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Peste manzoniana e Covid -19, analogie sorprendenti di Fernando Riccardi

Posted by on Apr 20, 2020

Peste manzoniana e Covid -19, analogie sorprendenti di Fernando Riccardi

Alzi la mano chi di voi, in questo persistente e duro periodo di “arresti domiciliari”, non è andato indietro con la mente ai tempi lontani, belli e spensierati del Liceo, quando l’unica preoccupazione era quella di uscire incolumi dalle interrogazioni che incombevano come una lama affilata sulla nostra testa di inguaribili scavezzacolli.

E poi c’era quella Letteratura Italiana, così pesante, così barbosa, con quegli autori che scrivevano in modo criptico, tanto da farti rimpiangere le lezioni di greco o di latino. Si pensi ai canti del Paradiso della “Divina Commedia” di Dante o alle “Operette morali” del povero Leopardi, poeta così triste da far immalinconire d’un tratto la pur esuberante scolaresca. Soltanto quando si leggevano i “Promessi Sposi” del Manzoni la noia si diradava e un minimo d’interesse per la trama avventurosa si diffondeva palpabile tra un banco e l’altro. A me incuriosiva soprattutto il capitolo della peste a Milano. E mi è rimasto così impresso anche a distanza di tanti anni che non ho avuto bisogno di riprendere in mano il libro per ricordare il tutto. Anche perché l’epidemia di Coronavirus che ci tiene chiusi in casa come tanti reclusi in attesa di giudizio, presenta sorprendenti analogie con il racconto manzoniano. Anno del Signore 1629, autunno. Tra Lecco, Como e Milano, in Lombardia, inizia a diffondersi una strana malattia che causa alcuni misteriosi decessi. I medici la attribuiscono alla degenerazione di febbri malariche alla quale non danno eccessiva preoccupazione.

Vi ricordate quando nello scorso mese di febbraio parecchi virologi nostrani sostenevano con tronfia sicumera che il Covid 19 era poco più di una banale influenza? Ma torniamo al racconto del Manzoni. I dottori dell’epoca si erano sbagliati di grosso: si trattava, infatti, di una virulenta epidemia di peste bubbonica, portata nel milanese dai Lanzechinecchi, mercenari tedeschi che combattevano stando dalla parte di chi li pagava di più.

Vi ricordare l’impiegata cinese della Webasto, la famosa “paziente zero”, che tornata a Monaco di Baviera asintomatica ha poi diffuso il virus nel lodigiano? Ebbene anche quella signora, come i mercenari di cui sopra, veniva in Italia dalla Germania.

Ma andiamo ancora avanti.

Presa coscienza della gravità della situazione, sia pure in clamoroso ritardo, le autorità sanitarie dell’epoca, tentano di frenare il dilagare della peste ma non sanno quali decisioni prendere.

Non vi ricorda qualcosa di ancora molto attuale?

Quando già è passato molto tempo pensano di allestire un cordone sanitario attorno a Milano ma ormai l’epidemia è entrata in città.

Non vi ricorda la blindatura della regione Lombardia decisa in clamoroso ritardo dal governo centrale?

L’epidemia infuria e provoca un numero impressionante di vittime. Gli appestati vengono ricoverati in luoghi appartati chiamati “lazzaretti” dove vengono assistiti amorevolmente dai frati Cappuccini che muoiono in tantissimi colpiti dalla inesorabile malattia.

Non vi ricorda il tentativo strenuo di creare nuovi posti negli ospedali lombardi e nuove terapie intensive per curare i contagiati da Covid 19? E i Cappuccini non vi ricordano i tanti medici e i tanti infermieri che si sono prodigati fino alla stremo delle forze per cercare di assistere i malati, pagando un prezzo altissimo?

E mentre nei lazzaretti si muore. in città, a Milano, comincia la caccia all’untore: si credeva, infatti, che la peste fosse procurata dallo spargimento di sostanze venefiche nelle strade e nelle piazze ad opera di loschi individui.

Non vi ricorda un po’ la storia del “paziente uno” di Codogno del quale si è tentato di ricostruire gli spostamenti e le persone che ha infettato?

Le vittime della peste a Milano sono così tante che ogni giorno passano i carretti guidati dai “monatti” a raccogliere i cadaveri per poi gettarli nelle fosse comuni, dopo aver cosparso il tutto di calce viva.

Non vi ricorda la drammatica scena dei camion grigioverdi che trasportavano le bare a Bergamo dove i “monatti” erano i militari dell’esercito?

Nel maggio del 1630 la peste se ne andò e la vita, sia pure lentamente, a Milano e dintorni ritornò a scorrere nella sua normalità.

L’auspicio è che anche oggi, dopo i lunghi mesi di patimento e di morte, tutto possa tornare come prima e che si possa tornare a riassaporare il gusto della libertà di uscire di casa, il piacere delle relazioni sociali e dello stare insieme. Anche perché, come sempre accade, dopo la bufera non può che tornare a splendere il sole.      

Fernando Riccardi      

                                                     

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