Alta Terra di Lavoro

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LA PROPOSTA DI INSURGENCIA

Posted by on Feb 27, 2016

LA PROPOSTA DI INSURGENCIA

fonte identitainsorgenti.com

Zapatismo partenopeo, costruiamolo così. Siamo innegabilmente immersi in un processo di progressiva acquisizione di un’identità, partenopea, meridionale e che rigetta l’idea di subalternità indotta, lo status di colonia interna e che sta invadendo prepotente il discorso pubblico. Noi vorremmo che nella sua progressività questo discorso diventasse occasione di soggettivazione………………………………………………..

Ci interessa la costruzione di un’identità progressiva (come quella teorizzata dal leader curdo Ocalan), cioè un’identità che riconoscendo la sua genealogia, le tracce della memoria collettiva costantemente estroflessa, sia di fatti aperta all’incontro con tutte le storie che la intrecceranno e la riarticoleranno.

In questo senso proviamo a leggere le connessioni tra questa inedita disponibilità collettiva alla difesa della città dal razzismo, dalla napolifobia, dalla produzione di stereotipi e luoghi comuni che per decenni hanno condizionato l’immagine della nostra città in Italia e all’estero con la costruzione di discorso pubblico messa in campo dal sindaco e dagli svariati gruppi meridionalisti nati sul territorio negli ultimi anni, che pongono l’accento proprio su autonomia ed autogoverno, più che su tutte le altre questioni.

In questo solco crediamo si apra un’occasione di soggettivazione che non possiamo ridurre ai vessilli neoborbonici, ma che dobbiamo contribuire a sostanziare con linguaggi, simboli e parole d’ordine che legano autonomismo ed indipendenza ad una prospettiva che ritraduce il discorso post-coloniale in un territorio che la storia ufficiale non riconosce come colonia.

Lo spazio c’è e va occupato. L’imminente congiuntura elettorale è solo una delle occasioni per creare le condizioni per una assai più ambiziosa progettualità politica e organizzativa che guardi a una inedita modalità di concepirsi moltitudine di una città irriducibile alle logiche della politica nazionale.

In questo lo zapatismo partenopeo ci convince se è un modo per immaginare una modalità di rapporto tra movimenti e istituzioni che permetta ai movimenti di essere protagonisti del processo politico che si costruisce attorno all’ipotesi di nuova definizione del governo della città, senza però perdere autonomia.

Questa cosa si fa certamente scrivendo pezzi di programma a partire dai territori, determinando dal basso alcune candidature, ma soprattutto si fa immaginando una serie di spazi capillarmente diffusi sul territorio (non consultivi, ma decisionali) che diano sostanza e concretezza alla questione della democrazia radicale.

In questo senso non ci spaventano processi organizzativi che legano le realtà che vengono dai movimenti sociali a pezzi che in città agiscono positivamente il cambiamento, pure venendo da altre storie.

Anzi crediamo che solo con questo spirito ricompositivo, ma che guarda sempre verso il basso, potremmo riuscire a non lasciarci scrivere addosso i prossimi anni, a non far sì che superata la parentesi De Magistris la città venga sopitamente riconsegnata nelle mani dei predatori di un tempo. Vogliamo spostare su questi inediti luoghi della partecipazione e della decisione, l’epicentro della produzione dell’anomalia senza che questo spostamento implichi alcuna mutazione della storia e del ruolo che i movimenti hanno nelle città.

Esiste un peculiare modo di vivere la città che è proprio dei militanti, di chi da sempre fuori dalle logiche della spartizione del potere politico si è posto il problema della costruzione di comunità resistenti pronte ad opporsi ai progetti di devastazione e saccheggio delle vite e del territorio imposti dal capitale. Senza questa modalità di abitare la metropoli, determinandone dal basso i processi, siamo convinti non possa darsi alcuna anomalia che superi l’evocazione.

Insurgencia

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