese, hanno dato dimostrazione di bravura, scrupolosa attenzione e passione nella loro esibizione. Per comprendere meglio quanto affermo vi invito a vedere il video di seguito che inizia legando il presente con il passato.

Claudio Saltarelli

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