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Draghi e mostri nel Regno di Napoli

Posted by on Giu 22, 2017

Draghi e mostri nel Regno di Napoli

Draghi e mostri, creature fantastiche e fatti sovrannaturali arricchiscono le cronache del Regno di Napoli tra Seicento e Settecento.

In pochi le conoscono.

Fra Serafino Montorio nel suo “Zodiaco di Maria, ovvero le dodici provincie del Regno di Napoli”, pubblicato a Napoli nel 1715 (p. 62-3), dopo aver narrato dei draghi di Rodi, Bologna e Viterbo arriva a quelli di Napoli e scrive: “Nè la Città di Napoli fù libera da tal sorte di Mostri, perchè come riferisce la Cronaca (p.53.) nel 789. avendo li Napoletani doppo la vittoria ottenuta contro de’Saraceni, trasportata altrove l’acqua del fiume, che scorreva a trà il Monte detto ora di S. Elmo, e quello, che volgarmente si chiama Petruscolo; nelle radici di detto Monte fù veduto un Dragone, ò Serpente molto infesto, il quale nascondendosi nella suddetta acqua, insidiava la vita à quanti ivi incauti si avvicinavano; mà poi per li meriti di S. Gaudioso non fù più veduto. Ed il Summonte (lib. 1. fol. 417.) ne riferisce le parole, che sono le seguenti. Draco quidam teterrimus, e horrendus à radice montis surgebat Neapoli, qui, suo morsu damnifico omnia animalia cosumebat, e anhelitu inselivo omnes homines morbo languebant; interdum autem insidiabatur sub aquis, ex quibus fluvius rapidissimus manabat.
D’un’altro simile si farà menzione nel trattarsi della Immagine di Mater Domini di Nocera detta de’ Pagani, nella Provincia di Principato Citra. E finalmente nel trattarsi della Origine della presente Immagine di Maria, ne troveremo un’altro, il quale non come il favoloso Pitone fù ucciso da Apollo, ma veridicamente estinto per opera della Madre di Dio, che in questa Effigie ne prende il nome. In una palude, ò acqua stagnante fuori della Città di Napoli (quale luogo ora è dentro le mura di essa non molto discosto dall’antico Castello Capuana, ora detto la Vicaria) l’anno 832. si fè sentire pestilenziale, infesto, e vorace un mostruoso serpente, che insaziabile divorava non solo quanti animali bruti gli capitavano frà gli artigli, ma anche insidiava la vita, e divorava gli uomini, doppo averli avvelentai cogli occhi, e col pestifero fiato, di modo che era divenuto quel luogo solitario, temendo ciascheduno incontrare, passando per quella strada, inevitabile la sua morte.
Di uno solamente si legge, che vi fosse passato illeso da quella velenosissima bestia, e fù un Nobile detto Gismondo, il quale bramoso di portarsi per sua divozione ò venerare il sagro Altare, in cui celebrò la prima Messa in Napoli il Prencipe degli Apostoli S. Pietro, allora che quì piantò la Santa Fede di Gesù Cristo; nè avendo altra strada più sicura per soddisfare al grande desiderio di arricchirsi di queste Indulgenze, per altro copiosissime, un giorno di Sabbato, raccomandandosi con viva fede, e fervorose preghiere alla Vergine, à cui era dedicato quel giorno, ed al S. Apostolo, inoltrossi à quel pericoloso passo. Mà se ad altri avea costato la vita, divorato da quel Mostro, à lui non apportò nocumento alcuno, passando libero, e senza nè vedere l’orribile Dragone.
Fatte le sue divozioni, e ritornato à casa lieto dello avventurato passaggio, la notte seguente, accerchiata di splendidissima luce col suo Gesù fra le braccia, e sotto i piedi una meza luna, gli apparve la Vergine Benefattrice, ed altrettanto Maestosa, quanto nel volto serena, così gli disse: Gismondo sappi pure che il fiero Serpentè è già morto, nè valerà più la sua forza, e veleno per apportar morte à chiunque vorrà passare per quella strada, essendo stato da me ucciso, avendomi eletto quel luogo, acciocche ivi sia glorificato il mio Divino Figliuolo, e sia venerato per sempre il mio nome. Tu in contracambio nello stesso luogo, dove troverai estinta quella gran bestia, farai edificare un Tempio à mio onore, che se per lo passato è stato infausto à Napoletani, da quì avanti servirà loro di asilo nelle più urgenti necessità. Così disse la Vergine, e volonne al Cielo.
Svegliato il buon Cavaliero, senza ponere in dubbio le grazie della Vergine, dove appunto trovò morto il velenoso Serpente, fè inalzare una Chiesa à gloria di Maria, dandole il titolo di S. Maria dell’Agnone, ò Anguone, nome derivato dalla parola-latina, con cui viene detto Anguis, ed in lingua volgare per esprimere un gran serpe, dicesi Anguone, che poi corrottamente si disse Agnone”.

Di Nocera più avanti (p. 271), discorrendo dell’immagine di Santa Maria di Mater Domini racconta: “Fuggiva dalla vicina Rocca, dove era stato prigione, un Giovane, per non sò quale delitto, inquisito; e cercando scampo alla vita per le incognite strade d’un folto bosco, se gli fè all’incontro un gran serpente, che fischiando aliti velenosi, se gli avventò addosso per divorarlo (era questo appunto il luogo, dove la Santa Immagine era nascosta) quando egli à tal pericolo sentì se stesso interamente mosso, ed infiammato ad invocare il nome di Maria, come fece con fede grandissima, e ne provò evidentemente l’aiuto. Animoso calò egli un colpo di bastone, che teneva nelle mani, ed invocando il nome tremendo anche all’inferno, l’assestò si diritto sù la testa di quel mostro, e con tanta forza, che lo fè restare ivi morto”.

Una interessante narrazione circa mostri e fatti soprannaturali risale anche al 1631, anno di una violenta eruzione del Vesuvio. Già il Giannone (Istoria Civile del Regno di Napoli, V. II, p. 445) ci informa che il governo del Conte di Monterey s’era aperto con tutti i “presagi d’un calamitoso governo: nella Villa del Vomero diede una donna alla luce un mirabil mostro: una spaventosa Cometa comparsa ne’ principj di settembre di quest’anno diede a molti il terrore…”.

I fatti più sorprendenti vengono però segnalati poco dopo l’eruzione. Ad informarcene è Domenico Antonio Parrino nel suo “Teatro Eroico E Politico De’ Governi De’ Vicere Del Regno Di Napoli”, pubblicato a Napoli tra il 1692 ed il 1694 (p. 228). Egli scrive: “comparvero alcune Croci, che osservaronsi prima in Napoli, e poscia in altre parti del Regno, non solo su i panni lini, ma anche su le carni degli uomini, e comechè sapevasi dalle Storie, che queste Croci vedute altre volte nel Mondo, sono state foriere di qualche gran travaglio, suscitossi negli animi un ragionevol timore. Vi s’aggiunse la fama, che fossero nati in Napoli alcuni mostri umani assai spaventevoli, fra’ quali ve ne fu uno in forma di gatto con una testa, e due corpi organizzati a proporzione; e fu esposto a vista del pubblico il cadavero imbalsimato d’una fanciulla, che avea duplicati i piedi, e le mani. Nel lago di Patria fra le Città di Aversa, e di Capua fu ucciso un’Uccello simigliante allo Struzzolo di peso di ottanta libre, che avea il gozzo capace di trenta libre di cibo; il quale con la parte superiore del becco fatta in forma di spada, e con l’unghie de’ piedi si difese due ore da’ Cacciatori. E nel Mar di Posilipo fu preso un mostro marino lungo sei cubiti, e largo un palmo, che avea in bocca la tromba, e la Corona sul capo…”.

Napoli, chissà perchè, ha suscitato l’interesse di numerosi tra i principali autori del romanzo gotico. Ricordiamo per esempio Ann Radcliffe che ambientò proprio a Napoli il suo romanzo maggiore, Il confessionale dei penitenti neri; ricordiamo pure Il Castello d’Otranto di Horace Walpole, ambientato in Puglia e presentato nella finzione letteraria come una traduzione di un manoscritto stampato a Napoli nel 1529; ricordiamo infine il Frankenstein di Percy Shelly che fa nascere Victor Frankenstein a Napoli, esattamente al civico 250 della Riviera di Chiaia. Probabilmente la città affascinava anche per un inquietante tenebrore che si può ravvisare nel barocco delle sue chiese, nei suoi cimiteri, nel culto del sangue di numerosi santi. Chissà se questi scrittori erano però a conoscenza delle incredibili storie di draghi e mostri che vi si tramandavano sin dall’alto medioevo.

 

Autore articolo:

Angelo D’Ambra

Fonte foto: dalla rete

 

 

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