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DON LIBORIO ROMANO – IL BOIA DELLE DUE SICILIE (quarta parte)

Posted by on Nov 3, 2017

DON LIBORIO ROMANO – IL BOIA DELLE DUE SICILIE (quarta parte)

UMILIAZIONE DEL REAME

Circa il terzo punto dell’Atto Sovrano (Sarà stabilito con S.M. il Re di Sardegna un accordo, per gl’interessi comuni delle due corone in Italia) dieci giorni dopo il Ludolf da Londra scriveva a Napoli al De Martino, nuovo ministro degli Esteri succeduto al Carafa col governo Spinelli, che la cosa appariva, al corpo diplomatico accreditato in quella capitale “come una positiva e inutile umiliazione” del Regno (A.S.N., Inghilterra, fasc. 660, Ludolf a De Martino, Londra, 5 luglio 1860) e continuava riferendo che “se in tempi passati, un accordo con la monarchia sarda (che però fu rifiutato dal Cavour, che ormai mirava a fagocitare il Reame, ndr) sarebbe stato indubitatamente desiderabile e fecondo di utili risultati, nel momento presente nulla si sarebbe conchiuso col Piemonte che non producesse abbassamento e debolezza del Regno sinché piacesse alla parte avversa di consumarne il totale annientamento“. Parole profetiche.

ROMANO PREFETTO DI POLIZIA

Il ministero Spinelli offrí al Romano la carica di guardasigilli. Troppo poco per lui. Il conte di Siracusa gli offrí il portafoglio di Grazia e Giustizia: niente da fare, per lui “ci volevano uomini i quali godessero la piena fiducia del principe e avessero grande libertà d’azione” (L. Romano). Incomincia allora “un lavoro sotterraneo per dare a quest’uomo qualche carica; e il conte d’Aquila, discutendo in casa di una sua amante del nuovo sistema di governo, che fra poco si sarebbe restaurato, aveva fatto fra gli altri il suo nome. Nella notte si era recato in casa sua e gli aveva fatto la proposta di nomina” (Ghezzi, ibidem). Con decreto del 27 giugno 1860 Francesco II lo nomina Prefetto di Polizia (A.S.N., Interni, f. 1160, n. 77). Il giorno precedente e in quelli successivi, sobillati da infinita schiera di agenti piemontesi e francesi travestiti da popolani, e da liberali e camorra, gruppi di facinorosi ed assassini assaltano i posti di polizia, uccidono e distruggono gli archivi, “…furono aggrediti i posti della polizia e col coltello e con le fiamme si fece crudo scempio degli oficiali di essa … E’ fama che questa turpe aggressione, fu macchinata dal Prefetto di polizia Liborio Romano e da essolui protetta” (Generale Giovanni Delli Franci, Cronica della campagna d’autunno del 1860).

L’AMBASCIATORE MAFIOSO

In uno di quei tafferugli, l’ambasciatore del “crimine coronato” (Napoleone III), Brenier, che era in intesa con i tramatori zii del Re, riconosciuto dalla folla, si beccò una bastonata sul capoccione rimanendone ferito. Chiese risarcimento e lanciò tuoni e fulmini contro il Reame. Il ministero liberale, invece di fare un’inchiesta per appurare i motivi di quella presenza sul luogo dei disordini e mostrare la necessaria dignità e fermezza, porse immediate scuse e senza batter ciglio acconsentí alle richieste del furfante. Ecco come un altro agente nemico, l’ambasciatore piemontese Villamarina, in combutta con la jena Brenier, segnalò la cosa al suo padrone Cavour: “Le satisfaction est accordé. Les coupables seront jugés par le conseil de guerre, dont la sentence me sera communiquée officiellemnt. Plus, 20 mille frs. indemnité. Aprés plus de deux mois et aprés s’être montré trés satisfait des excuses adressés et reçues, tout-à-coup Brenier a transmis hier une réclamation calquée sur ma note demandant comme réparation de ses mésaventures le Grand Cordon pour Thouvenel, trois millions déposés à Paris et le Palais Chiatamone, propriété royale, en don à la France. Le tout dans le 24 heures, si non il demanderait ses passeports…” (La soddisfazione è accordata. I colpevoli saranno giudicati dal consiglio di guerra, la cui sentenza mi sarà comunicata ufficialmente. In piú, 20 mila franchi di indennità. Dopo piú di due mesi e dopo essersi mostrato molto soddisfatto delle scuse indirizzategli e ricevute, tutto ad un tratto Brenier ha trasmesso ieri un reclamo calcato sulla mia nota domandando come riparazione delle sue disavventure il Gran Cordone per Thouvenel, tre milioni depositati a Parigi e il Palazzo Chiatamone, proprietà reale, in dono alla Francia. Il tutto entro le 24 ore, altrimenti egli richiederà i suoi passaporti) (Carteggio Cavour-Nigra, dispaccio n. 1071, da Napoli 24 agosto 1860). Non sappiamo come finí, anche per il precipitare degli eventi. Cavour chiese un supplemento di informazione (lettera n. 1073). Occorreva dunque con urgenza un nuovo Prefetto di Polizia. Al conte d’Aquila fu facile portare avanti la candidatura di Romano.

fonte

brigantaggio.net

di: RIN, dal PeriodicoDueSicilie 07/2000

da: http://www.adsic.it/storia/don_liborio_romano.htm

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