Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

LA FAMIGLIA ANTONELLI DI SONNINO

Posted by on Apr 3, 2020

LA FAMIGLIA ANTONELLI DI SONNINO

Ricerca e elaborazione testi a cura del Prof:Renato Rinaldi Da:”VITA GENEALOGICA DI TUTTA LA FAMIGLIA ANTONELLI DI SONNINO “di F.P.DE ANGELIS-Bologna 1861

Da pag.5 A 15

Sonnino, presso Terracina, 75 miglia da Roma, culla di ladri, lo fu pure degli Antonelli.
Da Loreta « sorella del famigerato Capo brigante per nome Gasparrooe, ch’è tuttora vivo nelle galere del Papa (senza essere stato condannato percbè a mezzo del Prete Bernardini capitolò col governo romano, e così fu posto co’suoi compagni al bagno di Cività Vecchia,e poscia di Spoleto) e Domenico Antonelli taglialegne,e mulattiere ;nacquero Rosalia, Filippo, Gregorio, Giacomo, Grazia, Luigi, Rosa, ed Angelo.
La prima fu maritata a tal Sanguigni dello stesso Sonnino. Filippo sposò la Contessina Anna Dandini, nipote del Cardinale defunto, Gregorio la figlia del professo De Gregori, Grazia tale impiegato pontificio Bertazzoli, Luigi tal avvenente giovine figlia del proprietario Del Grande, Angelo celibe, e Giacomo Cardinale Segretario di Stato del Papa Pio Nono.
La loro casa ove sono nati tutti in Sonnino, meno Angelo, è situata in prospetto a Porta S. Pietro, ed appese a quella, entro gabbie di ferro, banno tutti potuto dalle loro finestre a bell’agio vedervi le teste recise dal Boia, dei briganti di strada, loro parenti: tra i quali alcuni gli avevano anche trastullati sulle proprie ginocchia, prima di cadere nelle mani della punitrice giustizia. Domenico Antonelli cognato del ridetto famoso Gasparrone fu da questo aiutato, e da garzone di taglia­legna, o mulattiere divenne proprietario di quattro, cinque muli, e continuando la sua professione per proprio conto poteva avere un poco migliorata la posizione della sua famiglia, che da scalza che andava, potè farle mettere le Ciocie (le così detteCiocie che si servono per scarpa è un pezzo di pelle di Bufalo bicato all’intorno ove infilare delle cordelle che avvolgono poi per la gamba) per scarpe. Passando alcun tempo, e continuando li segreti soccorsi del Gasparrone, principiò a negoziare di pesce comprandolo a Terracina e colle sue mule lo portava a vendere in Roma: altre volte andava per conto altrui.
Passati così pochi anni, e vedendo sempre fruttare miracolosamente le speculazioni, e le vetture del Domenico “senza però conoscere quelle che venivano dalli boschi ov’era il Cognato colla sua numerosa banda, che l’Antonelli forniva di avvisi, e di quanto occorrer gli potesse” in un punto con sorpresa più che universale si venne a sapere che l’ex-taglialegne, e mulattiere aveva preso l’appalto di rifare la strada corriera delle Paludi Pontine. Certo che una tale impresa senza segreti soccorsi, e d’infame provenienza dai boschi, per il Domenico Antonelli (che sebbene divenuto piccolo proprietario colle apparenti ridette speculazioni, tutt’ora vestiva l’abito del Ciociaro,) era. più che impossibile; ma pur nonostante l’mpresa ebbe effetto, e la condusse a fine, col guadagno di Scudi romani 63 mila; ma che gli fruttarono in seguito delle osservazioni calde dal Cardinale Dandini Prefetto del buon governo, così detto.
Nel tempo dell’ultima occupazione francese dello scorso Secolo il Domenico ebbe una triste accusa, che gli fruttò, durante la sua seduta, di cangiare i capelli tutti in bianchi, da neri ch’erano nel suo entrare. La sua sentenza fu la fucilazione, ma gli riuscì fuggire dal carcere, e con tale evasione si salvò.
Nel 1821 si era di già trasferito in Roma, e con il peculio ammassato per la ricostruzione delle Paludi Pontine non solo, ma continuando sempre a fare delle speculazioni, cercò di fare un’enfiteusi col principe Pugnatoskhi, e per esso con il sig. Carlo Vagnuzzi agente del suddetto Principe abitante in Piazza Randanini in Roma.
Questa enfiteusi comprendeva il Palazzo in via di Borgo S.Agata ai monti in Roma N.10: le macchie delle Celleta, delle Farneta, di Faito, e della Fontanella nella complessiva quantità di circa 170 Rubbia di terreno poste nel territorio di Ceccano, cinque miglia sopra Frosinone: oltre molte case, ed altro palazzo, con granari e tinelli ecc.: più ancora altro palazzo e circa 40 vigne, ed altrettante case in Terracina, e tutta questa complessiva quantità di boschi, terre, palazzi e case erano ab antico di assoluta proprietà della Casa dei cavalieri Angeletti, li quali per essere ligi all’assurdo governo delli preti, non mai vollero giurare a Favore della Francia nel 99, e questa li caricò di tante, e tali imposizioni, che per far fronte dovettero perdere tutto il nominato vasto possedimento col principe Pugnatoskhi loro creditore, il quale accordò ai due superstiti fratelli cavalieri Stanislao, e Luigi scudi cinquanta al mese ed un piano delle case a Roma, e Ceccano, vita loro naturale durante.
L’ Antonelli adunque fece un tale enfiteusi, ma a furia di regali non tanto omeopatici, che tutto l’anno andava facendo al Vagnuzzi, non gli fu difficile con tali strozzi ottenere l’appoggio dell’Agente del Principe, col far comparire che quelle terre non erano fruttifere, che le annate erano miserabili, e cose simili, onde ottenere, come ottenne, un vistoso ribasso pel corrispettivo del primo istromento che si era fatto, e tutto per venire al punto di comprare il tutto a modico prezzo, come comprò. Convien notare che il solo taglio della Farneta fruttò all’Antonelli il triplo di quanto pagò quel primo anno, e questo fu il solo primo taglio che fece in quella macchia.
Non trascurò di dare qualche umiliazione alli viventi Angeletti, e una fra le varie fu quella di tòrre le armi gentilizie di loro famiglia che in marmo esistevano su tutti li palazzi, case, granai ecc, cosa che mai fatta aveva il principe Pugnatoskhi. Oltre a ciò tutti gli utensili di campagna, da Tinello,e buon numero di botti tutte cerchiate in ferro, se ne credette in diritto farsene padrone, a detrimento delli cavalieri Stanislao e Luigi Angeletti, li quali nella loro più che eccessiva bontà il tutto sopportarono con rassegoazione, ma, a danno però della loro erede donna Eleonora in Vincenti.
Dapprima che fecero stanza in Roma come si è detto nel palazzo in Borgo S. Agata ai monti N.10, pose nel Monastero di S. Marta a Piedimarmo le due zitelle fìglie Grazia e Rosa, essendo la Rosalia maritata in Sonnino.
Gregorio e Giacomo, ora Cardinale; e Luigi li mise nel Collegio Romano, ed in Casa non vi era che il Domenico e la Loreta, li due figli Filippo, ed Angelo, e la nipote Giacinta, unica che ancora vestiva alla Sonninese, e che ha continuato.

Il Domenico, e Filippo, figlio maggiore, andavano e venivano da Roma a Ceccano, e Terracina. In questa avevano un tal vecchio per nome Francesco di loro fiducia il quale curava ed accudiva alli loro interessi. A Ceccano tal Vincenzo Ricci, già ministro, e fattore d’egli Angeletti.
Il primo ad uscire dal Collegio Romano fu Gregorio, e questo prese le redini della campagna di tutte due le Città dette. Passato alcun tempo uscì Luigi, e fu allora che questi prese la direzione delle cose in Ceccano, restando così a Gregorio sola Terracina.
Si è detto che per quel tal’affare vistoso delle Paludi Pontine il Cardinale Dandini, aveva fatto delle vive osservazioni all’appaltatore Domenico, ma questo da vero Sonninese tirò un’azzardato colpo, e questo fu di riuscire a concludere il Matrimonio del suo figlio Filippo, colla nipote del Cardinale, contessa Anna Dandini; e così il Cardinale chiuse un’occhio per la certa somma, che più non se ne parlò, gli Antonelli ne chiusero un altro per fare tale Matrimonio, ed appena fatto li sposi partirono per Genova, ove si trattennero alcun mese!!!! e così il Domenico rimediò anche questo… !
Lo sposo Filippo in discorso, al presente è stato fatto Conte non solo, ma quanto è Governatore della Banca Romana, Incettatore delle più minute cose, e perfino delle Ricotte, consigliere intimo del fratello Cardinale Giacomo, e fiero retrogrado.
Luigi vive separato dalla famiglia, ed è Conservatore nel Senato romano, Municipio, Angelo è il viaggiatore diplomatico del fratello Cardinale.
Grazia maritata all’ippocrito impiegato papalino Bertazzoli convive in famiglia. Rosa morì.
Gregorio a Terracina come si è detto. In Ceccano essendo morto il Ricci, fa d’Agente Vincenzo Bovieri, frafello del Nunzio Pontificio in Svizzera.

Resta a parlare del Segretario di Stato Giacomo Antonelli.
Egli al presente ha 51 anni essendo nato il 2 aprile 1806; ma non li dimostra. Giusto di corporatura, e alto di statura, di una robustezza da vero montanaro. Largo di fronte, due occhi da falco, il naso a becco d’aquila, carnagione bruna moresca, lunghi i denti, grandi le labbra, capelli riccio stesi, e quasi grigi; ha nell’anima più del selvaggio, che dell’umano.
Quando assiste il papa nelle cappelle così dette papali è il vero tipo della prepotenza, e dell’orgoglio impudente, e per chi conosce la sua origine ravvisa in lui il degno discendente del Gasparrone, terrore una volta delle campagne.

Uscito dal collegio romano, rientrò in famiglia più asino di prima. Per tale ragione il padre gli fece continuare gli studi in propria casa, sotto la direzione del professore cattedratico nella università romana, e medico primario in San Spirito in Sassia, e S.Gallicano, Francesco Bernardini di Palestrina; che vicino gli era di casa.
Il sistema di Domenico Antonelli, suo padre, era quello di volere a tutto ciò che gli saltava in capo riuscire, e riusciva a furia di gittar dell’oro a larga mano, e così fu che essendogli saltato il ticchio di porre lo Giacomo in Prelatura, onde innalzarsi, difficile non gli fu, e ben presto divenne uno dei favoriti di Gregorio decimosesto, di esecrata memoria; il quale lo creò Assessore al tribunale criminale, quindi Delegato ad Orvieto, poscia a Viterbo, ed in ultimo a Macerata.
Nel 1841 divenne sottosegretario di Stato, al ministero dell’interno presieduto da monsignor Savelli Corso. Nel 1844 Tesoriere sotto il cardinale Tosti, e nel 1845 Generale Tesoriere in sostituzione del Tosti.
Il 12 giugno 1847 Pio nono gli diede il cappello cardinalizio. A quest’epoca, avendola conosciuta, il nuovo porporato fece come tanti che se ne son veduti, e se ne vedono tutto giorno, ( in senso inverso che da liberali, per la pagnotta, e per l’ambizione e i ciondoli si son resi dottrinari) così da più che retrogrado che era stato mai sempre sotto il dominio della Iena di Gregorio decimosesto, si fece propugnatore e caldo partigiano delle idee liberali presso Pio nono. Tal nuovo carattere spiegato, era bene accompagnato da quel gesuitico sorriso, ch’è proprio in tutta la sua famiglia, figlio della scaltrezza sonninese, onde acquistarsi dal fedifrago Pio nono un’ascendente, e per Dio che vi riuscì; giacchè in breve tempo era divenuto un vero dominio. Così fu che acquistò, ed esercitava in Roma questo nuovo cardinale una grande influenza, come membro della Commissione di Consulta che diede all’Italia il 14 marzo 1848, quel famoso Statuto che fu ben presto sepolto con tutta violazione.
Capitolato ch’ebbe Roma egli consigliò il papa di non fare sollecito ritorno al Vaticano Il Cardinale Antonelli ordinò le misure di rigori, di carceri, esigli, galera ,e patiboli.
Rientrato così Pio nono il 12 aprile 1849 in Roma, lo nominò ministro segretario di Stato degl’Esteri. Esso che da quel tempo è l’unico dominatore, ed il solo da cui fu sempre crescente nel raddoppiare le pene, le torture, i soprusi, la ferocia, le violenze, la tirannia, aggiungendo lo scherno e l’insulto non solo al dolore, ma anche all’onore di oneste donne e fanciulle.
Ed è purtroppo così che più volle, e replicate donne costrette di trovarsi in un salotto ad attendere l’udienza per chieder giustizia per il marito, figlio, padre, o fratello che li fieri sgherri rinserrato hanno nel carcere uomini che amano la patria loro, ed appunto così l’esoso cardinale che fa passare le misere nel suo salottino stringersi con esse a stretto colloquio con donna avvenente , quando le cicaleggia dappresso palpeggiandole le spalle, e ficcando lo sguardo nelle tumidezze del busto, allora, oh ! allora si che si riconosce l’uomo dei boschi.

Parole di molte disgraziate ch’ebbero ad esperimentarlo. E quando la donna savia pospone le pene del suo più caro congiunto, per l’amore del quale l’ha condotta da tal mostro ed affronta la sua invereconda ira, piuttosto che cedere alle sue sozze e brutali voglie; allora è che montando su tutte le furie esclama:
“Ah vi opponete alla mia alla mia semplice e segreta richiesta? a voi tutto vorreste da me per il vostro marito, supponiamo, eh! qual ragione avete voi per ottener da me una grazia, senza concedermi un lieve compenso che niuno al mondo mai saprebbe? io tutto dovrei fare e condiscendere a voi, e voi niente per me? Ebbene uscite ! ne mai più osate riporre il piede in queste soglie, la giustizia farà il suo corso, e quando le prigioni e le galere tutte piene saranno di questa canaglia, e che non vi sia più posto ove metterli, le sepolture del Camposanto a S.Lorenzo, serviranno per prigioni. Per Roma nelle sue strade nascer ci deve crescere l’ erba, ed allora sì che finito avranno questi esaltati, e noi soli saremo quelli che tranquillamente le percorreremo.”
A propria notizia vi fu una di queste disgraziate ch’ebbe il coraggio civile di rispondere,- se supporre avessi potuto di avere per proposta, alla Giustizia che reclamo, un tale insulto, munita mi sarei di un pugnale, per darvi la meritata risposta, e partì.
Ma cosa monta tutto ciò? intanto egli ha fatto e fa il Seiano, il Tiberio di quella povera popolazione infelice per volere del magnanimo !!!

Ritornando adunque al ritorno nel 1849 servendosi egli di ogni turpe mezzo a danno e lagrime di quella misera Capitale, e dello Stato col riorganizzare che fece l’amministrazione delle Provincie, e delle Comuni, se n’ebbe per risultato la ruina delle finanze, l’annientamento del commercio, la decadenza degli studi, il brigantaggio impunito, lo stato d’assedio continuo, se non di forma almeno di fatto il malcontento generale, che al solito dei despoti, appellavasi dal pugno di faziosi.
Egli intanto giunse ad arricchire se stesso, che ha una rendita illimitata, facendo far lusso da Dama a delle sue concubine, con una delle quali vi sono state scene scandalose perchè questa asseriva esser restata incinta e dato alla luce un bambino, ed era romagnola di nome………ed abitava in via delle quattro Fontane al N. 88 primo piano, ma il cardinale mai volle riconoscere per suo proprio figlio quella creatura.
Sempre più arrichire li suoi fratelli più di quanto lo erano già, e come si è fatto conoscere che non si contava poco, tanto più col Monopolio del quale si occupa , esclusivamente il fratello Gregorio per essere alla direzione dei loro raccolti, e coll’impedire, o permettere l’esportazione a seconda dei bisogni dei loro Magazzini che siano pieni o vuoti: Vari dei suoi satelliti se non li ha arricchiti molto, li ha messi però in ottima e comoda posizione, ed uno fra questi è il suo figliano Carlo Oietti, buon marito della graziosa Caterina Testa, vedova già dello spedizioniere Egidi Gabriele, abitanti fin dal 1821 tutti, sia la famiglia Testa, che lo Oietti nella stessa Via di Borgo S. Agata ai monti N. 20 e 25.
Il Carlo Oietti al presente è l’Appaltatore per quello riguarda pitturare gl’ Apostolici (sic) Palazzi.
Il conte Dandini Zio della moglie di Filippo Assessore dell’alta polizia che aiuta la barca, e così questa piccola brigata, maneggia, ruba, intercetta ed aumenta così ricchezze da superare il tesoro di Creso.
Non sono vari anni che il Cardinale comprò dalla ex duchessa di Sassonia, sposata al sig. De Rossi, il suo palazzo a S.Silvestro al Quirinale per la somma di scudi romani sessantamila !!
Molto ancora resterebbe a dirsi di questi discendenti di briganti, ma essendo cose di non molto rilievo si omettono, credendo più che sufficiente la storica narrazione delli natali e ricchezze della famiglia Antonelli, avversa progresso, nemica della libertà, persecutrice accanita di chi professa essere italiano, causa di tanti martirii consumati in quella Capitale.
Il giorno del riscatto però, anco di quelli nostri fratelli lontano esser non può nè deve, e così bene si è creduto fare di pubblica ragione la presente genealogia, affinchè giungendo il sospirato giorno che quella popolazione Romana entrando nella grande famiglia italiana, salutar possa dal Campidoglio il primo Re d’Italia Vittorio Emanuele e gridar pure ed ottenere che tutte le possessioni della famiglia Antonelli dichiarate siano per proprietà del Governo Italiano !

F. P. DE ANGELIS.

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.