Alta Terra di Lavoro

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MAPUCHE, NOSTRI FRATELLI “BRIGANTI”

Posted by on Gen 18, 2018

MAPUCHE, NOSTRI FRATELLI “BRIGANTI”

In questi giorni, il Papa in visita in America Latina, ha parlato dei Mapuche, un nome poco noto ai più; io stesso, infatti, ne ho sentito parlare per la prima volta solo l’anno scorso, nel mio viaggio in Cile e in Argentina e, fin dalle prime parole che udii su di loro, ne accomunai subito la storia a quella dei nostri “Briganti”.

I Mapuche, da sempre popolo guerriero, vivono nel profondo sud del Cile e dell’Argentina e discendono da quegli amerindi che, loro malgrado, furono “liberati” dai colonizzatori europei che, volendo liberarli dalla loro primitiva, spontanea, selvaggia indole, decisero di farlo in ogni modo e con ogni mezzo. Proprio come fecero i francesi qui da noi nel 1799: anche lì chi non voleva essere libero, dovette diventarlo… per forza.

Chi maggiormente si distinse in questa opera di “civilizzazione” fu lo spagnolo don Pedro de Valdivia, il fondatore di Santiago, la capitale cilena a cui si oppose valorosamente l’eroico Gaupolicàn, che, però, catturato, subì dallo spagnolo tremenda morte per impalatura. Il mito di questo fiero capo Mapuche fu immortalato nei versi del poema epico La Araucana, dello spagnolo Alonso de Ercilla che, come il suo conterraneo Miguel de Cervantes, non poté fare a meno di rendere onore al glorioso indigeno sudamericano:

“Yo soy Caupolicàn, que el hado mio

Por tierra derrocò mi fundamento,

y quien del araucano señorìo

tiene el mando absoluto y regimiento;

la paz està en mi mano y albedrìo

y el hacer y afirmar cualquier asiento,

pues tengo por mi cargo y providencia

toda la tierra en freno y obediencia.

“Soy quien matò a Valdivia en Tucapelo

Y quien dejò a Putèn desmantelado;

Soy el que puso a Penco por el suelo,

y el que tantas batallas ha ganado;

pero el revuelto ya contrario cielo,

de vitorias y triunfos rodeado,

me ponen a tus pies a que te pida

por un muy breve término la vida.

 

In seguito, la sua morte fu vendicata e, da allora, il nome di Gaupolicàn è l’emblema dello spirito nazionalista ed indipendente dei nativi di quelle terre che, ancora oggi, sdegnosi, continuano a non riconoscere l’invasore bianco, ritirandosi nel profondo sud della Patagonia sia cilena che argentina, una divisione geografica che per loro bon esiste.

Alla fine del XIX secolo furono sottomessi attraverso campagne militari chiamate “Occupazione di Araucanía” e “Conquista del Deserto”. Ciò ha significato la morte di migliaia di persone e la perdita di territorio, perché sono stati spostati in aree sempre più piccole, nelle “riserve”, più o meno come accadde ai Pellirosse.

La maggioranza dei Mapuche è sempre stata gente tranquilla lavoratrice, ma esiste anche una minoranza più violenta, chiamata RAM (Ancestral Mapuche Resistance) che ha fatto parlare di sé per distruzioni ed incendi causati sia nel Cile meridionale che nella Patagonia argentina. I loro diritti sono – a volte – in violenta opposizione a molte iniziative commerciali argentine e straniere. Da anni i Mapuche ricorrono all’estorsione nei confronti delle compagnie petrolifere e minerarie della Patagonia argentina e pretendono “pedaggi”, sulla pubblica strada, per lasciare andare a visitare un lago o un bosco in un parco nazionale. Chi non paga non passa. Ciò perché essi, continuano a rivendicare quelle terre a loro strappate; un tempo, col ferro e col fuoco, ai nostri giorni, a colpi di multinazionali “winka”. Comunque, terre loro appartenenti, bagnate del loro sangue, usurpate da straniere “civiltà” colonizzatrici.

I Mapuche hanno subito, più o meno, ciò che subì il Sud d’Italia circa centosessant’anni fa ed hanno combattuto (e, a modo loro, continuano a combattere) coraggiosamente contro questa sopraffazione.

Perciò li chiamo fratelli, fratelli “Briganti”.

Erminio de Biase

 

 

 

 

 

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