Alta Terra di Lavoro

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Perché le “insorgenze” fanno paura

Posted by on Set 23, 2017

Perché le “insorgenze” fanno paura

Ipotizziamo un clamoroso fatto di sangue avvenuto in un passato non molto lontano in cui una qualunque persona, nei panni di aggressore, avesse soppresso fisicamente un’altra, impossessandosi dei suoi beni e riducendo sul lastrico gli eredi ai quali non fosse mai stato detto che il luogo in cui è stato loro concesso di vivere, in condizioni di inferiorità e di sudditanza, apparteneva ad un loro ascendente.

Ammettiamo per assurdo che molto tempo dopo il fatto, la vittima  ritornasse in vita e la notizia cominciasse ad occupare le prime pagine dei giornali e dei notiziari televisivi, suscitando un interesse crescente anche in persone che si ritenessero non direttamente coinvolte perché tenute all’oscuro di tutto. Riuscite a immaginare il terrore che pervaderebbe l’animo dell’autore del delitto? la paura di essere smascherato e denunciato dal morto redivivo che (chi più di lui e dell’assassino stesso?) potrebbe fornire ai giudici le prove dettagliate ed inoppugnabili su come si  svolsero veramente i fatti, indicando, magari, anche il luogo ove fu nascosta l’arma del delitto mai ritrovata?oltre al risentimento degli eredi e alle loro imprevedibili reazioni, che potrebbero arrivare addirittura  prevedere una giusta vendetta?

Uno stato d’animo molto simile è quello che sta turbando i sonni dei sostenitori della vulgata sul Risorgimento, che stanno cominciando a tremare nel prendere atto dell’interesse che un numero sempre crescente di persone sta dimostrando nei riguardi di tematiche a loro completamente sconosciute fino a poco tempo fa, tematiche su cui i detentori del sapere (non certo per volontà divina) hanno detto e scritto quello che più gli faceva comodo, facendo passare, così, un meccanico ed innaturale processo di unificazione per unità; la volontà di appena l’1,08% della popolazione (418.696  aventi diritto al voto 1 su una popolazione di 22.176.477 abitanti 2) per la volontà di tutto un popolo, che è stato sempre assente dai loro pensieri e dai loro interessi . Questa elite ha voglia di sbraitare che di revisionismo si stanno interessando persone non bene informate o non addette ai lavori (leggasi storici non prezzolati). Ultimamente, però, anche docenti universitari e storici titolati (Giordano Bruno Guerri,Angela Pellicciari, Massimo Viglione, Elena Bianchini Braglia, ecc.) si stanno interessando del Risorgimento e stanno portando all’ attenzione di un pubblico, come si diceva, sempre più numeroso, attento ed interessato notizie molto spesso così raccapriccianti da sembrare frasi o immagini ad effetto adoperate da bravi romanzieri per fare colpo sull’animo dei lettori.  Eppure tali notizie, frutto di ricerche non sempre agevolate dalle istituzioni, sono ricavate da  documenti d’archivio  tenuti  gelosamente celati ad occhi indiscreti. Capita, però, ogni tanto che per puro caso si venga a conoscenza  dell’esistenza di documenti scottanti che non si è avuto il tempo né di occultare né di distruggere, oppure di documenti sfuggiti all’attenzione dei “custodi” del sapere (come il caso del diario del bersagliere Carlo Margolfo),ed allora vengono non solo alla luce atrocità gelosamente celate, ma diventa impossibile negare la consultazione di tali documenti a ricercatori più “titolati” e  “abilitati”, anche se notoriamente controcorrente.

Ora, finché di revisionismo si interessavano scrittori o giornalisti (persone che, certamente, non possono essere definite né dei semianalfabeti né degli sprovveduti) gli “addetti ai lavori” potevano anche continuare a raccontarci le cose come meglio ritenevano. Però, guarda caso, proprio questi “non addetti ai lavori”, queste persone poco informate, queste persone che sono accusate di non sapere nemmeno come si conduce una ricerca, sono quelle che hanno squarciato la pesante coltre di menzogne di cui è stata artatamente infarcita la nostra storia dal 1860 in poi. Tra gli “incompetenti” cito a caso solo alcuni nomi: Nicola Zitara, Antonio Ciano, Carlo Alianello, Giovanni Fasanella, Antonella Grippo, Gigi Di Fiore, Fernando Riccardi, Aldo De Jaco, Piero Carocci, Fulvio Izzo, Lorenzo Del Boca, Gennaro De Crescenzo, Pino Aprile ecc.). Forse anche costoro sono degli sprovveduti o delle persone non abilitate a trattare certi argomenti, solo perché  storici non “patentatii”?

A questo punto calza bene una frase del grande Totò:<<Ma mi faccia il piacere!>>

Dalle falsità di cui sono stati infarciti i fatti del Risorgimento è derivata l’impossibilità di avere a tutto oggi un comune sentimento sia di nazione intesa in senso strettamente letterale, sia di fratellanza, che, travalicando la meccanica ed impersonale azione dell’Unificazione, ci facesse avere una “storia condivisa”. Questo avrebbe significato che si era finalmente raggiunta quell’”unità” che, invece, manca tuttora e che non decreta solo il fallimento del Risorgimento ma mette a nudo in maniera inequivocabile la chiara volontà di espansione e di conquista che lo ha motivato, alla faccia del popolo, di cui non è importato mai niente a nessuno, né nel 1799 né nel 1860 … e, purtroppo, nemmeno oggi. Se, infatti, non fosse stato questo il vero motivo, penso che a distanza di oltre un secolo e mezzo saremmo riusciti a trovare un punto di contatto per smussare, se non eliminare, tutti quegli ostacoli e quei pregiudizi che ci fanno sentire tuttora reciprocamente estranei. Sarebbe bastato non avversare e combattere ostinatamente l’unico elemento aggregante che ci teneva uniti e che avrebbe facilitata ogni altra operazione:la nostra comune religione. Ma, poiché non interessava “unire”, bensì “unificare”, non si è tenuto conto neanche di ciò. Sicché sarebbe ancora più corretto parlare addirittura di un “conglomerato”, cioè di un miscuglio di materiali eterogenei che solo meccanicamente vengono tenuti insieme, ma in cui ogni elemento che lo compone conserva le proprie peculiarità. Pertanto, non è colpa nostra se non siamo riusciti a perdere le caratteristiche di “conglomerato”, né è colpa di altri se, venuti  a conoscenza di tante cose prima ignorate, alcuni intendono riappropriarsi della loro storia,  scoprire le proprie origini,  ricercare le cause del proprio disagio e della loro presunta “diversità”.

Allora, perché queste “insorgenze” fanno paura?

Perché gli oracoli del sapere vedono gli architravi e i frontoni dei loro templi vacillare a causa di un progressivo sgretolamento delle loro strutture portanti:le colonne. Perché stanno cominciando a capire che la epoca dei silenzi e delle menzogne sta per finire, e che le loro “consolidate” posizioni non sono più tanto solide. Ma quello che più fa paura è che la presa di coscienza sia di chi ha subito dei torti sia di quell’ altra parte di connazionali intellettualmente onesti che non hanno difficoltà ad ammettere le cose come sono andate stanno sfuggendo loro di mano e non sono più quegli automi plagiati dal pensiero unico dominante ai quali si può far credere di tutto e che possono essere manovrati come delle vere e proprie marionette. Quindi, perdita di potere, di prestigio e rovinosa caduta dal piedistallo.

Castrese L. Schiano

 

1 -Fonte Wikipedia

2 – Dati ISTAT (Popolazione italiana anno 1861)

 

 

 

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