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GIUSTIZIA E LEGISLAZIONE NELLE ASSISE DI ARIANO

Posted by on Mag 22, 2018

GIUSTIZIA E LEGISLAZIONE NELLE ASSISE DI ARIANO

LA MONARCHIA MERIDIONALE

Il proemio delle Assise di Ariano costituisce l’espressione immediata della concezione monarchica, la quale cerca di mettere insieme sia le idee della tradizione bizantina, sia i principi giuridici romanistici.

Ora, per meglio comprendere la rilevanza di tale corpus normativo risalente al 1140 occorre accennare alla figura di Ruggero II, re di Sicilia, che dopo dieci anni di lotte riuscì ad affermare la propria autorità sull’intero territorio normanno d’Italia.

Questi, sconfitti gli avversari e riappacificatosi con il pontefice, proclamava davanti all’assemblea generale del suo popolo il proprio ringraziamento a Dio per avergli concesso la vittoriosa conclusione del conflitto.

Il nuovo sovrano si sentiva parte di un ampio disegno divino riguardante l’Italia meridionale e la Sicilia. Nello specifico, il ruolo che egli aveva ricevuto da Dio era rappresentato dall’amministrazione della giustizia e dall’esercizio della pietà, per raggiungere la pacificazione interna e l’unità del territorio.

Per svolgere tale incarico nella maniera più adeguata e soddisfacente, egli doveva non solo curare la corretta e costante applicazione dell’ordinamento giuridico in vigore nelle regioni del regno, ma altresì doveva intervenire col fine di correggere il diritto vigente, laddove risultasse iniquo, mediante l’introduzione di nuove disposizioni normative.

Secondo la concezione di Ruggero II, i legislatori avevano il compito di amministrare la giustizia e il compito di perseguire l’obiettivo della tutela del diritto già in vigore.

Il monarca affermava di voler svolgere la funzione legislativa perché essa era parte integrante della giustizia, in tal modo giustizia e legislazione risultavano connesse nella potestà regia.

In sostanza, le leggi sovrane servivano a riformare il diritto contrario all’equità. In tal modo, Ruggero II considerò le Assise un valido strumento di giustizia nonché una riforma necessaria di tutte quelle norme vigenti che risultavano del tutto superate e palesemente ingiuste.

Per la prima volta, nell’Italia meridionale un monarca assumeva su di sé la responsabilità della tutela del diritto, dell’amministrazione della giustizia con riferimento all’intero territorio del regno.

Tale assunzione di responsabilità presentava due conseguenze dirette e immediate: da un lato, il sovrano, quale supremo responsabile della giustizia, vantava la potestà di intervenire nel merito di ordinamenti particolari (ordinamento signorile – feudale – ecclesiastico); dall’atro, poteva arrogarsi settori specifici inerenti l’amministrazione della giustizia.

Dunque, la tutela del diritto vigente del regno imponeva a Ruggero II il rispetto degli ordinamenti particolari, ma allo stesso tempo lo autorizzava a modificarne i contenuti qualora questi risultassero difformi all’aequitas. Tale potestà di intervento comportava l’individuazione di un preciso ambito di giustizia riservato esclusivamente alle competenze del sovrano.

Più specificatamente, Ruggero II riservò per sé la competenza di una serie di reati la cui rilevanza imponeva una giustizia omogenea e superiore. Si trattava di reati importanti ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico, quali reati contro l’autorità del monarca nonché reati contro la fede pubblica.

Tali reati erano, appunto, riservati alla conoscenza esclusiva del monarca: egli ne affidò l’amministrazione a magistrati da lui nominati, che avevano l’autorità di svolgere il proprio incarico nell’intero ambito territoriale del regno.

Ma la prerogativa regia non si limitò alla materia penale, bensì si estese alla materia privatistica e con particolare impegno venne trattata la materia matrimoniale.

Tuttavia, il significato della prerogativa regia può essere colto in modo più ampio se confrontiamo il testo delle Assise ruggeriane con le Leges Henrici I, raccolta di norme predisposte nel corso del XII secolo.

Le Leges rappresentavano un corpus sistematico di norme composte nell’ambito della curia del sovrano e dirette a fissare le consuetudini affermatesi nei rapporti tra competenza regia e ordinamenti particolari in merito all’amministrazione della giustizia.

Questa prerogativa si espresse, all’epoca di Enrico I, nella tendenza crescente a riservare alla giustizia regia le cause più rilevanti. Nello specifico, le Leges stabilirono le categorie dei delitti rientranti nella competenza del re, escludendo però ogni potestà in merito a materie concernenti il campo spirituale.

Si trattava dei delitti contro il re e la sua corte, dei danni al patrimonio regio e delle offese gravi, quali omicidi, rapine, incendi e tradimento. Ciò comportava la istituzione di un apparato di giudici regi operante nel territorio del regno, in collegamento con la curia, e infatti alla stessa epoca risale la creazione di una fitta rete di agenti giudiziari dislocati all’interno delle varie regioni e di un gruppo di giudici itineranti. Tali giudici, tuttavia, non potevano mai sostituirsi alle tradizionali corti ma intervenivano nei casi riservati alla giustizia regia.

Pertanto, ne discende che l’apparato giudiziario così costituito prevedeva l’intervento costante della corte regia. Tuttavia, tale assunzione di responsabilità da parte di Enrico I non si limitava alla sola tutela del diritto nel regno ma si esplicava altresì nell’intervento dell’autorità monarchica nel caso vi fosse un difetto di giustizia da parte delle corti locali.

In particolare, nei casi in cui l’autorità sovrana veniva a conoscenza di un mancato assolvimento dei compiti da parte di una corte locale provvedeva a inviarle un writ.

Si trattava, in pratica, di ordini scritti volti a segnalare la necessità di intervenire a riparazione di un torto o a disporre l’esecuzione di decisioni già prese.

La situazione siciliana appariva analoga. Difatti, il monarca assumeva su di sé il compito di proteggere i diritti di tutti gli uomini liberi nei settori più delicati e rilevanti della vita associata. In questo modo, l’ordinamento giuridico trovava nella figura del re una tutela più adeguata.

Riferimenti bibliografici:

 

  1. Caravale, La monarchia meridionale. Istituzioni e dottrina giuridica dai normanni ai Borboni, ed. Laterza 1998;

Assise di Ariano: testo critico, traduzione e note a cura di Ortensio Zecchino, Di Mauro, Cava dei Tirreni 1984, pp. 22-106;

Storia medievale, Donzelli Editore, Roma 1998.

Eleonora Stefanelli

 

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