Alta Terra di Lavoro

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INTERNAZIONALISMO DI MICHELE ROSA

Posted by on Ott 2, 2019

INTERNAZIONALISMO DI 	MICHELE ROSA

Superare le barriere geografiche e culturali attraverso forme di coesione in specifici settori è un obiettivo che nel passato ben pochi di noi, che abitiamo il mondo, hanno avuto la lungimiranza di immaginare e tantomeno di perseguire. Alcuni si sono mossi nel proprio campo in anticipo sugli altri, sostenendo con vigore scelte coraggiose. D’altro canto un tempo di gestazione non breve è stato necessario ai governi nazionali per attuare un progetto comunitario credibile così da costruire progressivamente una situazione di fatto che parlasse di integrazione tra i Paesi europei.

Michele Rosa si considera cittadino del mondo da quando l’unificazione europea era una mera utopia. La sua pittura presto si nutre di molteplici esperienze creative metabolizzate mediante tecniche, tematiche e stili in continua evoluzione sperimentale. Artisticamente egli nasce come pittore di indirizzo figurativo di ispirazione espressionista, per giungere ad una personale quanto singolare proposta che si avvale del ricco trascorso di esperienze e di contaminazioni culturali. L’esordio avvenne negli USA dove si era sagacemente trasferito per completare la preparazione accademica e seguire i corsi di Fine Art presso l’Università di Champaign nello stato dell’Illinois.

Al ritorno dagli Stati Uniti nel 1956 ove ha assimilato nuovi canoni estetici, ha percorso le strade del ”vecchio continente” con lunghe esperienze di viaggio che lo proiettavano oltre i limiti nazionali e dalle quali ha continuato ad attingere stimoli culturali finché il vigore fisico gli lo ha consentito.

Con un lungo percorso di visita percorre l’intera Europa, per arricchirsi delle nascenti realtà artistico-espressive e delle stratificate preziosità stipate nei tanti musei. Si ferma definitivamente in Italia dopo lunghi mesi di nuovi apporti intellettuali dove si dedica totalmente all’attività pittorica e di insegnante di Disegno e storia dell’arte.

Forte della straordinaria capacità comunicativa libera da frontiere e da fattori pregiudiziali, egli ha instancabilmente continuato la ricerca di contatti intellettuali di confronto. L’Europa cosiddetta occidentale è stata per lui luogo di stimoli conoscitivi dai quali si è ispirato per illustrare scorci e paesaggi del nord: inglesi, scozzesi, francesi, tedeschi. Negli anni a seguire, ha visitato gli stati “oltre cortina”: la Romania, la Iugoslavia e l’Ungheria del blocco sovietico.

Luoghi da lui percepiti ugualmente intrisi umanità che hanno suscitato una notevole produzione pittorica (alcune tematiche marine, paesaggi della costa croata e dell’Istria). Fondamentali le tappe artistiche nelle quali ha rielaborato reperti archeologici e prodotti artistici di remoti luoghi come i blocchi lapidei dell’Ara di Pergamo del Pergamonmuseum di Berlino o le sculture e i totem in pietra presso il parco di Formaviva a Portorose oppure al Forma Viva Open Air Wood Sculpture di Kostanjevica na Krki, entrambe in Slovenia dai primi anni sessanta del Novecento.

Dall’aprile del 1966 aveva avviato scambi culturali in ambito artistico con vari paesi dell’Europa orientale (Jugoslavia, Romania, Cecoslovacchia) ma anche dell’estremo oriente (Cina, Corea del Sud, ecc.), convinto del valore unificante dell’arte come strumento di dialogo e di pace, nonostante le difficoltà derivanti dai rigidi regimi dittatoriali dell’epoca che sorprendentemente diedero ampio risalto e visibilità alla sua attività sulle radio e TV nazionali.

Segno che il messaggio di apertura dell’arte può raggiungere chiunque nelle periferie del mondo ed aprire le porte dell’indifferenza.

Inizia le esperienze in paesi del blocco sovietico di oltre cortina con i quali stabilisce contatti e scambi con artisti ed intellettuali in contesti all’epoca considerati impenetrabili perché ideologicamente troppo lontani e diffidenti. I carri armati russi invasero Praga proprio mentre esponeva nuovamente i suoi quadri oltre cortina a Spalato e a Zagabria[1].

Nel suo personalissimo stile ha svolto tematiche sociali, culturali e, infine, ambientali con ideale di impegno inesauribile, ma che è diventato compito personale oltre ogni barriera politica e/o intellettuale.

Non ha trascurato la partecipazione a eventi internazionali come parte integrante dell’impegno di promozione culturale locale, prendendo parte anche in Italia ad alcune delle rassegne internazionali in calendario: nel 1963 al Concorso Internazionale di Pittura Estemporanea, il 7° Premio al Concorso internazionale di pittura estemporanea “Vincenzo Cardarelli” [2] di Tarquinia (VT) e alla 1ª Mostra internazionale di pittura estemporanea, Latina (LT). L’anno successivo fu invitato al Premio Internazionale di pittura estemporanea “Città di Tivoli”, a Tivoli ove fu premiato[3]. Nel 1965 partecipò alla Mostra Internazionale di pittura estemporanea “Premio Mentana”, a Mentana. Nel 1966 prese parte alla 1^ Rassegna Internazionale d’arte contemporanea, galleria “Il Gabbiano”, Ostia Lido (RM). Un particolare risalto va dato alla sua significativa partecipazione al 4° premio internazionale estemporaneo di pittura “Giovane Europa” di Milano Marittima (RA).

Una volta attuata e raggiunta l’integrazione europea di cui oggi godiamo, seppur nei limiti della presente configurazione istituzionale, l’attenzione di Michele Rosa si è spostata prevalentemente sul contenuto del dipinto.

Così come è stato precursore dell’utilizzo del canale transazionale, quanto alle tematiche oggetto del messaggio di arte visiva, essendo essa stessa voce ed espressione dell’anima e del sentimento personale, ha trasmesso i pensieri ivi contenuti. Vede prima di noi l’invisibile[4].

Possiede particolare sensibilità critica e percettiva che amplifica le normali sensazioni umane e, grazie ad essa ci mostra su tela un lato del mondo che

altrimenti non avremmo potuto mai osservare o vivere con ordinarie risorse sensoriali.

 Egli è in grado di magnificare un reale che abbiamo sempre guardato senza vedere.

Dal 1967 al 1971 furono lunghi e frequenti i suoi soggiorni a Parigi, all’epoca insieme a Londra capitale del teatro culturale europeo, per portare anche qui il suo contributo, intuendo le trasformazioni sociali in anticipo sui tempi per fermarle sulla tela. Forme e contenuti orientali sono tradotti in pittura (fine anni settanta e primi anni ottanta del Novecento) per il forte richiamo che su di lui esercitavano lontani popoli.

Per tutta la seconda metà del Novecento, ma anche nei primi anni di questo nuovo secolo, descrivere il mondo come una realtà sociale in continuo vorticoso cambiamento. Ha infine scritto sulla stampa incoraggiando i giovani artisti per dare impulso all’arte ed alla comunicazione transfrontaliera. Così facendo ha seguito il proprio temperamento artistico e l’amore per l’arte come mezzo di elevazione umana e culturale, strumento di promozione sociale, di sviluppo e di pace.

La ricerca di nuovi stimoli lo porta negli anni ’90 ad indagare e trattenersi fra gli spazi dell’arte informale, sebbene in questo ambito avesse già intrapreso sperimentazioni al suo ritorno in Europa. Adotta soluzioni di arti visive personali ed originali, ove declinazioni astratte risultano commiste ad antropomorfismi, in cui le esperienze figurative precedenti riemergono fino al voluto sfaldamento di corpi e di ogni altro elemento reale raffigurato. La negazione del modello figurativo ed accademico lo conduce alla ricerca di nuove soluzioni cromatiche e materiche che suscitano forti stimoli sensoriali e profonde esperienze meditative. L’oggetto della rappresentazione perde la propria riconoscibilità mediante un processo distruttivo che sembra rifiutare ogni accenno accademico e scuola di riferimento.

Per lui l’arte non è contemplazione e isolamento, è Media ed espressione personale per la diffusione dei moniti che grida al mondo. Durante la maturazione artistica esplora temi e soggetti che spaziano dal folcloristico alle problematiche sociali già insite nella cosiddetta “beat generation“, dalla rappresentazione contemplativa dei caratteristici borghi ciociari alle fabbriche e ai macchinari dei processi industriali. Fu tra i primi a scrutare le performances degli ambienti underground, delle coreografie e dei contenuti del teatro d’avanguardia. Si è soffermato sulle raffigurazioni di nudo di impronta neobarocca, sui totem di Formaviava, sullo studio dei reperti archeologi. Si è lasciato sedurre da introspezioni come “view of interiors” e da più oniriche rappresentazioni atomiche e cosmiche sacre o profane.

Per via della profondità dei temi toccati dall’artista, la sensazione per il fruitore non si ferma solamente all’immagine ottica. Il dipinto non è e non deve rimanere una statica opera contemplativa che risponde a esclusivi canoni estetici. Deve essere inclusivo pretesto di diffusione mediatica di un preciso messaggio legato a ciò che la sensibilità d’artista gli suggerisce. Senza confini di sorta.

A.Borghese


[1] Varone G. (a cura di), Scritti di Michele Rosa, Sora, Arte Expo, 2010, pag. 95 SBN = IT\ICCU\RMS\2362124

[2] Concorso internazionale di pittura estemporanea: 6° premio Tarquinia “Vincenzo Cardarelli”: 17-18 settembre, Tarquinia, Giacchetti, 1963. Catalogo.

[3] Momento Sera, 1-2 ottobre 1964.

[4] AA.VV., 30 dipinti di Michele Rosa alla Regione Lazio, Roma, Ed. Regione Lazio, 2018, pag. …. SBN = ITICCUVEA1258432;

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