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Dove sono finiti i resti di Manfredi?

Posted by on Feb 21, 2020

Dove sono finiti i resti di Manfredi?

Uno dei thriller storici più affascinanti riguarda senza dubbio la scomparsa dei resti di Manfredi  che furono trafugati dal ponte di Benevento, in cui originariamente il re era stato sepolto, per essere portati ad un luogo sconosciuto. Per ritrovarli, nel corso dei secoli, si è scatenata una specie di caccia al tesoro che continua tuttora, ma niente di certo è venuto a galla. Attualmente è Ceprano a rivendicare l’onore della sepoltura del re svevo, basandosi sull’interpretazione dei versi  danteschi del XXVIII canto dell’ Inferno, ma anche su accurate  ricerche di studiosi locali.

La storia è nota ed avvincente: secondo il cronista medievale Giovanni Villani il corpo di re Manfredi, morto eroicamente nella battaglia di Benevento del 1266, fu cercato per due-tre giorni, ma non si riuscì a trovarlo perché Manfredi, al momento di scendere in battaglia, si era tolto le insegne reali che lo distinguevano e che lo avrebbero reso riconoscibile tra tanti corpi di soldati caduti.  Il suo corpo senza vita fu ritrovato da un ribaldo che lo mise di traverso su un asino e andava gridando: “Chi accatta Manfredi? Chi accatta Manfredi?”. Un barone del re uccise il ribaldo e portò il corpo del suo signore nella tenda di Carlo d’Angiò che  lo fece riconoscere dai baroni prigionieri e poi ne ordinò la sepoltura nei pressi del ponte sul fiume Calore, a Benevento. Manfredi, essendo stato scomunicato più volte dal papa, non poteva essere sepolto in luogo sacro.
Ma papa Clemente IV, non contento di questo, volle far scomparire per sempre quella sepoltura,  convinto che con essa sarebbero scomparsi gli ultimi ardori ghibellini che ancora perduravano in Italia. Dal vescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli, acerrimo nemico di Manfredi, fece esumare i resti dello svevo e li fece portare fuori dallo Stato della Chiesa: 
Come fu mandato il corpo di re Manfredi fora del Regno. Alli 1267, di settembre. In questo tempo venne in Benevento lo vescovo di Cosenza et trovò lo corpo di re Manfredi che stava atterrato a’ piè del ponte di Benevento, subito fè ordinare che fosse levato da detto loco, perché era scomunicato e perché lo predetto loco era terreno di Benevento et era terra della S. Chiesa; e così fu dissotterrato e mandato a sotterrare fora li confini del Regno” (B. Capasso, Historia diplomatica ).
Con il passaggio del Regno agli angioini, Bartolomeo Pignatelli era stato nominato arcivescovo di Messina e, andando a prendere possesso della nuova sede, poteva portare quei resti  altrove, in luogo sconosciuto. L’intera vicenda fu riferita da Dante nella sua Commedia con pochi magnifici versi:

Se ‘l pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora  
in co’ del ponte presso a Benevento, sotto la guardia della grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’ei le trasmutò a lume spento.”

(Purgatorio, III, 124-132)

Questi versi hanno tuttavia dato origine ad un vero giallo interpretativo: quale territorio si potrebbe realmente intendere per “fuor dal regno”? Immediatamente fuori dei confini dello Stato della Chiesa o del Regno di Sicilia, anch’esso territorio ecclesiastico dato in feudo ai re normanno-svevi? E quale fiume per il Verde?
Secondo le ricerche di alcuni studiosi locali quali il dott. Roberto Volterra, il dott. Osvaldo Torres, l’archeologa Teresa Ceccani, il dott Gianfranco Tanzi ed altri, Manfredi sarebbe stato sepolto a Ceprano, già terra “sconsacrata” perché ai confini con lo Stato della Chiesa. A Ceprano scorre anche il fiume Liri che veniva detto il Verde. Ma tanti altri fiumi nel medioevo venivano chiamati “Verde”: il Canneto, il Sabato, il Castellano. Alcuni pensano infatti che Manfredi sia stato trasportato lungo il Canneto e non lungo il Liri. 
Secondo gli studiosi succitati, prenderebbe sempre più consistenza l’ipotesi che Manfredi sarebbe sepolto a Ceprano, non solo a causa dei versi di Dante, ma anche grazie a molti indizi da non sottovalutare. Si dice che la piccola teca custodita nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, accanto al simulacro di Sant’Arduino, contenga proprio le ossa di Manfredi e non quelle del santo. A rafforzare questa tesi si aggiunge un ulteriore indizio: alla sinistra della teca è murato un pezzo di sarcofago marmoreo con l’aquila federiciana, proveniente da un ritrovamento fatto nel 1614. Indizi importanti che tuttavia non risolvono definitivamente il giallo.

Ma c’è una tesi ancora più avvincente che ci fornisce lo studioso Cono Antonio Mangieri nel suo intrigante studio in pdf “Le ossa di Manfredi”.

I critici moderni preferiscono identificare il Verde con il Liri-Garigliano, citando anche un’altra terzina del Paradiso dantesco che recita:
e quel corno d’Ausonia che s’imborga
di Bari di Gaeta e di Catona,
da dove Tronto e Verde in mare sgorga
(Paradiso, VIII-vv. 61-63)

Secondo il Mangieri, sono proprio questi versi che  fanno invece capire  che il Verde dantesco non può essere il Liri-Garigliano, ma che Dante abbia voluto suggerire l’esatta identificazione del fiume già menzionato nel  Purgatorio. In questa terzina  sono citati tre toponimi che rappresentano i vertici di un triangolo capovolto, il corno d’Ausonia, in cui i critici hanno visto l’intero territorio della Chiesa, sia quello papale governato direttamente dal papa, sia quello feudale, governato dai re normanno-svevi.  Il regno citato da Dante, non sarebbe quindi solo il territorio beneventano, ma comprendeva anche l’intero regno in mano a Manfredi.Analizzando accuratamente i confini territoriale dello Stato della Chiesa e del Regno di Sicilia, il Mangieri arguisce che l’unico territorio in cui potevano essere portati i resti di Manfredi, perché non appartenente alla Chiesa,  era un territorio calabrese tra i fiumi Trointo (erroneamente detto Tronto nella Commedia) e La Verde che sfociano entrambi nel mar Ionio. Questo ipotesi giustificherebbe anche l’affidamento di tale missione al vescovo di Cosenza promosso ad arcivescovo di Messina. Perché proprio a lui?  In fondo, tra gli ecclesiastici,  i nemici di Manfredi erano tanti e l’esecutore materiale della missione poteva essere chiunque. Semplicemente perché il Pignatelli, andando a Messina a prendere possesso della nuova sede, doveva passare per quei luoghi e gli era facile nascondervi quei resti.
Una tesi molto intrigante quella del Mangieri, che se venisse provata, demolirebbe molte convinzioni. Ma sarà mai possibile provare dove effettivamente sono i resti di Manfredi?…

fonte http://carinolastoria.blogspot.com/2013/03/dove-sono-finiti-i-resti-di-manfredi.html

Testi consultati
Capasso Bartolommeo – Historia diplomatica –http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0175.htmlhttp://www.multimediadidattica.it/dm/IPERMEDIA_LIRI/nuova_pagina_4.htmhttp://www.classicitaliani.it/dante1/mang_manfredi.pdf
Villani Giovanni – Nuova Cronica – Tomo I – Firenze, 1844 (ristampa)

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