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Napoleone e Talleyrand nei documenti inediti di Vienna di Alfredo Saccoccio

Posted by on Gen 30, 2019

Napoleone e Talleyrand nei documenti inediti di Vienna di Alfredo Saccoccio

   Pareva che su Talleyrand  tutto fosse stato detto, dopo l’opera monumentale del Lacour-Gayet, di cui uscì , nel 1936, il quarto ed ultimo volume. Non è così.  Gli studi, e con carattere monografico e documentario,  si susseguono e  recano sempre nuova luce su aspetti inesplorati di quella torbida personalità, in qualcuna delle sue azioni rimaste ancora  oscure.  Sotto questo riguardo, di straordinaria importanza  è il volume “Napoléon  et Talleyrand” di Emile Dard pubblicato dal Plon , che colma qualche lacuna del Lacour-Gayet, mentre il “Talleyrand”  del Saint-Aulaire  edito dal Dounot  si può riguardare come una felice ricostruzione dell’opera diplomatica  di colui che più di ogni altro contribuì ad innalzare sul trono il Primo Console.

   Che la figura morale dui Talleyrand sia bella, nessuno penserà a sostenerlo. Prete senza vocazione, vescovo senza coscienza spirituale, donnaiuolo, cupidissimo di ricchezze, opportunista fino al cinismo, mancante di dignità personale : questi suoi connotati non cambiano per la considerazione del suo spirito, della sua “politesse”, della sua uimperturbabilità. L’una e l’altra serie di qualità sono condensate nel famoso detto, ch’egli sarebbe stato capace di ricevere un calcio dietro senza un movimento dei muscoli del viso.

   Politicamente, il ministro del Direttorio e di Napoleone sembra mancare di personalità. Tanto la costituzione direttoriale,, quanto quella consolare ed imperiale, erano così congegnate, che i ministri non erano propriamente uomini di governo, ma, diremmo oggi, direttori o segretari generali : semplicemente esecutori della politica altrui.

 Di Talleyrand in particolare, lo Chateaubriand ha detto che “sottoscriveva agli avvenimenti, non li faceva”.. E un agente segreto, nel 1801, affermava, di lui, che se avesse cessato di essere lo  strumento di un trionfatore, l’uomo sarebbe apparso in tutta la sua mediocrità.

   Sta il fatto, però, che quest’uomo al Congresso di Vienna, che pure riuniva sovrani vittoriosi e pieni della propria missione, come Alessandro, e politici come Metternich, esercitò una parte di prim’ordine. Rappresentante del Paese sconfitto,, egli non solo acquistò ad esso la parità di rango, ma addirittura  una funzione direttiva. Prima ancora, era stato l’artefice principale  della restaurazione borbonica,, in un momento in cui  Luigi XVIII  era lontano dal rappresentare, agli occhi dell’universo, l’unica soluzione. E ancora nel 183°, già prossimo agli ottanta anni, egli è uno dei pilastri della nuova monarchia tricolore : ambasciatore a Londra, in comunicazione diretta e costante con Luigi Filippo, festeggiato ed esaltato dalla società londinesew, realizza l’ “entente cordiale” con l’Inghilterra e la costituzione del Belgio indipendente. Tutto ciò non è da uomo di secondo o terz’ordine.

       Il ministro delle mance

   Diremo, dunque, che Talleyrand si è maturato alla scuola di Napoleone ? Sarebbe un’assurdità. Le sue qualità maestre, lo spirito della sua polòitica sono agli antipodi dello spirito napoleonico. Se l’ex-ministro dell’Imperatore duiviene, nel 1814, uno dei protagonisti della politica europea, ciò è divuto al fatto che l’Europa, dopo un ventennio di rivoluzioni, di guerre, di agitazioni illòimitate, sentiva il bisogno di un ritorno all’ordine, all’equilibrio, alla ragione, alle tradizioni del secolo XVIII. Queste tradizioni Talleyrand le impersonava superiormente, con in più le esperienze dell’agitatissimo periodo intermedio.

   Talleyrand è, in certa midsura, l’ “ancien régime” che ritorna, na un “ancien régime” raffinato, addolcito, adattato ai tempi; un “ancuien régime che ha letto Montesqueu e subìto l’influsso di Voltaire; un “ancien régime” con la Carta, l’uguaglianza davanti la legge, la libertà dei culti. Non è un caso  che, sotto i Borboni restaurati, Talleyrand passi ben presto nello sfondo della scena politica e torni ad emergere solo con la monarchi orleanista, Dell’assunzione al trono di Luigi Filippo egli fu uno dei fautori.. E ancora una volta era una parziale rivincita del Settecento  sull’Ottocento . la rivoluzione si piegava all’ordine. Invece della democrazia trionfava il “giusto mezzo”. L’ideale cui ci si ispirava non era la Francia repubblicana e rivoluzionaria, msa l?Inghilterra monarchico-costituzionale, a cui già Montesqueu e Voltaire avevano guuardato  come a maestra.

   Come mai uno spirito simile rimase, per quasi un decennio, a fianco del Bonaparte, che ne rappresentava l’antitesi ? La risposta comune è sbrigativa : Talleyrand era un opportunista, che pensava soprattutto alla sua posizione mondana e a far quattrini. Il servizio  di Napoleone lo provvedeva benissimo sotto l’uno e l’altro aspetto e ciò gli bastava. Il Lacour.

-Gayet ci fa, di tanto in tanto, l’elenco degli onori piovuti sull’ex-vescovo di Autun e il computo dei milioni da lui guadagnati con la rendita delle sue cariche, con i giuochi di borsa, con le “mance” sontuose dei sovrani stranieri.

   Tutto questo è vero, ma non è tutto il vero. Intanto, se Napoleone lo tenne a lungo e lo apprezzò altamente (parliamo di apprezzamento intellettuale), se il suo giudizio sula capacità di lui non  variò neppure a Sant’Elena, vuol dire che in questo spirito così diverso dal suo aveva trovato una sorta di completamento. La moderazione del ministro  serviva, presso i sovrani e i diplomatici stranieri, a rivestire di formule plausibili  la smoderatezza del Cesare, le cui pretese assumevano, per l’abilità di Talleyrand, parvenza di ragione. La diplomazia del Talleyrand  era la forma  razionale di una politica sostanzialmente irrazionale .

               Ritiro o congedo

   Ma quel che più conta è che , ad un cero punto, Napoleone e Talleyrand  si divisero. I motivi del distacco non sono raccontati  in maniera uguale dall’uno e dall’altro : quel che per il ministro è ritiro, per l’imperatore è congedo. Un fatto, però, è fuori di ogni dubbio : fin dal 1808, Talleyrand consuma intimamente il divorzio  dalla politica napoleonica.  Al Congresso di Erfurt (24 settembre –  14 ottobre 1808) egli prende una posizione nettamente antinapoleonica. Si può parlare di tradimento vero e proprio ? E’ dubbio.  La maggioranza degli storici francesi, ostinatissimi a  trovare scuse e attenuanti petr Talleyrand, lo esclude.  E fose non hanno torto. Ad Erfurt si poteva ancora scorgere nel dualismo fra Napoleone e il suo ministro un contrasto di concezioni. Si sa che il dissenso aveva origini remote. Risale alla rottura della pace di Amiens, cui seguì la ripresa della guerra continentale, giudicata dal Talleyrand un gravissimo erroire.  “Talleyrand è disperato, si legge  in un rapporto segreto del Lucchesini, del 14 settembre 1805, e se potesse evitare la guerra riguarderebbe questa circostanza come la maggior gloria del suo ministero”.

   Comunque sia, al Congresso di Erfurt inizia una vera e propria  politica personale… La dsua formula è questa : la Francia prima di Napoleone.

   Ad Erfurt Napoleone cercava soprattutto due cose : l’assicurazione dello zar Alessandri che l’Austria sarebbe stata tenuta a bada durante la campagna di Spagna e la mano della sorella maggiore dello zar stesso,,, la granduchessa Caterina. Questo l’incarico affidato a Talleyrand. Non se ne fece nulla. Assecondato da Caulaincourt, che sembra essere stato il suo zimbello più ancora che il suo complice., Talleyrand mandò all’aria entrambi i disegni.  Alessandro non prese nessun impegno e la granduchessa Caterina  si fidanzò, un mese dopo,, con il principe Oldenburg.

   Come sempre, l’azione di Talleyrand fu abilissima, tanto è vero che Napoleone non sospettò mai del tradimento di Erfurt. Nel dicembre del 1812, nella slitta di Smorgoni, alla presenza di Caulancourt, egli attribuiva alle chiacchiere inconsiderate del maresciallo Lannes le resistenze opposte ad Erfurt dall’imperatore della Russia così alle sue blandizie come alle sue minacce. Calaincourt dovette esserne ben sorpreso.

   Nell’atteggiamento di Talleyrand ad Erfurt non c’era nulla di improvvisato. Prima di partire per il Congresso, Talleyrand aveva avuto dei lunghi colloqui con Metternich, ambasciatore d’Austria a Parigi. Sulla natura di queste relazioni gettano molta luce i dispacci riservati e cifrati che il Metternich inviava da Parigi all’imperatore Francesco II e al suo ministro degli Esteroim Stadion,, nei quali dava precisi  ragguagli dei suoi colloqui con il Talleyrand. Questi dispacci furono omessi o pubblicati frammentariamente nelle “Memorie” di Metternich, edite nel 188°. E’ merito del Dard averli tratti dall’iblìo degli Archivi di Vienna e largamente utilizzati in questa opera di rigorosa documentazione. Racconta il Metternich, in uno di questi dispacci, immediatamente precedente la partenza di Talleyrand per il Congresso di Erfurt, che fin dal 1805 Talleyrand “aveva concepito il disegno di opporsi con tutta la sua possibile influenza ai piani distruttori di Napoleone”. E precisa : “Dobbiamo a lui, unicamente a lui, certe particolarità più o meno favorevoli del negoziato di Presburgo.. Egli si oppose più a lungo che potè alla campagna contro la Prussia”. Metternich ricorda parimenti le ripetute insistenze di Talleyrand  perché l’imperatore Francesco II o lui stesso si recassero a Erfurt per “dare soggezione” a Napoleone.

             Legion d’Onore e  Toson d’Oro

   Su un particolare cospicuo per un austriaco, Metternich fece resistenza durante quei colloqui. A proposito dello scambio della Legion d’onorew e del Toson d’oro fra i due imperatori e i ri spettivi ministri : “Sapete quel che farei al vostro posto? “ gli didsse Talleyrand. “Io proporrei lo scambio degli ordini. L’Imperatore attribuisce grande importanza a tutto  ciò che viene dalla vostra Corte, da signori di antica razza”. La trisposta di Metternich fu glaciale. “Gli statuti del Tosone esigono cinquesento anni di nobiltà. Voi siete il solo che possa aspirarvi”. E la cosa restò lì. Il 24 settembre Metternich postilla : “Talleyrand non tradisce ancora. Fa un po’ di fronda e vuol dirigere”.

   Appena tornato da Erfurt, alla fine di ottobre, Talleyrand mette segretamente Metternich al corrente di tutto quanto si è fatto al Congresso e della parte decisiva ch’egli vi ha dispiegato. “La Russia, gli dice, non sarà più trascinata contro di voi. Solo la più stretta unione fra Austria e la Russia può salvare quanto ancora rimane della indipendenza dell’Europa”.

   Ai primi di novembre del 1808 Napoleone parte per la Spagna, dopo aver raccomandato, in piena buona fede, a Talleyrand di imbandire, quattro volte la settimana, un pranzo di trentasei coperti, a ministri, consiglieri di Stato, membri del Senato e del Corpoi legislativo. La consegna era precisa : “ Dovete metterli a contatto fra di loro, dovere  studiarli e assecondare le loro disposizioni”.

   Le periodiche imbandigioni ci furono, ma servirono a scopi del tutto diversi. Non occorre ricordare che nel comportamento di Talleyrand la cortigianeria più umile procedeva, di pari passo, con il tradimento. In occasione della vittoria di Somo-Sierra, egli si felicita con Napoleone e gli augura di arrivare, s più presto, a Madrid. Questo era l’atteggiamento ufficiale. Ben diverso quello dell’intimità. A quattr’occhi con Champagny e con Maret le sue critiche erano spietate. Alla presenza di Beugnot, nelle sale di Madama Rémusat, dove soleva troneggiare come un oracolo, Talleyrand si effondeva in recriminazioni su quello che egli chiamava “l’errore irreparabile “ dell’Imperatore.

   Fu proprio in uno di quei banchetti ordinati da Napoleone perché Talleyrand alimentasse i sentimenti di lealtà degli alti funzionari, che, una sera, i convitati videro arrivcare, con indicibile sorpresa, Fouché. Non erano da gran tempo in pessimi rapporti ? Fra lo stupore crescente dei presenti, il principe di Benevento prese ostentatamente il duca di Otranto sotto il braccio e i due personaggi passeggiarono a lungo, avanti ed indietro per le sale, ragionando amichevolmente, perché la loro riconciliazione apparisse a tutti piena ed assoluta. E la riconciliazione c’era di fatto. L’aveva favorita e aiutata il D’Hauterive, antico oratoriano come Fouché e vecchio amico di Talleyrand, in quel momento capodivisione al Ministero degli Esteri.

   Si sarebbe potuto pensare che la consegna lasciata da Napoleone, al momento della sua partenza per la Spagna, al suo MInistro, fosse religiosamente rispettata, se Talleyrand passava sopra ai suoi rancori personali e invitava alla sua tavola l’avversario  di così lunga data. Ma sì! Quale era la posta della riconciliazione ? L’eventuale successione dell’Imperatore! Sotto l’apparenza  dell’adempimento letterale degli ordini imperiali, Talleyrand faceva, dei convegni settimanali, l’occasione delle sue trame.

   Dai tempi di Marengo,,, in Talleyrand non c’era che una sola ptreoccupazione: chi avrebbe potuto sostituire Napoleone ? L’eventualità era ora più prossima, forse, che mai. Non poteva, Napoleone,  da un momento all’altro, essere colpito in battaglia?

   A buon conto,, dalle conversazioni di Tallewyrand e di Fouché, riconciliati  nei simposiiii settimanali,, uscì una lettera che doveva avvertire Murat perché si tenesse pronto alla prima chiamata. Ma Eugenio di Beauuharnais, messo sull’avviso da Lavalette,, intercettò la lettera e la fece pervenire all’Imperatore. Dal canto suo, Madama Letizia, avendo colto al volo alcune parole d’intesa fra Talleyrand e Fouché, in casa  della principessa di Vaudemont, prevenne suo figlio.

          L’orecchio di Metternich

   Metternich stava con l’orecchio teso. Egli era particolarmente stimolato da Carolina Murat. Le circostanze gli parvero così gravi che decise di partire per Vienna, alla fine di novembre, per renderne conto a Corte. Gli armamenti ripresero febbrilmente in Austria e la guerra fu decisa, in linea dii principio, per la primavera seguente, fermo restando che la parte di aggressore fosse lasciata a Napoleone. Per  quanto riguardava Talleyrand,, limperatore Francesco e Stadion rimasero sbalorditi ed esitanti. “E’ possibile che costui lavori nel senso del suo padrone? Che lo serva per una via che, per quanto divergente all’apparenza, può finire col mirare al medesimo scopo, evitare, cioè, complicazioni alla Francia, cullandoci in speranze chimeriche? Oppuure segue una sua direttiva personale, condivisa da altri personaggi eminenti dello stato ? Comunque sia, seguire una linea di massima prudenza : mai sbilanciarsi, non prestar fede  senza solidi pegni”. Queste le istruzioni impartite a Metternich.

   Ritornato a Parigi, Metternich scrive, l’11 gennaio 1809 : “Ho trovato la persona in questione (Talleyrand) nelle medesime condizioni di spirito nelle quali l’aveva lasciata. Nessun dubbio che tutte le alternative sono state “eventualmente” calcolate. Non si provocheranno catastrofi, ma si saprà trarre profitto da quelle che potrebbero verificarsi. Questa la sostanza delle nostre conversazioni. Si giudica buono l’atteggiamento dell’Austria. Si consiglia di mantenerlo sempre così energico”.

   Una settimana dopo, ilm 17 gennaio, dopo un colloquio con Talleyrand, Metternich scrive al suo ministro a Vienna : “X (TAlleyrand) e il suo amico (Fouché9 sono sempre gli stessi, decisissimi qualora l’occasione si oresenti da sè, mancando un coraggio abbastanza attivo per provocarla”. L’occasione era la morte di Napoleone! Ma che cosa intendeva Metternich per “coraggio attivo” ? Si deve ritenere che fosse, non diversamente dagli agenti inglesi sotto il Consolato, per il “colpo essenziale” ? E’ un punto oscuro.

   Non si perde tempo. Il 20 gennaio Talleyrand mostra a Metternich una lettera di Fouché, nella quale si dice che sulla strada di Baiona sono stati ordinati dei cavalli per un generale. “Questo generale è l’Imperatore”. Talleyrand  comunica  ancora dei rapporti di Champagny e uina lettera di Dalberg, il quale informa “che la Germania si riscalda sempre più”. “Talleyrand”, conclude Metternich, “raccomanda  di non lasciarci prevenire da Napoleone se questi è veramente deciso a farci la guerra”.

    Quel generale era proprio Napoleone. Bruciando le tappe, Napoleone arriva a Parigi, il 23 gennaio, furibondo. Aveva saputo delle riserve, delle critiche, del “disfattismo”, si direbbe oggi,, di Talleyrand durante la sua assenza. Nel pomeriggio del 28 gennaio, chiama nel suo gabinetto Cambacérès, Lebrun, l’ammiraglio Decrès, Fouché  e Talleyrand. Aveva deciso di liquidare il suo ministro degli esteri.

   FRa Napoleone e il suo ministro si svolse una scena di una violenza inaudita. Secondo Pasquier, durò mezz’ora; secondo altri, più ore. E’ stata riferita da Pasquier, che ne aveva avuto l’esatto resoconto da Decrès.

   Napoleone incominciò  con il lamentarsi seroamente che durante la sua assenza si fossero svisati i fatti, si fosse parlato di una campagna disgraziata, mentre la sua era stata una serie di successi, si fosse perfino osato prospettare la possibilità di una successione.  Ricordò i doveri dell’obbedienza e della discrezione assoluta cui erano tenuti, nei suoi confronti, deputati, ministri, alti dignitari dello Stato. E finalmente, non riuscendo più a contenersi, camminando avanti e indietro, a grandi passi, gesticolano, urlando, si scagliò su Talleyrand, immobile, appoggiato a un caminetto , a causa della sua gamba inferma.

   “Voi siete un ladro, un vigliacco,  un uomo senza fede e senza Dio. Per tutta la vostra vita  avete mancato a tutti i vostri doveri. Siete un traditore, avete ingannato tutti quanti.  Non v’è nulla  di  sacro per voi. Vendereste perfino vostro padre. Vi ho colmato di benefici e in cambio sareste  capace di qualsiasi  cosa contro d i me.  Da dieci mesi,  immaginando che le mie cose di Spagna vadano male, avete l’impudenza  di andar dicendo, anche a chi  non lo vuol sapere, che voi avete disapprovato l’impresa, mentre siete stato voi  a darmene la prima idea e siete stato voi, proprio voi, a consigliarmela  con tanta insistenza.  E in quanto a quel “disgraziato” (era così che Napoleone  designava il duca d’Enghien) chi mi  indicò  il luogo del suo rigugio? Chi mi incitò a infierire contro di lui ? Quali sono, dunque,  i vostri piani ? Che cosa cercate ? Che cosa sperate ? Osate dirlo una volta per tutte! Dovrei farvi a pezzi come un bicchiere! Potrei farlo, ma vi disprezzo troppo!”.

   Secondo Mollien, l’Imperatore avrebbe anche soggiunto : “Ma perché non vi ho fatto appendere ai cancelli del Carrousel ? Ma sono ancora in tempo ! Andate, non siete altro che dello sterco in una calza di seta!”:

   Secondo Metternich, Napoleone gli avrebbe rimproverato anche la pace di Presburgo, definita “infame e opera dii corruzione”.
   Passando e ripassando davanti a Talleyrand, dice Thiers, scagliandogli in viso, ogni volta, le parole più offensive, accompagnate sempre da gesti minacciosi. Napoleone fece gelare di spavento tutti i presenti e lasciò coloro che lo amavano pieni di dolore, al vedere così avvilita la doppia dignità del trono e del genio.

   Talleyrandi restò impassibile e muto. Parecchi anni più tardi, l’ammiraglio Decrès non riusciva ancora a riaversi dallo stupore che gli aveva ispirato simile padronanza di sè. Romantzoff, scrivendo alla propria Corte, ammirava la “straordinaria disinvoltura” dell’uomo.

   Fu questa straordinaria padronanza di sè che valse a Talleyrand una certa superiorità su Napoleone. Il silenzio del colpito metteva l’Imperatore in una situazione niente affatto brillante e niente affatto  imperiale. Rimproverare al proprio ministro i consigli dati, non equivaleva a riconoscersi colpevole di averli seguiti ? Ad ogni modo, nella serie dei rimproveri manca l’accusa specifica di tradimento. Chi può escludere che nell’immobilità del Talleyrand non ci fosse il timore di sentirsela rinfacciare da un momento all’altro ?

             Sulla soglia

   Alla fine della scenata, Talleyrand si accinse ad uscire lentamente dallo strudio imperiale. Il supremo affronto lo raggiunse sulla soglia. Napoleone gli gridò alle spalle : “Non mi avete mai detto che il duca di San Carlo è l’amante di vostra moglie”.  Sotto l’ultima, sanguinosa staffilata, Talleyrand si voltò di colpo e, senza scomporsi, replicò :” Non mi sarei mai immaginato, Sire, che un simile particolare potesse comunque interessare la vostra gloria e la mia”.  E rivolgendosi ai presenti, ancora esterrefatti :”Che peccato che unuomo così grande sia stato così male educato!”:

   Mentre usciva, Duroc gli si avvicinò per chiedergli la sua chiave di ciambellano. Talleyrand evitò sempre di parlare della terribile scena.. Non se ne confidò nemmeno con Metternich, che ne ebbe conoscenza da altra parte. Nelle sue “Memorie” accenna vagamente a scene violente che Napoleone gli avrebbe fatto in pubblico. “Nobn mi dispiacevano, poiché la paura non è mai entrata nella mia anima. Sarei quasi tentato di dire che l’odio che ostentava contro di me faceva più danno a lui che a me”.

   La sera stessa Talleyrand corre dalle sua fedeli amiche, Madame de Rémusat e la viscontessa  di Laval. “E voi non vi siete gettato su di lui? , avrebbe esclamato quest’ultima. “Ah, ci ho pensato; ma sono troppo indolente per simili reazioni”. In realtà, la sua impassibilità era stata solamente apparente. Tornato a casa, era stato preso da una sorta di collasso. E i medici trepidarono per la sua vita. In nottata si riprese, riflettè e, a differenza di Napoleone, operò.

   L’indomani, domenica 29, va a trovare Metternich. Un rapporto inedito dell’ambasciatore d’Austria getta piena luce sulle decisioni prese da Talleyrand durante la notte. Il rapporto, in data 31 gennaio, era “riservato e cifrato”. Fu collocato fra i pieghi umidi e giunse a Vienna poco decifrabile. Il ministro Stadion ne chiese un duplicato, che fu inviato il 23 febbraio successivo.

   Ecco  qualche tratto  essenziale  del rapporto di Metternich.  “La tensione   incomincia a toccare  il più alto grado. Fino ad oggi l’Imperatore  non ha osato attaccare  Fouché. La maniera  stessa  che egli ha  scelto per colpire Talleyrand sta a provare  che questi opersonaggi  hanno delle solide basi.  L’Imperatore mette la corazza.  Sarebbe infinitamente più  facile mettere  gli avversari nell’impossibilità  di nuocere.  Se non lo fa, è segno che non osa. Ad ogni modo la sfida fra le due parti è lanciata.  X (Talleyrand) ha gettato definitivamente  la maschera al mio cospetto. Mi pare decisissimo a non tergiversare. Due giorni fa  mi ha detto che a suo giudizio  era giunto il momento di agire. E che riteneva  suo dovere entrare in rapporti diretti con l’Austria. Mi disse anche che altra volta  aveva rifiutato le profferte del conte Cobenzl. Ma che oggi  le accetterebbe.  Il rifiuto di allora era stato determinato dalla particolare posizione che  occupava.  !Oramai”, concluse, “sono libero e le nostre cause sono solidali. Ve ne parlo con tanta maggiore franchezza,  dato che sono persuaso sia vostra intenzione obbligarmi in qualche modo”. Mi ha fatto capire che ha bisogno di qualche centinaio  di migliaia di franchi, dato che l’Imperatore l’ha scalzato  fino alle fondamentacol mantenimento dei principi spagnuoli e la compera della sua casa. Io gli ho risposto che l’Imperatore  (Francesco I)  non sarebbe stato alieno dal dimostrargli la sua riconoscenza qualora si fosse messo al servizio della causa comune. Rispose che questa  era  la sua e che non gli restava che di vincere  o di perire coin essa.  “Siete sorpreso di queste mie dichiarazioni ? ”  mi domandò. “Niente affatto!, gli risposi, le considero, anzi, come un autentico impegno a lavorare per la causa comune” ”.

   Dopo di che Metternich chiede all’Imperatore di mandargli tre o quattrocentomila franchi  in lettere di cambio a ordini ipotetici sull’Olanda. “Per quanto cospicua possa apparire tale somma, essa è sempre inferiore  ai sacrifici ai quali siamo abituati. Immensi possono  essere i risultati di un simile impiego”; E che i risultati fossero veramente di un’efficacia  straordinaria, si desume da un altro dispaccio inviato da Metternich  a Stadion , il 23 febbraio. “Non posso dilungarmi sull’utilità dei servizi di X da quando le nostre relazioni hanno assunto  questo carattere. Prego V. E. di valutarli  sulla scala puiù elevata. La persona che si è impegnata a farmi conoscere il dislocamento delle truppe non ha ancora potuto mantenere la parola”: ………..continua

Alfredo Saccoccio

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