Alta Terra di Lavoro

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Bellenger: Partendo da Paisiello, a Capodimonte vorrei un festival di musica napoletana

Posted by on Mag 17, 2016

Bellenger: Partendo da Paisiello, a Capodimonte vorrei un festival di musica napoletana

finalmente speriamo che lo faccia visto che sti infami savoiardi gestiscono il San Carlo e non lo possiamo fare noi si puo organizzare il festival della musica napoletana del 700, Il Festival, che si potrebbe chiamare La Musica del Sole come il libro del Maestro Enzo Amato che da solo e con le sue forze organizza il festival del 700 napoletano. Poi vediamo Spoleto, Auditorium, Vienna, Salisburgo ecc ecc, di seguito un articolo preso dal ilmondodisuk.com indovinate a firma di chi?

Chi è Sylvain Bellenger? Che è il nuovo direttore del Museo di Capodimonte lo so. 

Ma vorrei saperne di più perché devo scriverne un articolo. Cerco notizie. Vado a Capodimonte a fargli un’intervista. E la prima notizia su di lui me la dà il custode del cancello che dà accesso al magnifico parco dove si trova il Museo: « Non potete passare- urla- è un ordine del Direttore» e blocca il taxi che mi trasporta. Quindi: Monsieur Bellenger è un tipo che si fa rispettare.
Già mi sento in soggezione. 

Ora me lo immagino, severo, rigido, immobile dietro una scrivania. Sono azzoppata da un incidente di qualche giorno fa e mi presento a Lui con il bastone. E lui, sollecito, mi viene incontro e mi aiuta a prender posto su una poltroncina. Quindi: Monsieur Bellenger è anche una persona molto gentile.
So che è francese. Non è del tutto uno straniero, però. 

Perché è della regione Normandia e i primi Normanni (uomini del nord=northmen) vennero dalle nostre parti, poco dopo il Mille, chiamati appunto da Sergio, duca di Napoli, per combattere il longobardo principe di Capua. Erano comandati da Rainulfo Drengot che, per ricompensa, ebbe in sposa la sorella di Sergio e anche un terreno fuori le mura, cioè adversus, dove fondò Aversa, di cui fu nominato conte. 
Già la stampa ha citato, tra le intenzioni di Bellenger, quella di istituire l’associazione degli Amici del Bosco e quella di valorizzare il parco e gli edifici che vi si trovano. 

In uno di questi, ora in ristrutturazione, -mi dice- vuole stabilire gli uffici amministrativi e la sua stessa residenza, per essere sempre presente alla bisogna. Quindi: Monsieur Bellenger è un gran lavoratore. 
E mi parla poi degli edifici che si trovano nel parco, della fagianeria e del “cellaio”, un casotto, una sorta di dispensa, dove venivano conservate verdure e frutta. 

Sì, perché nel bosco ci sono alberi di pere, mele, albicocche ecc…, anche di qualità rara, piantati al tempo dei Borbone. Dei prodotti del bosco si servirà il ristorante che vi sarà istituito: con cucina napoletana, magari anche con un menu borbonico. Quindi: Monsieur Bellenger è un salutista buongustaio.
Se gli alberi sono rimasti, 

l’orto non c’è più e neanche la bellissima serra creata da Raffaello Causa, un sovrintendente del passato, sebbene chi vi lavorava percepisca ancora uno stipendio. Me ne informa Bellenger, che cercherà di ripristinare sia l’orto che la serra. Quindi: Monsieur Bellenger è un ecologista. Che poi mi svela il suo ideale: «Il mio modello di Direttore del Museo è Raffaello Causa».
Di Causa sono stata allieva 

e ricordo le due mostre che preparò, quella splendida del Settecento borbonico e quella del Seicento che già aveva completato, ma alla quale non poté essere presente, perché, poco tempo prima della data della sua inaugurazione, fu sorpreso dalla morte; e si notò la mancanza del suo tocco finale. Quelli che lo conobbero lo rimpiangono ancora. E ricordo un fatto curioso: l’avvocato Ettore Capuano, noto poeta, autore di una ricercatissima traduzione dell’Odissea direttamente dal greco e in esametri, un unicum, tempo fa diceva appunto: « Altroché! Volesse il Cielo se a Capodimonte ci fosse un altro Causa! ». Quindi: Monsieur Bellenger è un inviato dal Cielo.
Perché ammira tanto Causa? gli domando. 

«Per la sua sensibilità. Per le sue attività, per la sua passione sincera, il suo attaccamento al lavoro. Le belle mostre che organizzava cercherò di organizzarle anch’io. Ai suoi tempi a Capodimonte si tenevano anche dei concerti. Sto cercando di organizzarli. Ho già ospitato nel Museo un concerto di musiche del vostro Paisiello, a duecento anni dalla sua morte, e vorrei anche farvi un festival di musica napoletana».
Poi mi parla di San Pietro a Majella, il conservatorio fondato dai Borbone 

che qui riunirono i vari conservatorii, cioè i collegi per giovani musicisti, che esistevano a Napoli. Bellenger mi dice che in San Pietro a Maiella si trova un pianoforte che ha un suono speciale, perché il suo meccanismo è fatto di cristallo e «vi ha suonato anche Mozart», aggiunge. Mi accorgo che parla di musica con particolare passione. Quindi: Monsieur Bellenger è un musicofilo.
Gli domando degli inventari, se siano in ordine, gli chiedo delle collezioni (cambierà la loro disposizione) e se non vi siano dei falsi. 

Gli domando anche dei depositi, che visitai al tempo in cui era sovrintendente Raffaello Causa, e vi vidi tanti dipinti, appesi come abiti nell’armadio, ma poi, morto Causa, ne era stato vietato l’accesso. Ora i depositi non sono cachés, non sono nascosti e si possono visitare, se si vuole», mi assicura. Per molte cose si affida alle sue collaboratrici, perché «sono molto in gamba», mi dice. Sa organizzare il suo staff. Quindi: Monsieur Bellenger è diplomatico ed è un buon organizzatore.
Lo guardo. Ha i lineamenti e il portamento aristocratico. 

“Perché non va in televisione?”, gli domando e penso a una trasmissione tipo quella di Marzullo. Oppure “perché non fa sì che si interessino a Capodimonte trasmissioni come quelle di Alberto Angela?” Non è molto interessato alla prima proposta ma annota il nome di Alberto Angela. Quindi: Monsieur Bellenger è telegenico ma non è vanitoso.
Gli domando anche perché, secondo lui, i manuali scolastici italiani quasi non parlino dell’arte napoletana; eppure Napoli è grande produttrice di opere d’arte. 

«E’ a causa degli storici antichi e i successori hanno copiato da quelli», risponde. «Sì, è colpa di Luigi Lanzi- dico- che, curatore degli Uffizi di Firenze, mise al centro della sua storia dell’arte italiana la produzione artistica toscana». Mi corregge: «Ma già il Vasari, parlando degli artisti italiani, elogiava i toscani, fiorentini e senesi soprattutto, ma anche i lombardi, i veneziani, i romani e altri dell’Italia centrale, mentre trascurava il Meridione».
Ha ragione: Vasari nel suo ponderoso volume, “Le vite dei più eccellenti, pittori, scultori e architetti”, 

con più di mille pagine e circa 150 nomi di artisti, esclude l’arte meridionale, tranne per Antonello da Messina, che dice, però, discepolo dei fiamminghi. Perché succede questo? «Dipende dalla forza economica del luogo -dice – e un esempio ne furono le banche fiorentine e senesi. E così fu anche nella Francia dell’Ottocento, quando dominavano i banchieri. Poi vede che successo ha ora l’arte cinese? Lo ha, perché la Cina ha una grande forza economica. Ma più che i critici, io ammiro quegli antiquari e quei mercanti che hanno l’occhio per guardare e capire un’opera, magari sconosciuta, magari che hanno scovata al mercato delle pulci». Quindi: Monsieur Bellenger non è un accademico.
Perché ama Napoli? 

«Non lo so. L’amo ma le trovo pure mille difetti.(odi et amo qua re id faciam fortasse requiris nescio). Ma, se qualcuno me ne parla male citando i suoi difetti, m’infurio. Per esempio con la mia amica di Roma Benedetta Craveri, che accusa sempre Napoli. Ma come! Proprio lei, che è nipote di Benedetto Croce! A me piace Napoli anche per la spontaneità, la simpatia, la comunicatività della sua gente. Mia madre, una volta che è venuta a Napoli, conosce un po’ l’italiano, mi ha raccontato che, salita in autobus, dopo poco aveva già fatto amicizia con gli altri passeggeri. E poi qui ci sono persone singolari, che mi divertono, come una signora che, nel parco di Capodimonte, staccava le foglie da una pianta di alloro. Le domando perché lo faccia: per la pasta? -nooo! per la pasta nooo, per le lenticchie- mi risponde, scandalizzata. Le dico che è vietato, quella pianta è un bene pubblico. Lei mi guarda, mi squadra, e poi mi dice – voi siete più alto, mi prendete, per piacere, quelle foglie là?- senza scomporsi per niente». Quindi: Monsieur Bellenger ha il senso dell’umorismo.
Ma è anche un laureato in filosofia.

 Parliamo di filosofia, di Cartesio e di Vico. Lui, che viene dalla terra di Cartesio, ama Vico! Lui, che viene dalla Francia colbertiana, ama una città barocca come Napoli! «Sì, è una città barocca ma la caratteristica di Napoli è la sua antichità, il suo attaccamento alle radici, la sua resistenza alla modernità. Così Napoli è post-moderna e guiderà il mondo e diventerà splendida come al tempo dei Borbone». Quindi: Monsieur Bellenger è (per fortuna) anche un visionario.
Alle sue profezie penso “amen”. 
La nostra conversazione è durata quasi due ore… Inseguendo un sogno che può diventare realtà. 

 

Adriana Dragoni

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