Alta Terra di Lavoro

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Gli zampognari che rappresentano la povertà, la semplicità e la ricchezza di spirito.

Posted by on Dic 22, 2017

Gli zampognari che rappresentano la povertà, la semplicità e la ricchezza di spirito.

Il periodo di Natale iniziava a Napoli già verso la fine di Novembre, momento di avvio della novena, ed era annunciato dall’arrivo degli zampognari.

Scrive Francesco Mastriani nel saggio raccolto nella “bibbia” delle usanze partenopee di De Bourcard: “…tra lo spirar di autunno e l’inoltrarsi del gelido vecchierello, cominciano a farsi udire per le vie di Napoli gli zampognari, i quali sogliono trovarsi in questa capitale alquanti giorni innanzi la novena della Beatissima Vergine Immacolata, che si festeggia il dì otto dicembre.

Dalle remote province del reame muovon questi rustici […]. Viaggiando con tutt’i disagi della stagione, eglino arrivano in questa Capitale, e dànnosi alacremente a procacciarsi novene, vale a dire, a cercare divoti che li chiamino a suonare davanti alle immagini di Maria o del Bambino Gesù. La prima novena è per la festività del dì otto dicembre, giorno in cui dalla Chiesa si celebra l‘Immacolato Concepimento di Nostra Donna […]

La mercede che lor si dà per una novena varia a seconda della maggiore o minore agiatezza delle persone, appo alle quali ei si conducono a suonare, per modo che dalla piastra (12 carlini), scende il prezzo fino ad un carlino.

La novena dell’Immacolata incomincia il dì 29 novembre e cessa il 7 dicembre, quella di Gesù Bambino ha principio il 16 dicembre e termina al 24, vigilia del Santo Natale. […] …spesso gli stessi zampognari che han fatto la novena in una famiglia negli anni scorsi si presentano per l’anno che corre, e trovano sempre quell’affettuosa accoglienza che ad antichi amici suol farsi.”

Non potevano, dunque, mancare nel presepe napoletano, gli zampognari.

La “coppia” di zampognari rappresenta anche una presenza fissa del presepe e in particolare del presepe napoletano, dove generalmente trova posto nelle immediate vicinanze della “capanna” o “grotta” della Sacra Famiglia vicino a un gregge di pecore: le zampogne, infatti, erano legate a un’economia pastorale fatta di sacrificio e di povertà.

Se è vero che la zampogna nei grandi centri urbani si usa solo nel periodo natalizio, in ambito rurale/pastorale questa accompagna tutti gli accadimenti dell’anno. Oggi l’impiego della zampogna e degli zampognari in ambito rurale (processioni, rituali, feste e balli) è praticato in Campania (provincia di Salerno), Basilicata, Calabria, Sicilia e Abruzzo.

La zampogna e molto diffusa nell’Italia centro-meridionale fin dall’età arcaica, quando l’utriculus (antenato della zampogna) veniva suonato nell’Antica Roma, soprattutto al cospetto dell’imperatore Nerone che, amante delle arti e della musica, si dilettava con le zampogne.

La diffusione a Napoli si ebbe a partire da metà Settecento, quando lo strumento faceva da accompagnamento musicale alle preghiere dell’avvocato-prelato Alfonso Maria de’ Liguori, che raggruppava i lazzari per strada in piccoli gruppi canori, facendogli così apprendere i fondamenti del cristianesimo. Fu proprio lui a consegnare alla storia “Tu scendi dalle stelle”, brano immancabile nella scaletta degli zampognari.

E veniamo al presepe napoletano, dove gli zampognari sono due: il Piffero, il più giovane, allegro, frizzante, estroso è vestito di verde; la Zampogna, il più anziano, con gli abiti scuri della modestia, di colui che ha imparato a tacere, che frena l’irruenza del Piffero e mantiene il tempo e il ritmo.

Claudio Canzanella, in Razzullo e la Sibilla, li inserisce nel “quadro” della natività: “Il ciaramellaro e il suonatore di zampogna indossano il tipico costume popolare abruzzese: il panciotto di pelle di pecora, le fasce di tela intorno alle gambe e gli zampitti ai piedi. Dalla suola di cuoio partono poi lacci che salgono fino ad incrociarsi ai polpacci. La coppia veniva in città dai paesi dell’alta Irpinia, dall’Abruzzo, dal Molise, dalla Ciociaria e dalla Calabria, con la zampogna e un piccolo piffero, cioè la ciaramella, sia per la Novena dell’Immacolata che per quella a Gesù bambino. Ancora oggi è possibile incontrarli per le strade di Napoli o, spesso, davanti a edicole votive. Gli zampognari rappresentano la povertà, la semplicità, la purezza dell’animo. Essi con le loro melodie, nel presepe, invitano e guidano i pastori ad adorare il bambino”. Canzanella però ipotizza anche un secondo significato di queste figure nel presepe napoletano: “partendo dagli strumenti che i due suonatori adoperano: la zampogna è uno strumento a fiato che deriva dal flauto con l’aggiuna di cannucce e di un otre pieno d’aria; entrambi gli strumenti sono riconducibili dunque al flauto, mitico strumento di forma fallica collegato a Pan, dio venerato soprattutto nella regione greca dell’Arcaia, abitata prevalentemente da pastori. Il flauto – aggiunge Canzanella – veniva suonato per portare a tutti la gioia turbolenta e chiassosa delle feste pastorali che si concludevano con rituali scomposti e a vlte orgiastici. In tal senso gli zampognari potrebbero essere interpretati come coloro che, servendosi di uno stumento per annunciare la gioia di una festa erotica, annunciano ora – col ritorno della luce e del bene – la nascita di Cristo”.

Lucilla Parlato

(nella foto gli zampognari secondo il maestro Giosuè Salzano)

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