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L’egemonia delle menzogne di Lucio Castrese Schiano

Posted by on Dic 4, 2017

L’egemonia delle menzogne di Lucio Castrese Schiano

Chiunque decidesse di intraprendere una qualunque ricerca riguardante la storia recente della nostra nazione non potrebbe evitare di imbattersi in scoperte di pensieri, azioni e comportamenti di cui non andare fieri e che anzi sono la causa della grande disistima di cui siamo oggetto da parte delle altre nazioni. Infatti, fin da quando l’Italia, da mero luogo geografico sede di sette stati indipendenti e sovrani, divenne Regno sotto la casa Savoia, sappiamo come quest’ultima, con un comportamento che definire semplicemente scorretto equivarrebbe ad una medaglia al valor civile, fece scomparire dalla scena dinastie legittimamente insediate e stati altrettanto legittimamente costituiti. A unificazione avvenuta, come ordine di scuderia, fu imposto a tutte le sfere che componevano il variegato mondo della burocrazia, della cultura e dell’informazione un copione che tutti, o per convenienza o per inettitudine o per servilismo applicarono pedissequamente nella vita civile, In quel preciso momento erano stati fissati i princìpi  dell’amoralità e della corruttela che avrebbero costituito la linfa dei rapporti Stato/cittadino, sancendo di fatto la nascita di un codice etico che possiamo tranquillamente definire egemonia delle menzogne.

Come infatti ci fa sapere il savoiardo capitano del Corpo di Stato Maggiore Generale, Conte Alfredo Bianco di Saint Joroz nel suo “Il brigantaggio alla frontiera papalina dal 1860 al 1863” tutte le sfere della vita civile, con la nascita  del Regno, ebbero come punti di riferimento i seguenti “valori”:<< … bisognava spregiare e calunniare le intelligenze virtuose e allontanarle da qualunque ingerenza governativa; occorreva scegliere esuli rinnegati, ambiziosi, inetti, servili e schiavi e concentrare nelle loro mani l’interesse dei due padroni …>> . Alla luce di questi princìpi la nuova nazione cominciava ad informare la propria storia, consegnando come eroi ad una storia addomesticata le figure di uomini che non avevano brillato né per correttezza né per virtù e, per non smentirsi, inscenò la farsa dei plebisciti, operazione nella quale i brogli, le violazioni dei più elementari princìpi di correttezza e le violenze riuscirono a scandalizzare perfino diplomatici ed uomini di stato della nazione che più di tutte (1), aveva ideata, finanziata e supportata la rapina del Piemonte ai danni di stati e sovrani che convivevano pacificamente e che non avevano alcun motivo di ritenere che di lì a poco ed in maniera proditoria sarebbero stati cancellati dalla scena politica.

A questo punto chi sostiene che il presente non è diretta conseguenza del passato non può non essere in mala fede. E siccome il presente, a sua volta, costituirà il passato per le epoche che verranno ci saranno poche speranze che le cose possano prendere una piega diversa, se uno spirito coraggioso non attuerà un radicale  cambio di rotta.

Infatti, come naturale conseguenza delle disposizioni impartite ad unificazione avvenuta, cosa ci ritroviamo oggi se non una società corrotta in tutte le sfere della vita pubblica? Una società in cui gli scandali e la corruzione sono diventati sistema, tanto da non fare quasi più notizia? Una nazione che proprio per scandali e corruzione è seconda solo alle più corrotte dittature del centro-Africa? E quelli che di tale e su tale sistema hanno fatto la propria fortuna o consolidato le proprie posizioni potranno mai cedere alle richieste di un improbabile imperativo etico che ingiungesse loro di buttare tutto alle ortiche in nome di un rigurgito di correttezza?

Questa situazione riguarda quelle istituzioni e quei poteri che si trovano nella condizione di influenzare in tutti gli aspetti la vita della gente comune. Cosa che hanno fatto e che continuano a fare nel campo della cultura, dell’informazione e dell’organizzazione sociale.

La disposizione di plagiare un intero popolo è stata osservata con tale scrupolosità che anche docenti universitari, dopo anni di insegnamento e dopo scoperte documentali fatte o a seguito di ricerche mirate o per caso sono riusciti a rendersi conto che fino a quel momento erano stati completamente plagiati. Ora, se questo può capitare addirittura ad un docente universitario, cosa non può capitare ad una persona comune con un modesto grado di istruzione?

E questo è capitato puntualmente. Nonostante i danni e i massacri che la forzata unificazione produsse, almeno in una certa parte d’Italia; nonostante che, subito dopo l’unificazione, sempre in una certa parte dell’Italia, furono chiuse per quindici anni tutte le scuole di ogni ordine e grado, cosa avvenne il 2 giugno del 1946, quando gli italiani, tramite un referendum, furono chiamati ad esprimersi sul quesito: Repubblica o Monarchia? Si verificò quello strano fenomeno di dipendenza psicologica, noto come sindrome di Stoccolma, che lega inspiegabilmente la vittima al proprio carnefice. Quel popolo che era stato invaso, vilipeso, massacrato, decimato, costretto ad emigrare in terre sconosciute, quel popolo, stando alle indiscrezioni trapelate su come era stata gestita l’operazione di conteggio dei voti e con l’aiuto della Chiesa che pure aveva di che lamentarsi (ma la paura del comunismo alle porte orientali era più forte), si era espresso in favore del proprio carnefice! Io modestamente ritengo che non si sia trattato di una manifestazione d’amore, d’affetto o di simpatia, perché se ai traditi e ai vinti fosse stato permesso di conoscere come veramente si erano svolti i fatti, penso che difficilmente si sarebbe arrivati alla citata sindrome. Per cui, parafrasando la frase del Conte Ugolino (2), mi sento di affermare che << … più che l’amore, poté la disinformazione>> … E questa è un’altra colpa da addebitare a chi ha forzatamente unificato l’Italia in un modo immorale e a chi si è prestato servilmente a che una tale filosofia si perpetuasse senza interruzione fino ai nostri giorni.

(1)  Ammiraglio George Rodney Mundy; Ambasciatore Henry Elliot; Ministro degli Esteri John Russell; deputato conservatore Conte Patrick Keys O’ Clary.

(2)   Dante, Inferno Canto XXXIII v. 75 (<< Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno>>)

Castrese L. Schiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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