Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Piedimonte Matese, risorgimentale (seconda parte)

Posted by on Giu 15, 2017

Piedimonte Matese, risorgimentale (seconda parte)

Tutti gli operai tessili (filatori, tessitori, assommavano a 1497 uomini e 5.713 donne) con una forte presenza a Piedimonte (1670) grazie alla presenza del cotonificio diretto da Gian Gaspare Egg. Da questo quadro complessivo risalta l’analfabetismo dilagante, un solo maestro comunale ogni 1023 abitanti! Analfabetismo dovuto all’avarizia dei comuni non proprio ben disposti nello spendere nell’istruzione, dove le donne erano quasi del tutto escluse.

Sopperivano in parte a questa deficienza la forte presenza delle istituzioni ecclesiastiche. Le scuole, che dipendevano dal Mm. degli Affari ecclesiastici, erano controllate da un Ispettore distrettuale. Vigilavano pure parroco, sindaco e genitori. La rete viaria non era molto estesa, tuttavia le poche strade erano ben curate , come la Venafro-Prata, che era alberata. Nel 1857 fu inaugurata anche la strada Sannitica, Piedimonte-Gioia. Già dal 1830 funzionava la strada Borbonica, che partiva da Caserta e, per Caiazzo e la scafa di Ruviano, giungeva a Piedimonte. Ma esistevano problemi di esondazioni all’altezza dell’attuale ponte Margherita che mettevano la scafa fuori servizio, per cui fu approvato, nel 1861, un piano pluriennale per la realizzazione di un ponte stabile. (Una semplice scafa sul Volturno inferiormente a Caiazzo, nella provincia di Terra di Lavoro, serve ora al passaggio lungo la strada nazionale di Piedimonte d’Alife presso Gradiello. Ad ogni piena delle acque rimanendo la scafa fuori di servizio, ne restano conseguentemente interrotte le comunicazioni con danno non lieve di quelle popolazioni. Ad ovviare si grave sconcio ordinossi fino dallo scorso anno l’allestimento del progetto d’un ponte stabile; ma gli studi non poterono spingersi colla desiderata sollecitudine, attese le difficoltà che s’incontrarono nella scelta più opportuna pel nuovo varco. Tali difficoltà essendo state da ultimo risolte da una Commissione tecnica appositamente recatasi sul luogo, il progetto potè finalmente essere compiuto e presentato dall’ingegnere-capo della provincia, il quale non mancò di corredarlo di lutti i documenti giustificativi sia riguardo alla località prescelta, sia in proposito alla spesa calcolata di L. 511,454 20. La necessità di assicurare quanto prima quel passaggio richiede che si provveda senza ritardo all’appalto dell’opera: rimane solo che piaccia al Parlamento deliberare la spesa e ripartirla, come vien proposto, in tre esercizi successivi. Bilancio 1862 . . . L. 100,000 •  Idem 1863 … L. 200,000 . Idem 1864 . . . L. 211,454 20 – Totale L. 511,454 20). (Atti Parlamentari del Senato, Vol.II, 1861). Restavano comunque parecchi comuni del distretto privi di una carrozzabile. Un progetto rimasto irrealizzato fu quello della ferrovia Caserta-Maddaloni-Piedimonte, che sarebbe dovuta arrivare fino ai confini dello stato Pontificio. Durante il periodo liberale, sfociato nella rivoluzione Carbonara del 1820, anche il Regno ebbe la sua costituzione spagnola. In questo periodo Terra di Lavoro, con i suoi 572.170 abitanti, elesse otto deputati, solo due di essi appartenevano al distretto di Piedimonte: Perugini Pier Paolo di San Lorenzello e Giovan Battista Armieri di Venafro. La vita nel distretto scorreva abbastanza tranquilla: « sensibile minorazione di delitti »,  ma anche «  numero non indifferente di vagabondi e di inquisiti ».  In quei giorni s’erano verificati incendi di boschi, e si notavano comitive armate non permanenti, ladruncoli che « all’occasione si organizzano e sciolgono ».

La casa Gaetani restava ancora molto influente anche se aveva perduto il suo diretto dominio. Era molto influente a Corte sicché chi le era vicino poteva godere delle sue influenze ed avere una carriera facilitata. Esempio evidente fu la rapida carriera del capitano Canofari che passò da Ispettore di Polizia di Piedimonte a Plenipotenziario di Palermo, dietro chiamata diretta dell’allora Viceré di Sicilia, Onorato Gaetani. Il clero, come abbiamo visto, era pressoché onnipotente come classe sociale. Ma il terrore del clero era la Carboneria. Nel periodo che va dal 1820 al 1830 i carbonari piedimontesi erano circa cento. Questi ultimi si riunivano segretamente presso il bosco di Torcino e qualche volta anche in paese, in via Cila. Nel 1826 il papa Leone XIII li scomunicava. Nel 1825 venne inaugurato l’attuale cimitero, che servì molto nel luglio del 1837 quando comparve a Piedimonte anche il morbo del colera (già nel 1835 c’era stato il vaiuolo), era della forma peggiore e a Napoli i contagiati già si contavano a migliaia. A Piedimonte fu realizzato un lazzaretto di fortuna, lontano dal paese. Comunque i contagiati furono 91 e le vittime 43. I santi San Marcellino e san Rocco furono lasciati a Porta Vallata come per difendere il paese dalla nuova peste. Passato il periodo della Carboneria incominciò quello liberale. Verso la fine del 1847 cortei improvvisati al grido di “Viva la Costituzione!” attraversarono le vie del paese. La gente si affacciava stupita dalle finestre coi lumi accesi per osservare chi erano questi “nuovi” scalmanati. La Costituzione arrivò il 10 gennaio 1848. Il distretto di Piedimonte, che oramai contava 102.699 abitanti, ebbe eletti 3 deputati, tra i quali Vincenzo Coppola di Piedimonte e Gaetano del Giudice di San Gregorio. Ma la tanta sospirata Costituzione e gli stessi liberali che l’avevano voluta ebbero vita breve. In seguito ai disordini del mese di aprile dello stesso anno 1848, la Camera fu sciolta ed i liberali perseguitati dalla Polizia. I liberali ebbero vita dura anche a Piedimonte poiché venivano controllati a vista dalla Polizia locale. “La vita ufficiale era calma. Benessere ce n’era. Un matrimonio, la festa del Patrono, il Carnevale erano avvenimenti importanti, regolati seriamente fin nelle minuzie. Una volta la maestra di Piedimonte e quella di Vallata agli esami dell’agosto 1856, presentarono alle autorità una piccola mostra didattica delle loro ragazze. Che festa! A vedere i bei lavori di cucito, e nel sentire declamare poesie si rimase entusiasti. Segno che la buona volontà c’era. Poi tutta l’istruzione femminile fu affidata dal Comune alle Figlie della Carità (un’istituzione voluta da Don Niccola Coppola finalizzata all’educazione delle giovinette, approvata con Regio Decreto n.2624 del 17 novembre 1851) e anche qui teatrini e omaggi a monsignori ed autorità. Guardando le cose alla superficie tutto era tranquillo. Nel rapporto all’Intendenza del 3 gennaio ‘57, i « passati settari non han dato il menomo motivo a sospettare cosa in contrario all’attuale regime di Governo ». Ma è di quest’epoca (forse 1859) la seconda Loggia massonica di Piedimonte. « Figli del Matese » con 51 iscritti (l’elenco sta all’Associazione Storica del Medio Volturno) tutti i protagonisti del ‘60, di cui però ignoriamo i gradi. Cominciarono subito a screditare il Governo borbonico presso il popolo.” Ormai ci stiamo avvicinando al periodo del brigantaggio: delinquenti comuni che riuscivano a vivere alla macchia e soldati sbandati.       Un altro pericolo incombeva da secoli sul paese: quello delle inondazioni. L’ottocento piedimontese fu anche segnato appunto dalle inondazioni del 1841 e del 1857. L’arrivo delle piogge autunnali era sempre atteso con ansia e paura, ansia e paura che qualche volta diventava vero dramma. La questione alluvione fu affrontata definitivamente con la costruzione di enormi dighe alla Valle del Rivo e alla Valle Paterno. Fu anche presa in considerazione la possibilità di “ricostruire” Piedimonte nella zona di Sepicciano, ma non se ne fece nulla. Come non se ne fece nulla del “Progetto (del 1867) per regolare definitivamente il tronco del Torrente Valpaterno, dallo sbocco nella valle del Maretto fino alla confluenza del fiume Torano, nonchè per rettificare il tronco del fiume medesimo dalla detta confluenza fino al partitoio delle sue acque, collo scopo di difendere l’abitato di Piedimonte d’ Alife. Il Consiglio dei Lavori Pubblici lo rimandò domandando modificazioni che si stanno facendo”.  

La visita di Ferdinando II

Due furono gli avvenimenti più clamorosi di questo periodo a Piedimonte: la vista del Re e l’impressione per l’attentato alla sua persona. Già Ferdinando I aveva promesso una sua visita appena compiuta la strada reale. Ma morì prima che questa fosse completata. D’altra parte, il gran nome della filanda Egg spinse Ferdinando II a visitare Piedimonte il 17 aprile 1841. Arrivò di mattina e fu salutato dalle campane. Consumò una colazione nell’appartamento di Gian Giacomo Egg e poi visitò minuziosamente la grande azienda. Dopo essersi interessato di ogni cosa, manifestò il suo plauso, dette all’Egg una medaglia d’oro e lo autorizzò a chiedergli una grazia. L’intelligente industriale chiese un ponte sul Volturno per evitare le lungaggini e la spesa del passaggio sulle scafe. Gli fu promesso. Se non che, mentre il Re usciva nella strada tra la folla che lo attendeva, le « mulazze » o figlie d’ignoti, ragazze napolitane apprendiste, qui tenute con troppo rigore da Egg, si gettarono in ginocchio e chiesero gridando « Grazia, grazia ».  Si riuscì a zittirle e il Re, incuriosito, chiese che volessero. Un altro grido « La libertà, la libertà ».  Egli annuì col capo e ripetè « La libertà, la libertà! Vi sia concessa ». La carrozza reale proseguì per Palazzo ducale. Sostò a S. Maria e il Re visitò la chiesa drappeggiata per il triduo di S. Giovan Giuseppe, pregò, e poi andò al pranzo ufficiale al Palazzo. A riceverlo, dimentico delle recenti incomprensioni, era il vecchio duca Onorato, fino a poco addietro Viceré in Sicilia. Dopo visitata la sorgente del Torano, al pomeriggio il trentunenne e aitante monarca partì, seguito dalla popolazione plaudente. La visita destò ammirazione nel sovrano. Chiamò Piedimonte « tre volte bella » e « una piccola Napoli >>, perché ci si trovava tutto. Da Napoli mandò onorificenze e decorazioni. L’attentato subito l’8 dicembre 1856 servì a dimostrare l’attaccamento di quasi tutta la popolazione al sovrano. Feste in tutto il distretto, Te Deum nelle Chiese, accademie nei seminari, cortei e fiaccolate. Lo scampato assassinio era dovuto, si disse, a grazia speciale, dato che il pugnale di Agesilao Milano aveva raggiunto il corpo. In un mese si raccolsero 800 ducati e si costruì la facciata alla chiesa madre di S. Maria, dal Re visitata. Da Piedimonte partì la proposta perché nel luogo dell’attentato sorgesse un « religioso monumento » alla Immacolata. Cerimoniale esagerato nella vita ufficiale da parte dei funzionari era un’altra caratteristica di questo periodo. Quando venne in Piedimonte il generale Pietro Vial, Comandante territoriale, tutti in piedi ogni volta che veniva nominato.

fonte

blog pm2010

 

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