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CAVOUR (settima parte)

Posted by on Ago 7, 2017

CAVOUR (settima parte)

interesse della francia a coinvolgere il piemonte

La Francia, in più, aveva un vecchio desiderio: farsi cedere dal Piemonte Nizza e la Savoia. Già nel 1610 Enrico IV lo aveva tentato, e successivamente lo avevano tentato in molti, compreso Bonaparte, fino a Luigi Filippo che nel 1844 aveva proposto al Piemonte un’alleanza antiaustriaca.

Anche per questa ragione la Francia chiedeva l’aiuto del Piemonte in Crimea e metteva le premesse per la successiva guerra per la conquista dei possedimenti italiani dell’Austria. Considerazioni: Cavour nel momento decisivo delle trattative disse che bisognava “se résigner à la nécessité” “rassegnarsi alla necessità” (R3). Insomma, Cavour dovette accettare un ricatto. E la storiografia ufficiale l’ha fatto passare come una sua abilissima trovata, una sua geniale invenzione! Anzi Cavour fu il paladino dell’accordo “ad ogni costo” mentre Dabormida era per la trattativa. Insomma, qualsiasi primo ministro ci fosse stato non avrebbe avuta altra scelta se non accettare l’invito anglo francese e, probabilmente, avrebbe ottenuto più di quanto ottenne Cavour.

i piemontesi in crimea

Durante la preparazione della spedizione, nella baia di San Fruttuoso per imperizia si incendiò la Croesus, nave piena di materiale sanitario, poi non rimpiazzato. Anche per questa carenza, il corpo di spedizione piemontese ebbe oltre 2 mila morti per malattie, dei quali circa 1.300 per colera. Il corpo di spedizione piemontese fu invitato dal comando inglese a schierarsi nel settore tenuto dal corpo di osservazione, con facoltà di scegliere tra due posizioni: il ruolo secondario che le forze piemontesi avrebbero svolto durante la guerra era già determinato in anticipo (R3). Il generale La Marmora, con la sua condotta da uomo mite e pacifico, finì per rendere molto meno proficuo anche il sacrificio dei 2 mila uomini che il Piemonte perdette nella spedizione. Quei morti, quasi tutti per malattia, non ebbero una contropartita adeguata in fatti che segnalassero le forze sarde alla gratitudine degli alleati: ad eccezione del contributo da esse dato alla vittoria della Cernaia. Ma anche quel contributo non fu tale da pesare molto sul piano politico, dovendosi necessariamente commisurare ai 14 caduti nel combattimento e ai 15 morti a seguito delle ferite riportate. Alla diplomazia cavouriana veniva dunque a mancare la possibilità di far valere un cospicuo apporto alla vittoria finale, che era una delle carte su cui a Torino si era fatto più calcolo. Certo, l’idea di giungere al tavolo della pace puntando su cospicui sacrifici di sangue ha in sé qualcosa che può urtare talune sensibilità. Ma questa era stata sin dall’origine l’impostazione dell’intervento piemontese, e la mancata coerenza della condotta militare della guerra con le premesse politiche, poteva solo servire a rendere vana una parte dei sacrifici compiuti (R3). Considerazioni: Alla fine! Cavour con la Crimea non ne ha indovinata una. Ormai però i morti c’erano stati e Cavour intendeva venderseli al tavolo della pace a Parigi. Il problema, però, era rappresentato dal fatto che gli accordi prevedevano che la Sardegna potesse sedersi al tavolo delle trattative solo per le questioni che la riguardavano. La storiografia ufficiale ci racconta allora del capolavoro diplomatico del Cavour che riuscì a sedersi al tavolo della pace insieme alle grandi potenze. Vediamo.

la pace di parigi

Cavour partì per Parigi il 13 febbraio 1856 convinto di non riuscire ad ottenere nulla per il regno di Sardegna: “Je n’ai nul espoir – scriveva Cavour a Auguste de La Rive – d’obtenir le moindre avantage pour mon pays” “Non ho alcuna speranza di ottenere il minimo vantaggio per il mio paese” (R3). Le posizioni della Francia e dell’Inghilterra erano divise fino all’inizio delle trattative: la Francia era interessata alla pace ed a rafforzare l’intesa con l’Austria, l’Inghilterra, al contrario, premeva per porre condizioni inaccettabili alla Russia per poter proseguire la guerra. Questa divisione comportò l’interesse per i due alleati di accaparrarsi la presenza della Sardegna come un “satellite” al quale bastava usare “quelques prévenances plus apparentes que réelles et qui peuvent à peu de frais produire des résultats utiles” “alcune attenzioni più apparenti che reali che potevano con poca spesa produrre degli utili risultati”. In questo gioco delle parti andò bene al Cavour che si ritrovò al tavolo della pace nonostante avesse intrapreso una sua azione diplomatica per arrivare a quello stesso risultato (R3).

l’azione diplomatica del cavour a parigi

Cavour, non avendo assolutamente percepito quanto stava succedendo, non solo non aveva secondato gli avvenimenti ma aveva progettato di corrompere i delegati russi o turchi al congresso! Era inoltre ricorso alle grazie di sua cugina, Virginia di Castiglione, per meglio conquistare Napoleone III alla causa italiana. Espedienti che deludono non solo come innegabili cadute di stile ma anche per la loro pressoché totale sterilità, e che vanno giudicati per quello che sono: intrighi di rappresentanti di una corte secondaria e in fondo provinciale, chiamata a recitare una parte più grande di lei sulla scena politica europea (R3). La contessa di Castiglione si trovava ad essere, al tempo stesso, agente sarda e amante dell’imperatore transalpino, dopo esserlo stata di Vittorio Emanuele. Cavour si attendeva dalla cugina un contributo decisivo, come non mancò di comunicare al collega Luigi Cibrario, ministro degli affari esteri: “Vi avverto che ho arruolato nelle file della diplomazia la bellissima contessa di Castiglione invitandola a coqueter ed a sedurre l’imperatore, ove d’uopo; gli ho promesso che ove riesca avrei richiesto pel suo padre il posto di segretario a San Pietroburgo. Ella ha cominciato discretamente la sua parte al concerto delle Tuileries di ieri” (RM).

castiglione e nigra: diplomazia del sesso

Che la Castiglione, diventando amante di Napoleone III, divenisse utile alla causa, Cavour ne era certo. C’era, però, un lato negativo: la gelosia e la possibile reazione negativa dell’imperatrice Eugenia, molto influente a corte. Ecco il Nigra. La Castiglione ed il Nigra erano talmente belli che al solo vederli si capiva lo scopo cui erano destinati da Cavour. E la bellezza del Nigra colpì l’imperatrice Eugenia,. In questo modo il Nigra neutralizzava la gelosia di Eugenia e la sua ostilità alla causa piemontese che sfacciatamente era promossa dalla sua rivale contessa di Castiglione. Prove storiche della relazione tra il Nigra e l’imperatrice francese Eugenia non ne ho trovate. Di certo diminuì, fino a scomparire, il supporto dell’imperatrice all’azione del ministro degli esteri francese Walewski, ostile alla politica italiana dell’imperatore. Il Petruccelli della Gattina accusava i nostri ministri di credere che “a Parigi si facesse meglio la politica nel boudoir o nell’alcova più che nel gabinetto”. “Si credette che si potesse discutere in modo poco austero a traverso femmine di opinione maculata”. “Fu a causa di questo infelice errore che si lasciò Nigra a Parigi. Composta in modo per nulla serio di ebrei e di borghesi, la banda della Legazione italiana non ha goduto reputazione che presso i sarti e presso il demi monde di terza categoria” (AL).

nascita di un mito: cavour

Anche a Parigi non c’è traccia di alcuna abilità diplomatica del Cavour o di risultati da lui determinati. Nessuno ammise più apertamente di Cavour, che il congresso si era chiuso per il Piemonte senza “aucun résultat pratique” e nessuno mostrò più di lui la propria delusione davanti a questo fallimento, dopo che per due mesi e mezzo si era “démené comme un diable dans un bénitier” “dimenato come un diavolo nell’acquasantiera”. Egli era convinto che la sua “position parlamentaire” era ormai “fortement compromise par l’insuccès de mes démarches en faveur de l’Italie” “molto compromessa dal cattivo esito dei miei tentativi in favore dell’Italia” e, anzi, “retournant en Piémont les mains vides et fort désappointé” “ritornando in Piemonte con le mani vuote e molto deluso”, dichiarava di non essere “guère disposé à en vouloir à ceux qui facilitent à mes adversaires le moyen de me renverser du pouvoir” “disposto a non avercela con quelli che aiutano i miei avversari a rovesciarmi dal potere” (R3). Cavour a Parigi non ottenne nulla, come temeva prima di partire: “Tant travailler – confidava all’amico De La Rüe – pour obtenir de si maigres résultats, c’est peu encourageant” “Tanto lavorare per ottenere dei così magri risultati, è poco incoraggiante”. È da domandarsi, allora, come mai ci fu, al ritorno da Parigi, un coro di plauso all’indirizzo del Cavour da parte di amici e nemici (R3). La verità è che non c’era nulla, nella versione dei negoziati di Parigi presentata da Cavour al parlamento, che potesse dirsi propriamente falso: e tuttavia, a parte le ovvie e dichiarate reticenze, l’insieme era calcolato in modo da produrre negli ascoltatori una impressione molto lontana dal vero. Cavour aveva affrontato il dibattito alle camere, sapendo di poter confidare sulla simpatia dei governi inglese e francese: ma sapeva anche con sicurezza che, nella situazione esistente, quelle simpatie non si sarebbero certo spinte sino ad appoggiare un’iniziativa militare contro l’Austria. L’aperta sfida da lui lanciata al governo di Vienna con le sue dichiarazioni, indusse invece amici ed avversari a ritenere che eventi drammatici fossero imminenti, e che il governo di Torino osasse tanto perché garantito da segrete intese con le potenze occidentali (R3). Considerazioni: È stata una bugia, detta per giustificare l’errore di aver voluto partecipare alla guerra di Crimea e per giustificare di non essere riuscito a vendere i morti piemontesi al tavolo della pace di Parigi, a creare al pusillanime Cavour la fama di grande tessitore. Questa bugia resiste ancora dopo più di 140 anni.

opinione della diplomazia inglese su cavour

Per gli uomini di governo britannici l’appello cavouriano al principio di nazionalità non aveva senso perché, argomentavano con un candore illuminante, in Italia il governo di Torino non seguiva per niente quel principio, mirando, all’opposto, ad assorbire nello Stato piemontese le separate nazionalità lombarda, veneta, parmense e modenese. Nell’intimo, i Palmerston, i Clarendon, i Cowley ritenevano anzi che l’invocazione del principio di nazionalità da parte del conte di Cavour era “balderdash, rubbish” “spazzatura” e non degna di un vero statista (R3).

opinione di mazzini sulla politica di cavour

Il 14 gennaio 1858 Napoleone scampò fortunosamente a un attentato; le bombe lanciate contro la sua carrozza uccisero otto passanti. Per quel delitto furono ghigliottinati Felice Orsini e Giuseppe Pieri; e il fatto che i due italiani fossero stati in passato seguaci di Mazzini fornì pretesto a nuove accuse contro il Partito d’Azione di Mazzini. Pochi mesi prima, però, Orsini, per motivi sia personali che politici, era divenuto un nemico accanito di Mazzini, e anzi sperava, con un gesto così orrendo, di soppiantare il suo capo di un tempo nella direzione della rivoluzione patriottica. Mazzini, al contrario di alcuni stimati uomini politici, deplorò l’attentato; lo stesso fece il governo di Torino, che ne incolpò Mazzini, benché avesse la prova della sua innocenza. Nessuno sapeva che Cavour, poiché questi due uomini erano tra i nemici di Mazzini, aveva segretamente sovvenzionato Orsini e Pieri col denaro dei suoi servizi segreti; in seguito il ministro corrispose una pensione alla vedova di Orsini (MZ). Cavour presentò anche un disegno di legge per condannare l’apologia del regicidio esaltato dai giornali. Nell’Italia del Popolo violentemente Mazzini attaccò Cavour con una lettera aperta: “Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci separa. Noi rappresentiamo l’Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi desideriamo soprattutto l’unità nazionale, voi l’ingrandimento territoriale”. SG

 

Carmine De Marco

Fonte brigantaggio.net

(dal libro Revisione della Storia dell’Unità d’Italia)

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FD – Francesco D’ASCOLI – La storia di Napoli giorno per giorno dal 7.9.1860 al 24.5.1915 – Luigi Regina – Napoli, 1972

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R1 – Rosario ROMEO – Cavour e il suo tempo (1810-1842) Laterza – Bari, 1977

R2 – Rosario ROMEO – Cavour e il suo tempo (1842 – 1854) Laterza – Bari, 1984

R3 – Rosario ROMEO – Cavour e il suo tempo (1854 – 1861) Laterza – Bari, 1984

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