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MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD

Posted by on Ago 24, 2019

MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD

IL TALLONE DI FERRODEI SAVOIA – Dopo la conquista del Sud, 5212 condanne a morte. Prigionieri e ribelli puniti con decreti e una legge del 1863

Cinquemiladuecentododicicondanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti.Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unitàd’Italia dai Savoia. La prima pulizia etnica della modernità occidentaleoperata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgatadal governo Minghetti del 15 agosto 1863 “… per la repressione del brigantaggio nel Meridione”[1].

Questa legge istituiva, sotto l’egida savoiarda, tribunali di guerra per ilSud ed i soldati ebbero carta bianca, le fucilazioni, anche di vecchi, donnee bambini, divennero cosa ordinaria e non straordinaria. Un genocidio la cuiportata è mitigata solo dalla fuga e dall’emigrazione forzata, nell’inesorabilecomandamento di destino: “O briganti, o emigranti”. Lemkin, che ha definito il primo concetto di genocidio, sosteneva: “… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…essointende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggerei fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un pianosiffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali,della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e dellavita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale,della libertà, della salute, della dignità e persino delle vitedegli individui…non a causa delle loro qualità individuali, main quanto membri del gruppo nazionale”. Deportazioni, l’incubo della reclusione, persecuzione della Chiesa cattolica,profanazioni dei templi, fucilazioni di massa, stupri, perfino bambine (figliedi “briganti”) costretti ai ferri carcerari. Una pagina non ancora scritta è quella relativa alle carceri in cuifurono rinchiusi i soldati “vinti”. Il governo piemontese dovetteaffrontare il problema dei prigionieri, 1700 ufficiali dell’esercito borbonico(su un giornale satirico dell’epoca era rappresentata la caricatura dell’esercitoborbonico: il soldato con la testa di leone, l’ufficiale con la testa d’asino,il generale senza testa) e 24.000 soldati, senza contare quelli che ancoraresistevano nelle fortezze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto. Ma il problema fu risolto con la boria del vincitore, non con la pietas chesarebbe stata più utile, forse necessaria. Un primo tentativo di risolvereil problema ci fu con il decreto del 20 dicembre 1860, anche se le prime deportazionidei soldati duosiciliani incominciarono già verso ottobre del 1860,in quanto la resistenza duosiciliana era iniziata con episodi isolati e noncoordinati nell’agosto del 1860, dopo lo sbarco dei garibaldini e dalla stampafu presentata come espressione di criminalità comune. Il decreto chiamavaalle armi gli uomini che sarebbero stati di leva negli anni dal 1857 al 1860nell’esercito delle Due Sicilie, ma si rivelò un fallimento. Si presentaronosolo 20.000 uomini sui previsti 72.000; gli altri si diedero alla macchiae furono chiamati “briganti”. (nel ’43, dopo l’8 settembre, accaddequasi la stessa cosa, ma dato che vinsero (gli anglo-americani) la lotta lachiamarono di “resistenza” , e gli uomini “partigiani”.Ndr.) A migliaia questi uomini furono concentrati dei depositi di Napoli o nellecarceri, poi trasferiti con il decreto del 20 gennaio 1861, che istituì “Depositi d’uffiziali d’ogni arma dello scioltoesercito delle Due Sicilie”. La Marmora ordinò ai procuratori di “nonporre in libertà nessuno dei detenuti senza l’assenso dell’esercito”. Per la maggior parte furono stipati nelle navi peggio degli animali (anchese molti percorsero a piedi l’intero tragitto) e fatti sbarcare a Genova,da dove, attraversando laceri ed affamati la via Assarotti, venivano smistatiin vari campi di concentramento istituiti a Fenestrelle, S. Maurizio Canavese,Alessandria, nel forte di S. Benigno in Genova, Milano, Bergamo, Forte diPriamar presso Savona, Parma, Modena, Bologna, Ascoli Piceno ed altre localitàdel Nord. Presso il Forte di Priamar fu relegato l’aiutante maggiore Giuseppe Santomartino,che difendeva la fortezza di Civitella del Tronto. Alla caduta del baluardoabruzzese, Santomartino fu processato dai (vincitori) Piemontesi e condannatoa morte. In seguito alle pressioni dei francesi la condanna fu commutata in24 anni di carcere da scontare nel forte presso Savona. Poco dopo il suo arrivo,una notte, fu trovato morto, lasciando moglie e cinque figli. Si disse cheaveva tentato di fuggire. Un esempio di morte sospetta su cui non fu mai apertaun’inchiesta per accertare le vere cause del decesso. In quei luoghi, veri e propri lager, ma istituiti per un trattamento di “correzioneed idoneità al servizio”, i prigionieri, appena coperti da cencidi tela, potevano mangiare una sozza brodaglia con un po’ di pane nero raffermo,subendo dei trattamenti veramente bestiali, ogni tipo di nefandezze fisichee morali. Per oltre dieci anni, tutti quelli che venivano catturati, oltre40.000, furono fatti deliberatamente morire a migliaia per fame, stenti, maltrattamentie malattie. Quelli deportati a Fenestrelle [2], fortezza situata a quasi duemila metridi altezza, sulle montagne piemontesi, sulla sinistra del Chisone, ufficiali,sottufficiali e soldati (tutti quei militari borbonici che non vollero finireil servizio militare obbligatorio nell’esercito sabaudo, tutti quelli chesi dichiararono apertamente fedeli al Re Francesco II, quelli che giuraronoaperta resistenza ai piemontesi) subirono il trattamento più feroce. Fenestrelle (nella foto di apertura) più che un forte, era un insiemedi forti, protetti da altissimi bastioni ed uniti da una scala, scavata nellaroccia, di 4000 gradini. Era una ciclopica cortina bastionata cui la naturaleasperità dei luoghi ed il rigore del clima conferivano un aspetto sinistro.Faceva tanto spavento come la relegazione in Siberia. I detenuti tentaronoanche di organizzare una rivolta il 22 agosto del 1861 per impadronirsi dellafortezza, ma fu scoperta in tempo ed il tentativo ebbe come risultato l’inasprimentodelle pene con i più costretti con palle al piede da 16 chili, ceppie catene. Erano stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, vecchi, miseri popolanie uomini di cultura. Senza pagliericci, senza coperte, senza luce. Un carceratovenne ucciso da una sentinella solo perché aveva proferito ingiuriecontro i Savoia. Vennero smontati i vetri e gli infissi per rieducare conil freddo i segregati. Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiatia ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggisolari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei. Spesso le persone imprigionate non sapevano nemmeno di cosa fossero accusatied erano loro sequestrati tutti i beni. Spesso la ragione per cui erano staticatturati era proprio solo per rubare loro il danaro che possedevano. Moltinon erano nemmeno registrati, sicché solo dopo molti anni venivanoprocessati e condannati senza alcuna spiegazione logica. Pochissimi riuscirono a sopravvivere: la vita in quelle condizioni, ancheper le gelide temperature che dovevano sopportare senza alcun riparo, nonsuperava i tre mesi. E proprio a Fenestrelle furono vilmente imprigionatila maggior parte di quei valorosi soldati che, in esecuzione degli accordiintervenuti dopo la resa di Gaeta, dovevano invece essere lasciati liberialla fine delle ostilità. Dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero subire un trattamento infameche incominciò subito dopo essere stati disarmati, venendo derubatidi tutto e vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi. La liberazione avveniva solo con la morte ed i corpi (non erano ancora inuso i forni crematori) venivano disciolti nella calce viva collocata in unagrande vasca situata nel retro della chiesa che sorgeva all’ingresso del Forte.Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinchénon restassero tracce dei misfatti compiuti. Ancora oggi, entrando a Fenestrelle,su un muro è ancora visibile l’iscrizione: “Ognuno vale nonin quanto è ma in quanto produce”. (ricorda molto la scritta dei lager nazisti ” Non era più gradevole il campo impiantato nelle “lande diSan Martino” presso Torino per la “rieducazione” dei militarisbandati, rieducazione che procedeva con metodi di inaudita crudeltà.Così, in questi luoghi terribili, i fratelli “liberati”,maceri, cenciosi, affamati, affaticati, venivano rieducati e tormentati daifratelli “liberatori”. Altre migliaia di “liberati” venivano confinati nelle isole, a Gorgonia,Capraia, Giglio, all’Elba, Ponza, in Sardegna, nella Maremma malarica. Tuttele atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli AttiParlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d’Inchiesta sul Brigantaggio,nei vari carteggi parlamentari dell’epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghidove si svolsero i fatti. Francesco Proto Carafa, duca di Maddaloni, sosteneva in Parlamento: “Mache dico di un governo che strappa dal seno delle famiglie tanti vecchi generali,tanti onorati ufficiali solo per il sospetto che nutrissero amore per il loroRe sventurato, e rilegagli a vivere nelle fortezze di Alessandria ed in altreinospitali terre del Piemonte…Sono essi trattati peggio che i galeotti.Perché il governo piemontese abbia a spiegar loro tanto lusso di crudeltà?Perché abbia a torturare con la fame e con l’inerzia e la prigioneuomini nati in Italia come noi?”. Ma della mozione presentata non fu autorizzata la pubblicazione negli AttiParlamentari, vietandosene la discussione in aula [3]. Il generale EnricoDella Rocca, che condusse l’assedio di Gaeta, nella sua autobiografia riportauna lettera alla moglie, in cui dice: “Partiranno,soldati ed ufficiali, per Napoli e Torino…”, precisando,a proposito della resa di Capua, “…le truppefurono avviate a piedi a Napoli per essere trasportate in uno dei porti diS.M. il Re di Sardegna. Erano11.500 uomini” [4]. Alfredo Comandini, deputato mazziniano dell’età giolittiana, che compilò “L’Italia nei Cento Anni (1801-1900) del secolo XIX giorno per giornoillustrata”, riporta un’incisione del 1861, ripresa da “MondoIllustrato” di quell’anno, raffigurante dei soldati borbonici detenutinel campo di concentramento di S. Maurizio, una località sita a 25chilometri da Torino. Egli annota che, nel settembre del 1861, quando il campofu visitato dai ministri Bastogi e Ricasoli, erano detenuti 3.000 soldatidelle Due Sicilie e nel mese successivo erano arrivati a 12.447 uomini. Il 18 ottobre 1861 alcuni prigionieri militari e civili capitolati a Gaetae prigionieri a Ponza scrissero a Biagio Cognetti, direttore di “StampaMeridionale”, per denunciare lo stato di detenzione in cui versavano,in palese violazione della Capitolazione, che prevedeva il ritorno alle famigliedei prigionieri dopo 15 giorni dalla caduta di Messina e Civitella del Trontoed erano già trascorsi 8 mesi. Il 19 novembre 1861 il generale ManfredoFanti inviava un dispaccio al Conte di Cavour chiedendo di noleggiare all’esterodei vapori per trasportare a Genova 40.000 prigionieri di guerra. Cavour cosìscriveva al luogotenente Farini due giorni dopo: “Hopregato La Marmora di visitare lui stesso i prigionieri napoletani che sonoa Milano”, ammettendo, in tal modo, l’esistenza di un altrocampo di prigionia situato nel capoluogo lombardo per ospitare soldati napoletani. Questa la risposta del La Marmora: “…nonti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimospirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli cheacconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…equel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio.Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casaperché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltàa Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati,e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, cheerano un branco di car…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione”. Le atrocità commesse dai Piemontesi si volsero anche contro i magistrati,i dipendenti pubblici e le classi colte, che resistettero passivamente conl’astensione ai suffragi elettorali e la diffusione ad ogni livello dellastampa legittimista clandestina contro l’occupazione savoiarda. Particolarmenteeloquente è anche un brano tratto da Civiltà Cattolica: “Per vincere la resistenza dei prigionieridi guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorsoad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appenacoperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razionecon cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nellegelide casematte di Fenestrelle e d’altri luoghi posti nei più aspriluoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce,come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negrischiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie”. Ancora possiamo leggere dal diario del soldato borbonico Giuseppe Conforti,nato a Catanzaro il 14.3.1836 (abbreviato per amor di sintesi): “Nellamia uscita fu principio la guerra del 1860, dopo questa campagna che per avertradimenti si sono perduto tutto e noi altri povere soldati manggiando erbadovettimo fuggire, aggiunti alla provincia della Basilicata sortí unprete nemico di Dio e del mondo con una porzione di quei giudei e ci volevacondicendo che meritavamo di essere uccisi per la federtà che avevamoportato allo notro patrone. Ci hanno portato innanzi a un carnefice Piemontesacondicendo perché aveva tardato tanto ad abbandonare quell’assassinodi Borbone. Io li sono risposto che non poteva giammai abbandonarlo perchéaveva giurato fedeltà a lui e lui mi à ditto che dovevo tornareindietro asservire sotto la Bandiera d’ Italia. Il terzo giorno sono scappato,giunto a Girifarchio dove teneva mio fratello sacerdote vedendomi reduttoa quello misero stato e dicendo mal del mio Re io li risposi che il mio Reno aveva colpa del nostri patimenti che sono stato le nostri soperiori traditori;siamo fatto questioni e lo sono lasciato”. “Allo mio paese sono stato arrestato e dopo 7 mesi di scurre priggionemi anno fatto partire per il Piemonte. Il 15 gennaio del 1862 ci anno portatoaffare il giuramento, in quello stesso anno sono stato 3 volte all’ospidalee in pregiona a pane e accua. Principio del 1863 fuggito da sotto le armidi vittorio, il 24 sono giunto in Roma, il giorno 30 sono andato alludienzadel mio desiderato e amato dal Re’, Francesco 2 e li ò raccontato tuttii miei ragioni”[5].

Un ulteriore passoavanti nella studio di questa fase poco “chiara” del post unificazioneè stato fatto recentemente, quando un ricercatore trovò deidocumenti presso l’Archivio Storico del Ministero degli Esteri attestantiche, nel 1869, il governo italiano voleva acquistare un’isola dall’Argentinaper relegarvi i soldati napoletani prigionieri, quindi dovevano essere ancoratanti [6]. Questi uomini del Sud finirono i loro giorni in terra straniera ed ostile,certamente con il commosso ricordo e la struggente nostalgia della Patrialontana. Molti di loro erano poco più che ragazzi [7]. Era la politica della criminalizzazione del dissenso, il rifiuto di ammetterel’esistenza di valori diversi dai propri, il rifiuto di negare ai “liberati”di credere ancora nei valori in cui avevano creduto. I combattenti delle DueSicilie, i soldati dell’ex esercito borbonico ed i tanti civili detenuti nei”lager dei Savoia”, uomini in gran parte anonimi per la pallidamemoria che ne è giunta fino a noi, vissero un eroismo fatto di gesticoncreti, ed in molti casi ordinari, a cui non è estraneo chiunquesia capace di adempiere fedelmente il proprio compito fino in fondo, sapendoopporsi ai tentativi sovvertitori, con la libertà interiore di chinon si lascia asservire dallo “spirito del tempo”. STEFANIA MAFFEO NOTE [1] Legge Pica: ” Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio,e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, obanda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubblichestrade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici,saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongonoresistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, osi costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazionedella presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per untempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi,alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonchéai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell’articolo 95 del bilancio approvato per 1863 èaperto al Ministero dell’Interno il credito di un milione di lire per sopperirealle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Cameradei Deputati) [2] Il luogo non era nuovo a situazioni del genere perché giàNapoleone se ne era servito per detenervi i prigionieri politici ed un illustrenapoletano, Don Vincenzo Baccher, il padre degli eroici fratelli realistifucilati dalla Repubblica Partenopea il 13 giugno del 1799, che vi aveva passato9 anni, dal 1806 al 1815, tornando a Napoli alla venerabile età di82 anni. [3] Giovanni De Matteo, Brigantaggio e Risorgimento – legittimisti e brigantitra i Borbone ed i Savoia, Guida Editore, Napoli, 2000. [4] Questa informazione e tutte le seguenti sono state reperite nei saggi”I campi di concentramento”, di Francesco Maurizio Di Giovine, nellarivista L’Alfiere, Napoli, novembre 1993, pag. 11 e “A propositodel campo di concentramento di Fenestrelle”, dello stesso autore,pubblicato su L’Alfiere, dicembre 2002, pag. 8. [5] Fulvio Izzo, I Lager dei Savoia, Controcorrente, Napoli 1999. [6] S. Grilli, Cayenna all’italiana, Il Giornale, 22 marzo 1997. [7] Sul sito www.duesicilie.org/Caduti.html è possibile ritrovare i nomi, con data di nascita e provenienza dialcuni martiri di Fenestrelle, nel periodo compreso tra il 1860 ed il 1865.Erano poco più che ragazzi: il più giovane aveva 22 anni, ilpiù vecchio 32.

fonte https://cronologia.leonardo.it/storia/a1863b.htm

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