Alta Terra di Lavoro

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La polvere sotto il tappeto di Fiorentino Bevilacqua

Posted by on Nov 9, 2018

La polvere sotto il tappeto di Fiorentino Bevilacqua

Quando non si riesce a risolvere un problema, o non si ha voglia di affrontarlo, risulta molto più facile negarne l’esistenza nascondendolo.

Come si fa con la polvere quando, anziché eliminarla, raccogliendola e gettandola via in maniera opportuna, la si spazza confinandola sotto il tappeto. La polvere c’è, è lì ma, nascondendola alla vista, mettendola sotto il tappeto, è come se non ci fosse.

Lontano dagli occhi…

Così anche per i problemi politici e sociali. Se non si vedono, è come se non ci fossero…tranne per chi quei problemi li ha e li vive sulla sua pelle.

Tempo fa, fu presentato un libro: Guai ai poveri. La faccia triste dell’America, di Elisabetta Grande 1.

<<Quanto più è aumentata la ricchezza del Paese – scrive l’autrice – tanto più è cresciuta la povertà, in particolare quella estrema […] Della crescita del Pil si è avvantaggiata solo una parte della popolazione, quella più ricca, che si è arricchita a dismisura a spese di quella più povera>>

E questo, non è dovuto “all’incapacità dei poveri a reagire e a costruirsi un futuro nella terra che non nega occasioni ad alcuno. Si tratta invece della conseguenza di scelte politiche…”.

Tenuto conto che, dagli anni ’90 in poi, anziché guardare ai senzatetto come a delle persone da aiutare (oltretutto finite in quelle condizioni non per colpa loro), si è passati ad attuare politiche che vedevano in essi un problema di sicurezza e ordine pubblico, l’autrice, una docente universitaria, concludeva che anziché combattere la povertà, in quel Paese si era passati a combattere i poveri.

Di qui il titolo del libro.

In questo sito non si deve fare politica ed io, attenendomi alla linea editoriale, non la faccio. Semplicemente, collego la storia nostra, il nostro passato, al presente che ho sott’occhi.

Da quel Paese d’oltre oceano, quello con la bandiera a stelle e strisce, noi, prima o poi, importiamo ogni cosa che in esso avviene, dimentichi del nostro passato, che in gran parte ignoriamo, non liberi come siamo, oltretutto, di ispiraci ad esso perché ancora non siamo massa critica sufficiente per poterlo fare.

Mi guardo bene dal fare politica, quindi, ma come non pensare che ciò che sta accadendo a Genova non sia qualcosa che richiama fortemente la guerra che in America è stata dichiarata ai poveri e non più alla povertà2 ?

Come si può pensare di multare, con 200€, un povero che rovista nei cassonetti del capoluogo ligure, alla ricerca di frutta non completamente marcita, abiti e verdura scartata solo perché, magari, non all’altezza della tavola del ricco che beneficia e si bea della crescita del Pil !?

A Napoli, invece, nella Napoli dei Borbone, a differenza di quanto accade nel mondo “civile” odierno, dominato e governato dal dio Pil, agli homeless si pensava di riservare altro trattamento: <<Per volere di Carlo di Borbone, Re illuminista, nel 1751 – con prammatica (legge) reale del 25 febbraio – venne emanato l’atto di fondazione di un ‘General Albergo dei Poveri di ogni sesso ed età e quivi introdurre le proprie e necessarie arti’>> 3 ; l’albergo era destinato ad ospitare ottomila diseredati.

Interessante anche il fatto che, nell’Albergo, fosse prevista l’introduzione di arti, definite necessarie, volte, probabilmente, a migliorare, o a non far peggiorare, la mente, e quindi il comportamento, degli ospiti già provati dalla vita.

Viene da pensarlo perché, la Disciplina penitenziaria del regno di Napoli, era informata da un principio, che ci stupisce quasi, vista l’epoca lontana (e ciò che noi sempre pensiamo a proposito di ciò che non è il presente), per la sua altezza morale e la sua concretezza, che sanciva come … l’attitudine criminale fosse un fatto esclusivamente mentale e che ciò fosse dovuto all’assenza di cura che si è avuta d’insperarvi l’amore e la virtù, in tenera età così come alle cattive abitudini assunte in età adulta4 .

Se ciò valeva per i criminali, a maggior ragione doveva valere per chi, non criminale, poteva scivolare in comportamenti dannosi per sé e la società spinto da condizioni socio economiche avverse che, quindi, dovevano essere, in qualche modo, contrastate.

Tutto l’opposto di quanto sta accadendo, o comincia ad accadere oggi nel mondo dominato dall’egoismo: “non mi importa nulla di te, diseredato, e nulla farò per te; puoi fare quello che vuoi, purché non ti faccia vedere” sembrerebbe dire una certa politica messasi al servizio dei ricchi.

Un bell’esempio, quindi, quello di Don Carlos, un bel faro a cui guardare per ispirarsi.

E questo, tra l’altro, con buona pace per tale William Ewart Gladstone (le cui farneticanti “negazioni di Dio” ancora ammorbano gli animi e travisano molti intelletti) e del suo committente, lord Palmerston 5 .

In somma (buon governo napolitano docet), si può fare diversamente da come si sta operando.

Altri, avranno altri modelli a cui ispirarsi; ma io sono un abitante del Territorio che fu del Regno di Napoli e, poi, delle Due Sicilie (per tacer del resto) e, quindi, guardo alla storia (quella vera) della mia Terra.

Altro che guai ai poveri

 

Fiorentino Bevilacqua

08.11.18

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  1. https://www.lastampa.it/2017/01/30/vaticaninsider/usa-da-anni-la-povert-estrema-continua-a-crescere-NKbliSravtu2mbHlCvF7nL/pagina.html
  2. https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/08/genova-la-guerra-di-bucci-ai-senzatetto-dopo-le-multe-a-chi-rovista-nei-cassonetti-tolto-anche-il-servizio-di-residenza/4749267/
  3. http://www.ilportaledelsud.org/carlo.htm
  4. Da L. Badolati, La disciplina penitenziaria nel Regno di Napoli, p 13, Università degli Studi di Napoli Federico II. http://www.ilportaledelsud.org/tesi_badolati.pdf
  5. https://it.wikipedia.org/wiki/William_Ewart_Gladstone  William Ewart Gladstone – Gladstone e l’Italia.

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