Alta Terra di Lavoro

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IO C’ERO di Liliana Isabella Stea

Posted by on Ago 16, 2017

IO C’ERO di Liliana Isabella Stea

10 agosto 2017, ore 11, Regione Puglia, sala Guaccero. Un gruppo di cattedratici in conferenza stampa illustra le ragioni per cui si oppongono (hanno raccolto circa 1000 firme che oggi stanno consegnando) alla Giornata della Memoria dei martiri meridionali del ‘risorgimento’ che per la verità da vivi erano cittadini della Nazione Napolitana, non ancora ‘meridionali’ come ci siamo abituati ad essere definiti noi moderni.

Noi, eredi e discendenti di quelli, che furono talmente fieri ed orgogliosi della propria identità e appartenenza a quel Regno e a quella Nazione, da preferire la morte, per fucilazione, per freddo (a Fenestrelle) di fame, di stenti, sempre a Fenestrelle e in altre ‘patrie’ galere, la preferirono alla cosiddetta ‘libertà’ che ci portavano i ‘fratelli’ piemontesi nel 1860 e che già avevano provato a portare i francesi nel 1799. Anche loro i francesi, dicevano di portarci ‘libertà’, e da che? E ‘fraternità’, ma anche loro per liberarci e ‘affratellarci’ stupravano, fucilavano, radevano al suolo interi paesi e distruggevano raccolti per affamare i superstiti.

I francesi ‘liberatori e fratelli’ ancor prima dei piemontesi, furono però ricacciati da quello stesso popolo che la libertà a suon di mazzate e distruzione proprio non l’aveva capita, scusatelo, lui capiva solo il pacifico vivere precedente, ‘sotto’ il famigerato governo borbonico, che infatti ripristinarono, riportando i Borbone sul trono di Napoli. Secondo gli storici presenti qui oggi, sono false le ricostruzioni che parlano di benessere durante il regno borbonico e che se proprio di orgoglio vogliamo parlare e commemorazioni vogliamo fare, allora festeggiamo il 1799 ed Eleonora Pimentel Fonseca, ossia una di quelle nobili teste che favorirono le truppe francesi portatrici di ‘liberté’ contro il popolo bue che fu spogliato di tutto e trucidato peggio che in una mattanza. E dunque apprendiamo che le nostre Università pugliesi ospitano storici giacobini che mentre parlano di  liberté e fraternité si riferiscono evidentemente solo alla propria e dei loro sodali, non certo a quella di tutti, se il valore dei nostri morti deve trovare dopo 157 anni la loro opposizione. Non siamo liberi di ricordare e onorare i vinti, nemmeno quando un Consiglio Regionale lo ha discusso e deciso democraticamente? Alla faccia della Libertà, della Fratellanza e dell’Uguaglianza!

La conferma che non vogliono affatto discutere, chiarire, approfondire mediante iniziative che hanno detto di voler attuare , viene dall’intervento della presidente del CIDI, signora Rosi Gambatesa la quale afferma che “La scuola è il luogo della memoria, non è il luogo della verità, è il luogo dove si esplora la complessità, la problematicità” e spiega che “ la scuola non fa ricerca scientifica (come i docenti accanto a lei) ma prende i bambini, che come diceva Leopardi hanno il sapere delle favole, cioè la verità, e li accompagna dolcemente a scoprire che la verità non c’è, e che ci sono degli oggetti da guardare davanti, e che spesso questi punti di vista sono inconciliabili, e che con questa inconciliabilità dobbiamo esistere, e dunque proporci una nuova verità sul Risorgimento piuttosto che l’altra verità è un dato insopportabile per la scuola  perché la scuola non è il luogo della verità ma è il luogo dove si esplora la complessità, la problematicità, e che molti punti di vista non si conciliano ma esistono insieme, il compito della scuola è aiutare i ragazzi a sopportare i punti di vista diversi” (il testo tra virgolette è la trascrizione di ciò che la presidente del CIDI  ha detto). Ma allora, se la scuola non è il luogo della verità, quello che racconti agli studenti lo fai passare comunque come ‘verità’ se affermi di non potergliene presentare un’altra.

A questo punto immagino che si stia proprio riferendo al testo ‘L’Altra storia, analisi critica del Risorgimento’ che le è stato presentato qualche tempo fa da uno degli autori proprio con l’intento di dare agli studenti gli ‘strumenti’ di cui ha appena parlato, per affrontare la ‘complessità’ di cui ha appena parlato, mentre invece a noi risulta che la presentazione del libro agli insegnanti e agli studenti, sia stato da lei negato con la misera giustificazione che ‘solo gli insegnanti possono parlare nella scuola’. E le ‘giornate con l’Autore’ che si fanno nelle scuole medie? non ci risulta che quegli autori, che vanno a presentare il loro libro, siano insegnanti. Misteri della dialettica funzionale all’obiettivo di chi parla.

Però è evidente che se lo ricorda bene quel libro ‘L’Altra Storia’, e non può essere diversamente perché è fatto molto bene, documentatissimo, con la citazione puntuale di tutte le fonti, proprio come piace, e giustamente, agli storici, semplice, scorrevole, chiarissimo. Allora, come stanno le cose?  Ha detto chiaramente che non si possono portare nella scuola altre versioni del Risorgimento diverse da quelle ufficiali, però non ha spiegato come si realizzi in queste scuole che noi tutti conosciamo bene, quel percorso di approccio alla complessità. C’è un unico testo di Storia; quello ‘complementare ‘ che aggiungerebbe informazioni finora taciute è stato rifiutato, ci sono i programmi ministeriali uguali per tutti gli insegnanti, le ore di Storia, per ammissione del professor Saverio Russo che ha parlato prima di lei, quattro anni fa sono state ridotte a sole 2 settimanali, 3 nelle scuole medie dove però devono bastare per storia e geografia insieme, dunque, quando e come la si fa in questa favolistica scuola l’educazione alla complessità, e con quali differenziati strumenti? Aggiungerne uno sarebbe eccessivo, e dunque? Così come gli studenti devono ‘imparare a sopportare l’inconciliabilità’ (prof. Gambatesa) evidentemente devono anche ‘sopportare’ di esplorare la complessità su un unico libro di testo, insomma se la devono immaginare!

Parla poi la signora Laterza, che dice ‘Borboni’ con la i e dovrebbe ben sapere che i cognomi non vanno al plurale, ma tant’è…forse le serve per rafforzare il suo concetto che ‘le ricostruzioni che parlano di un benessere del regno borbonico sono false’, però forse qualcuno di quei libri che vende se lo potrebbe leggere prima di fare certe affermazioni, perché della ricchezza del Regno Duosiciliano sanno ormai anche le pietre, un Tremonti che ne parla in TV nella trasmissione di Lucia Annunziata mi sembra una buona dimostrazione di questo, ma insomma, dal discorso che la signora tiene qui oggi, si evince che disprezza i Borbone e i Briganti mentre ammira quei nostri conterranei che permisero il massacro e la distruzione di interi paesi nel 1799 prima e nel 1860 poi, come per esempio Eleonora Pimentel Fonseca. Ok, a ciascuno il suo, se però al nostro non si opponessero! Ma proseguendo l’ascolto, non è opinione della sola signora Laterza, bensì tutto il consesso di ‘storici’ qui presenti nutre ammirazione per quei nostri conterranei che in diverse epoche, 1799 e 1860, hanno favorito e appoggiato il massacro delle masse popolari. Chi spalancò le porte ai francesi prima e ai piemontesi poi, con relativi massacri di gente inerme, da queste sue ‘aperture’ ha tratto evidentemente dei benefici, non foss’altro che di prestigio, e a questi benefici non intende rinunciare, deduco. Dalle loro affermazioni: ‘La politica attacca la cultura universitaria’, ‘La politica non interpella i saperi per risolvere i problemi del territorio’ fino a denunciare di sentirsi, da questa decisione, delegittimati, si comprende il disappunto per avere in parte perso il controllo sul nostro sapere, a cui il Piemonte allargato, chiamato Italia, li ha abituati. Si parla infatti di prendere varie iniziative per correre ai ripari e chiudere le falle, aumentare le ore di storia a scuola, istituire dottorati di ricerca in Storia, che non ci sono, mandare gli studenti negli archivi, insomma fare tutto quello che finora non si è fatto, ma non per distrazione, no. Finora andava bene così, e chi voleva andare in archivio a studiare documenti risorgimentali per recuperare la memoria di quel periodo storico, si sentiva e tuttora si sente dire, che ‘sì però tu non sei uno storico’ e ai loro studenti che avrebbero potuto, non hanno mai assegnato una ricerca in quella direzione. Ma a chi volesse attingere informazioni documentate sul tanto dispotico regno borbonico, consiglio di leggere i testi e ascoltare le conferenze, accessibili a tutti, del professore universitario Giuseppe Fioravanti che i suoi studenti e studentesse negli archivi li ha mandati, e da quelle ricerche sono nate più di 800 tesine che attestano che di libertà, nel regno dei Borbone (con la –e signora Laterza) ce n’era molta di più di quanta ce ne volessero portare, e abbiano portato, i francesi e i piemontesi. Il professor Fioravanti, titolare di una cattedra di Pedagogia, e i suoi studenti si sono occupati proprio di Scuole e Istruzione, scoprendo che vi era in quel Regno la più totale libertà di insegnamento: una volta accertata la competenza dell’insegnante nella sua materia, costui la poteva insegnare come preferiva, adottando quelli che riteneva essere i testi migliori del momento, senza nessuna imposizione dall’esterno.

Libertà anche nelle scuole primarie, quelle per imparare a leggere-scrivere e far di conto, i ragazzi potevano scegliere liberamente e secondo la disponibilità delle scuole, fra metodo Normale, metodo di Bell e Lancaster e mutuo insegnamento. E la scuola era gratuita per tutti, pur essendoci anche la libertà di fondare e frequentare scuole private. Per maschi e femmine.

Con l’annessione della Nazione Napolitana al Piemonte, chiamata ‘unità’ e la famigerata ‘legge Casati’, la nuova ‘libertà’ è costituita dal fatto che quello che dobbiamo sapere e come dobbiamo saperlo, lo decide lo Stato. Questo sarebbe piaciuto anche ai francesi se il popolo non li avesse cacciati. Quella sì è stata una vera rivoluzione popolare, più di quella francese, ma anche di quella non conserviamo nessuna memoria, forse perché è stata appunto una rivolta popolare? Fatta da un popolo mosso dall’amore per il proprio Paese e le sue leggi eque e giuste e non manipolato da teorie costruite ‘sopra’ le persone e non ‘per’ le persone? Sì dev’essere l’aspetto ‘popolare’ a infastidire i giacobini e i ‘liberali’.

Grazie al popolo privo di potere, ma non di capacità di valutazione e di giudizio, il re Borbone tornò al suo posto e fece capitozzare chi aveva tradito la sua Nazione per consegnarla in mano ad altri, uno di essi fu la famosa Pimentel Fonseca tanto cara a questi storici pugliesi, di cui si dichiarano orgogliosi. Meriterebbe parlarne, ma chissà se sono disponibili ad ‘abbassarsi’ al nostro livello di studiosi sì forse, ma non ‘storici’ accreditati. Noi qui lo diciamo, lo proponiamo, hai visto mai?

Ma per concludere il mio dire riguardo alla scuola, con la piemontesizzazione e la legge Casati, i professori sono diventati emissari dello Stato, addetti a vigilare affinché nessun elemento della moltitudine studentesca esca dai binari che lo conducono a diventare il cittadino che lo Stato gradisce.

La questione che dunque oggi si è posta in questa sala Guaccero, è squisitamente politica e di controllo politico, come ha inavvertitamente ammesso la promotrice della petizione anti-memoria, la prof. Lea Durante, ad inizio conferenza, quando ha detto:” Le implicazioni politiche di questa vicenda sono perfino maggiori di quelle storiche, che pure ci sono “. Su questo punto sono perfettamente d’accordo con lei, professoressa. La scuola ha avuto il compito, in questa nazione ‘unita’, di condizionare le menti dei cittadini inculcando in essi una falsa idea di sé, che giustificasse le decisioni politiche prese di volta in volta e le rendesse più facilmente accettabili.    Una volta che ho convinto il Sud che si merita le sue disgrazie perché è nato povero, ignorante, mafioso e sfaticato, e convinto invece il Nord che si merita ogni bene in quanto attivo, industrioso e operoso, io Stato non devo fare più niente, perché, una volta ben convinti, saranno essi stessi a perpetuare il ‘modello’ introiettato. Così gli uni si fustigheranno in un eterno ‘mea culpa’ e lavoreranno quasi gratis facendosi togliere tutto quel che hanno, e con facilità perché “tanto, non sei capace, lo tengo io”, mentre gli altri si abbufferanno in un eterno ‘tutto a me e prima a me’. Tutto falso in entrambi i casi, nessuno è tutto bianco o tutto nero, ma attraverso la scuola, chiamata pomposamente ‘cultura’, che trasmette ai suoi studenti questi modelli identitari, i governi che si sono succeduti da 157 anni, si sono assicurati il controllo del territorio, Controllo Politico ed Economico.   E senza nessuna fatica, anzi diciamo con fatica felicemente, per loro, decrescente. Il Sud si è fatto togliere quasi tutto, perché lo hanno convinto che lui, qui, a casa sua, non può fare niente, non si può realizzare, e che la colpa è ‘del sud’, di casa sua insomma, e che invece se va al nord… e infatti ci va e si realizza e pensa che lì effettivamente sono meglio organizzati, meglio educati eccetera eccetera, trova che questo conferma quanto gli insegnano a scuola: che al momento dell’unità, durante il Risorgimento, il sud era arretrato e il nord era avanzato, ma lombrosianamente sempre e solo per colpa sua, addirittura per ragioni ‘innate’ essendo i meridionali ‘inferiori’ per nascita rispetto ai settentrionali. Del loro Regno, quello per il quale i loro antenati sono morti, nemmeno una parola. Agli studenti, di ogni ordine e grado, non viene mai detto che prima di diventare italiani meridionali, erano cittadini liberi di una Nazione libera chiamata Regno delle Due Sicilie, grande quasi la metà dell’attuale territorio italico, di cui il mondo aveva un grandissimo rispetto e altrettanta considerazione. E perché, come afferma la prof. Gambatesa ‘sarebbe insopportabile per la scuola proporre un’altra verità’? ‘

Se questi giovani italiani vengono a conoscenza della loro storia, lei teme che vengano traumatizzati in modo irreparabile fino a farne cittadini da nosocomio? o teme che si spostino gli equilibri politici esistenti dal 1860 in poi, in cui alla fin fine i giacobini come lei (se ammira la Pimentel!) hanno trovato il modo di imporre il loro modo di vedere e costruire il mondo, in barba a quel ‘popolo’ a cui si fa continuamente riferimento a chiacchiere, per dominarlo invece nei fatti e usarlo per i propri obiettivi?

Il mondo della cultura non è in definitiva preoccupato della verità storica, che presumo conosca, altrimenti mi preoccuperei io, ma dal fatto che sta perdendo, attraverso la divulgazione storica di quanto accadde ai Duo-siciliani e che è stato taciuto, il suo controllo sulla politica. Nella scuola si ‘formano’ infatti i cittadini di domani, ma se il ‘popolo’ non aspetta più gli storici accreditati per sapere la verità della sua stessa Storia, e va di persona a cercare documenti e testimonianze nei polverosi archivi, e li divulga, allora il Potere si preoccupa perché questo toglie a lui e alla sua scuola la possibilità incontrastata di condizionare le menti, in ossequio a quei ‘fratelli’ (ma non saranno i massoni? Anche loro si definiscono ‘fratelli’) molto ‘liberali’ e poco ‘popolari’ che apprendiamo oggi per bocca dei prof. presenti piacergli tanto, ma a noi, discendenti di quell’orgoglioso popolo Duo-siciliano, che prima del 1860 non era ‘meridionale’ di nessuno, ce lo consentano, e anche se non ce lo consentono fa lo stesso, non piacciono proprio. E non dimentichiamo.

Liliana Isabella Stea

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