Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

II periodo ducale di Napoli

Posted by on Ott 15, 2016

II periodo ducale di Napoli

Premessa alla storia dei Re di Napoli

Sulla facciata del palazzo reale di Napoli che guarda verso l’attuale piazza Plebiscito, (già Foro Ferdinandeo), fanno a tutt’oggi spicco, collocate in preesistenti nicchie, le statue dei capostipiti di ben otto dinastie, che ebbero la ventura di poter annoverare Napoli stessa fra i loro domini, o co­me sede residenziale del proprio trono o come gem­ma , sia pure preziosissima, della loro corona.

È noto, infatti che solo con tre di questi otto sovrani la città assurse a capitale di uno Stato autonomo ed indipendente, cioè con Carlo d’Angiò, Carlo di Borbone e Gioacchino Murat, ma per i Norman­ni e gli Svevi la capitale del Regno meridionale era stata Palermo, già resa opulentissima dagli Arabi; poi con gli Aragonesi e gli Absburgo, la corte risiedette addirittura in terra di Spagna, per un brevissimo periodo, a Vienna; è superfluo infine, accennare al periodo Sabaudo. Comunque, essen­do indiscutibile merito dei Normanni, già padroni della Sicilia, la riunificazione dell’Italia meridio­nale in un unico Stato, è comune accezione l’at­tribuire al Re Ruggero II di Sicilia, che portò a con­clusione l’impresa, la corona di primo Re di quel regno che si disse poi di Napoli, perché già da al­lora questa città aveva iniziato a primeggiare su altri centri, magari anche essi importanti e ricchi di tradizione, della Campania e delle altre regioni meridionali. Epperò, trattandosi appunto di città già importantissima all’atto della conquista nor­manna, non possiamo più fare a meno di soffer­marci a considerare, seppure in modo piuttosto sin­tetico, il notevolissimo periodo storico della Napoli bizantina e ducale, durato circa sei secoli, che portò la città greco-romana ad essere un faro di civiltà, cultura e tradizioni classiche, oltrecché di rela­tiva prosperità, rispetto alla restante Italia percossa dalle invasione barbariche.

Già essa pietosamente accoglie, nel suo Castro Lucullano, il giovinetto Romolo Augustolo che, ul­timo erede dei Cesari e deposto dal barbaro Odoacre nel fatale anno 476 d. C., trovò nella piccola Megaride quella quiete e quella sicurezza di vita che la grande Roma ormai non offriva più ad alcuno. Ab­battuto a sua volta Odoacre dal grande Teodorico, anche Napoli entra far parte dei domini gotici, ma ciò non dura a lungo. Dalla lontana Bisanzio Giustiniano decide di riunificare l’Impero ed ecco che Belisario sbarca in Italia, dando inizio a quella rovinosa Guerra Gotica che devastò per lunghi anni l’intera penisola. Napoli occupata da Belisario nel 536 e sottoposta ad orrende stragi e saccheggi, viene ripresa nel 542 dai goti di Totila, dimostratisi molto più umani dei greci, ma Narsete la riporta definitivamente fra i domini bizantini nel 553 quando, nella battaglia del Ve­suvio o dei monti Lattari, riesce ad infliggere una completa disfatta all’esercito dell’ultimo Re dei goti Teja. Dopo questo fatto d’armi, apparente­mente modesto ma importante per le conseguenze, poiché segna la fine totale del dominio gotico in Italia, Napoli viene governata da funzionari bizan­tini; più precisamente da un Maestro dei militi per le esigenze militari, e da un Giudice, dipen­dente dal Prefetto d’Italia, per le questioni civili. In seguito però la funzione di Giudice fu assunta dal Vescovo, che nel frattempo aveva visto aumentare notevolmente la propria autorità ed influenza. In quell’epoca la città contava circa 20.000 abitanti, ripartiti socialmente in collegi di arti e mestieri; due classi preponderavano politicamente sulle al­tre: quella dell’Ordine, formata dai nobili o priori o seniori e quella della Curia, formata dai curiali e dai proprietarii. Dopo l’invasione dei Longobardi, che fondano il potente ducato di Benevento, la città deve lottare duramente per difendere le pro­prie istituzioni dalle cupidige dei nuovi vicini; au­menta così negli abitanti lo spirito bellicoso e si sviluppano nuove attività ed industrie.

La popolazione aumenta fino a 40.000 abitanti e riesce a superare vittoriosamente ben tre duri assedi longobardi, negli anni 581, 592 e 599. In con­seguenza di tali avvenimenti i legami con Bisanzio erano andati progressivamente allentandosi, finché nel 616 un certo Giovanni Consino, profittando di una ribellione anti-bizantina scoppiata a Raven­na, per primo proclamava Napoli città autonoma ed indipendente. Ma evidentemente i tempi non era­no del tutto maturi, giacché l’esarca Eleuterio, ristabilendo l’ordine nei domini d’Italia, qualche anno dopo rovesciava il Consino, riportando Napoli sotto il dominio di Costantinopoli ed anzi renden­done più saldi i vincoli con l’escludere i Vescovi (divenuti fortissimi grazie all’aumentare della ve­nerazione per S. Gennaro) da ogni ingerenza nel potere civile. Anzi, con 1’evolversi della situazione, nel 638 la somma dei poteri civile e militare è accentrata nella persona di un Duca, probabilmente ancora inviato (o nominato) da Ravenna, tuttavia sottoposto al patrizio o «stratego» di Sicilia. Ma finalmente, nel 661, la storia di Napoli bizantina giunge ad una svolta decisiva: l’Imperatore d’O­riente Costante II dispone che i duchi di Napoli deb­bano rispondere del loro operato direttamente alla sua persona (ed a quella dei suoi successori) e conferisce loro pieni poteri sulla Campania. Ciò era evi­dentemente dovuto alla sempre maggiore impor­tanza assunta da Napoli negli ultimi tempi, ma intanto dava modo alla città di avviarsi alla sua piena autonomia. Ci volle tuttavia ancora un seco­lo, durante il quale i legami con Bisanzio si fecero via via più labili, anche perché ormai il duca veni­va sempre scelto fra gli ottimati della città invece che inviato da Costantinopoli, prima che un duca di Napoli riuscisse, giocando abilmente fra il potere dell’ Imperatore d’ Oriente e quello del Papa, a con­durre la città alla totale indipendenza.

Questo duca fu Stefano I (755-800), che nel 763 riconobbe 1’autorità (puramente nominale) del Papa, svincolandosi così dalla politica bizantina; questa sua scelta, in quel momento molto oppor­tuna, gli valse fra l’altro 1’elezione a Vescovo.

Certo, l’esistenza del giovane Stato non era delle più facili; circondato com’era da cupidi vi­cini ed insidiato anche da potenti più lontani, do­vette spesso prendere le armi per difendersi sui campi di battaglia o per sostenere durissimi assedi dagli spalti delle poderose mura cittadine. Ma in tali occasioni il Vescovo Stefano I dimostrò un valore per lo meno pari alla già evidente abilità politica. So­prattutto gli riuscì di debellare in guerra il più po­tente dei suoi avversari: il Duca Arechi II di Benevento, che accarezzava 1’ambizioso progetto di riu­nire in un unico Stato Longobardo tutta l’Italia me­ridionale. La morte di quest’ultimo, avvenuta nel 788,   mandò   a   monte   definitivamente   tale   possi­bilità perché il grande ducato di Benevento si sud­divise   nei   tre   più   piccoli   ducati   di   Benevento, Capua e Salerno, spesso in discordia fra loro;   è ovvio che da questo nuovo stato di cose fu proprio il ducato di Napoli a trarre i maggiori vantaggi, poiché non ebbe più a preoccuparsi dello straripare d’un vicino troppo potente. Al principio del IX secolo il giovane Stato comprendeva, oltre Napoli, anche Cuma, Pozzuoli e Sorrento (poi staccatasi), oltre il territorio compreso fra Nola, Cancello, il lago di Patria e gli attuali Regi Lagni, territorio allora detto Liburia. Dovette spesso sostenere aspre lotte,   militari   e   diplomatiche,   contro   longobardi e saraceni, Pontefici romani e Imperatori bizantini, Re franchi, Imperatori tedeschi e venturieri nor­manni, riuscendo   sempre a spuntarla grazie alle capacità dei suoi Duchi ed alle virtù del suo popolo.

Dei Duchi di Napoli, Fausto Nicolini ci dà, in una sua dotta monografia, questo interessante ri­tratto : « Sovrani assoluti quasi nel significato mo­derno della parola; circondati da funzionari e ma­gistrati scelti da loro stessi nella nobiltà e da una milizia che, in caso di guerra, era accresciuta da leve volontarie; assecondati da una borghesia di curiali (uniti in corporazione), di piccoli proprietari e d’industri mercanti; dediti, al traffico di preziose stoffe orientali, nonché di schiavi longo­bardi e mussulmani; ora osteggiati ora coadiuvati da un clero ricco e talvolta relativamente colto (ricordare i due dotti Vescovi Attanasio e Stefano; l’arciprete Leone, recatosi a Costantinopoli a co­piare manoscritti greci e latini; il prete Ausilio, partecipe, col grammatico Vulgario, alle dispute per l’elezione di Papa Formoso; il diacono Giovanni, autore della ” Cronaca dei vescovi napoletani”, ecc.), non avversati dalla plebe composta di arti­giani, di coloni del suburbio, di defisi, ossia di po­vera gente che si poneva sotto la protezione di qualche potente o istituzione ecclesiastica, di veri e propri servi; i Duchi di Napoli furono primamente elettivi, finché con Sergio, già conte di Cuma, il ducato divenne ereditario ».

Quale nota caratteristica del periodo dei duchi elettivi, vale la pena di considerare 1’atteggiamento politico che verso gli Arabi di Palermo e di Tunisi era assunto da Napoli. Essa fu sempre improntato alla massima spregiudicatezza; talché quelli furono, di volta in volta, o invocati come provvidi alleati o combattuti come acerrimi nemici, a seconda che le mutevolissime circostanze li facessero apparire meno o più pericolosi degli altri vicini; comunque, nei loro confronti, quasi mai si usarono aprioristiche discriminazioni a ragione delle differenze di razza, religione e cultura. Non sappiamo se già il duca Stefano I, nella guerra contro Arechi II di Benevento, avesse assoldato qualche banda sara­cena; certo è che dopo di allora la loro partecipa­zione, ora ostile ora amichevole, a fatti inerenti il ducato di Napoli, diviene sempre più frequente. Nell’812 per la prima volta una flotta corsara sa­racena penetra nel golfo di Napoli, devastando quindi le isole di Ischia e Ponza; ma da Napoli non si reagisce, perché in quel periodo le maggiori mi­nacce alla città venivano ancora portate dai Lon­gobardi, tanto che qualche anno dopo, nell’816, si giunge ad una grande battaglia fra napoletani e beneventani, rimasta d’ esito incerto, nella quale è scontato che mercenari saraceni tenessero il campo a fianco dei primi. Napoli deve quindi subire una lunga serie di assedi longobardi, tutti valorosamente superati, precisamente negli anni 822, 831-32, 835-36, ma nel secondo dei quali riuscì ai beneventani di portare come trofeo, nella loro città, nientemeno che il corpo di S. Gennaro, mentre nell’ultimo i napoletani, grazie all’aiuto di una potente flotta sa­racena, riescono a battere completamente quegli ostinati nemici e ad imporre loro una pace che ci è anche parzialmente nota in alcune sue clausole. Tuttavia questa specie di tutela araba, unita ad un sempre maggiore estendersi di presidii saraceni sulle coste del medio Tirreno, cominciò a rappresentare un peso eccessivo non solo per Napoli ma anche per altre città costiere della Campania. È da segnalare però, in queste circostanze, un impor­tante avvenimento che contribuì non poco a facili­tare lo svolgersi della successiva politica antisara­cena di Napoli, senza che quest’ ultima dovesse poi temere pericolosi contraccolpi da parte longobarda: l’intervento Franco nelle questioni dell’ Italia meri­dionale. Nell’ anno 840 moriva ad Ingelheim l’Im­peratore carolingio Ludovico il Pio e, nella conse­guente spartizione dell’ Impero, l’Italia toccava al nipote Ludovico II. Questi discese per la prima volta nel suo dominio, seguito da numeroso esercito, nell’844, sostando a Roma per consolidare l’autorità imperiale e farsi incoronare Re. Probabilmente in seguito a sue segnalazioni, nell’846 l’Imperatore Lotario, suo padre, convocava in Francia un’assem­blea, onde vagliare le opportune misure da attuarsi per la difesa (ed eventuale riscatto) dell’ Italia me­ridionale dai Saraceni. Fra 1’altro fu stabilito, («Capitulare de expeditione contra Saracenos facienda») che nella primavera dell’ anno successivo Lodovico II dovesse iniziare, con milizie tratte da ogni parte dell’ Impero, la lotta contro i Mussulmani d’Italia; inoltre doveva cercare di comporre le rivalità dinastiche che avevano lacerato il ducato di Benevento, affinché venisse a cessare un’altra causa di debo­lezza verso i Saraceni.

Ma mentre si svolgevano questi eventi, il duca di Napoli Sergio, venutone forse indirettamente a conoscenza, provvedeva di sua iniziativa a creare un organismo politico-militare che permettesse alle città rivierasche, in esso collegate, di potere vitto­riosamente rintuzzare l’invadenza araba. Sorse così la «Lega Campana», comprendente Napoli, Sor­rento, Amalfi e Gaeta, che, radunata una flotta di parecchie galee e postala sotto il comando del figlio cadetto di Sergio, Cesario console, iniziò, soprattutto sul mare ed in concomitanza con 1’azione terrestre di Ludovico II, una lotta accanita contro i corsari saraceni, snidandoli dai loro luoghi di ricovero co­me Ponza e la punta Licosa e distruggendone le flotte. Particolarmente nell’846 e nell’849, nelle bat­taglie navali di Gaeta e di Ostia, veniva felice­mente completata sul mare 1’opera del giovane Re franco; questi, di ritorno dalla vittoriosa spedizione, sostava a Roma e quivi era incoronato anche Im­peratore ed associato al padre nella dignità impe­riale. Dal canto suo, il duca Sergio, aumentato gran­demente il proprio prestigio e quello della sua fa­miglia grazie alla sagace politica svolta ed alle for­tunate imprese militari, confortato altresì dall’ ami­cizia del nuovo Imperatore, non ebbe difficoltà a designare a proprio successore, nel ducato di Napoli, il figlio Gregorio, rendendo così ereditaria la su­prema magistratura del piccolo Stato.

ANDREA ARPAJA

fonte

non ricordo dove l’ho preso

 

 

 

 

1 Comment

  1. Caro Claudio, ecco da dove proviene lo scritto di Andrea Arpaia di cui non ricordi la fonte.
    In occasione della Sua morte, la Rete Tradizionalista delle Due Sicilie, per dare un saggio della Sua cultura, del Suo stile e della Sua chiarezza di idee, ne ripropose un articolo, apparso nel secondo fascicolo de L’Alfiere (il n. 1, uscito nel gennaio 1961).

    Cordiali saluti

    Edoardo Vitale

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