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DARWIN DAY di Fernando Di Mieri

Posted by on Feb 12, 2017

DARWIN DAY di Fernando Di Mieri

Anche in Italia è ormai invalsa l’abitudine di celebrare il “Darwin Day” (guai a dirlo in italiano!), che ricorda la nascita (12 febbraio 1809) del celebre naturalista inglese: “Dal 2003 l’Uaar organizza Darwin Day anche in Italia con scienziati, docenti e giornalisti scientifici” (così recita il sito dell’organizzazione). UAAR è una sigla che sta per Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (chissà perché gli agnostici, quando debbono scegliere uno schieramento, si trovano di norma insieme con gli atei. Che siano atei camuffati? Ma no! Ed è meglio non insistere su questo, ché si corre il rischio di passare per ignoranti). Anch’io allora ricorderò Darwin, ma alla mia maniera.

Innanzitutto, ponendomi una domanda: come mai Darwin è così privilegiato nella memoria dei posteri da meritare riconoscimenti continui e di tale diffusione, mentre la quasi totalità dei sommi che hanno fatto la scienza non gode di onori simili? Tanto più che si assiste ad una strana situazione. Infatti, non è rarissimo che, sottoponendo a uomini di scienza scevri da pregiudizi un elenco di difficoltà molto concrete che il darwinismo (anche nelle varianti più aggiornate) presenta, ci si senta rispondere in vario modo: ora più nessuno crede a quelle teorie ottocentesche; non si può attaccare pubblicamente Darwin etc.

Vorrei riportare due giudizi, formulati a distanza di tempo l’uno dall’altro, ma che riflettono lo stato delle cose. Il primo è di Giuseppe Sermonti e Roberto Fondi: “La teoria dell’evoluzione, come Charles Darwin la presentò nel 1859 … è stata contraddetta come poche altre teorie scientifiche del passato. … Eppure, nonostante molti autorevoli biologi abbiano esplicitamente dichiarata l’inconsistenza del darwinismo, esso rimane tenace nei libri di scuola …” (G. Sermonti-R. Fondi, Dopo Darwin. Critica all’evoluzionismo, Milano, Rusconi 1980, p. 5). L’altro giudizio è stato espresso da due studiosi notoriamente atei e, ovviamente, di indirizzo genericamente naturalista: Jerry Fodor e Massimo Piattelli Palmarini. Questi, nella prefazione alla loro opera Gli errori di Darwin, pubblicata in prima edizione da Feltrinelli nel 2010, a p. 12 scrivono: “ … pensiamo che sia necessario estirpare l’albero dalle radici; dimostrare che la teoria di Darwin della selezione naturale ha delle falle fatali. Questo è l’obiettivo del libro”. I Nostri continuano, alle pp. 18-19: “Più di uno dei nostri colleghi ci ha detto che, anche se Darwin aveva sostanzialmente torto a sostenere che la selezione naturale è il meccanismo dell’evoluzione, comunque non dovremmo dirlo. Non, comunque, in pubblico. Per quanto involontariamente, comportarsi in questo modo significherebbe schierarsi con le Forze dell’Oscurità”.

Bene, questi due passi mostrano che: 1) il consenso darwiniano non è plebiscitario come sembra; 2) c’è una diffusa reticenza nel sottoporre gli insegnamenti fondamentali (quelli che ancora molti condividono insieme con tutti gli aggiornamenti, etc.) di Darwin a critica, facendone magari oggetto di pubblico dibattito. Il punto è, infatti, che la scienza va avanti e bisogna fare i conti con le nuove acquisizioni. Proprio nel Paese leader della ricerca scientifica nel mondo, gli Stati Uniti, Darwin è sottoposto a continui attacchi su piani diversi (teoretico, educativo …), che impongono difese francamente illiberali, sfruttando i più severi apparati di potere.

Allora, perché si insiste tanto con le celebrazioni di Darwin?

Semplice, per ragioni teologiche. La teoria di Darwin non riserva alcuno spazio a Dio e, almeno nelle sue formulazioni più note, neanche ad una finalità naturale. Dunque, mettere in discussione Darwin significa esporsi al rischio del ritorno di Dio nelle scienze della vita: quanto di più esiziale possa prospettarsi per i laicisti estremi.

Darwin è stato trasformato in una bandiera, anzi la bandiera della scienza che fa a meno di Dio nelle sue pretese esplicative delle realtà mondane. Il suo nome è ormai circondato da un alone di sacralità quale nessun altro scienziato ha mai avuto. E’ dunque intoccabile ed il suo insegnamento è ritenuto più dogmatico d’un dogma d’altri tempi. Per esempio, Flores d’Arcais (uno secondo cui gli uomini di fede religiosa in quanto tali non possono parlare in un contesto laico com’è l’attuale) sostiene che Darwin debba essere insegnato obbligatoriamente nelle scuole fin dalle elementari (senza teorie alternative): alla faccia della libertà e dell’educazione allo spirito critico.

E allora, che fare? Non è questa la sede adatta per sviluppare le linee di una filosofia dell’evoluzione. Tuttavia, almeno due compiti vanno ricordati: 1) capire, e far capire, che non si può identificare l’evoluzione delle forme viventi con l’evoluzionismo darwiniano; 2) mostrare i limiti non solo del naturalismo ontologico, ma anche di quello metodologico. Insomma, l’importante è realizzare un’autentica apertura di mente, che porti a prospettare la compresenza di ipotesi esplicative. Perché in campo politico la tirannia è contestata da tutti, mentre in campo scientifico viene così bene tollerata?

Fernando Di MIeri

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