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Pietrarsa: officina modello ieri, museo oggi

Posted by on Ago 31, 2017

Pietrarsa: officina modello ieri, museo oggi

Lo stabilimento di Pietrarsa fu voluto da Ferdinando “perché del braccio straniero a fabbricare le macchine, mosse dal vapore il Regno delle Due Sicilie più non abbisognasse…”. Per realizzare lo stabilimento fu acquistata un’area che si chiamava “Pietrabianca” – posta tra i Comuni di Portici, S, Giovanni a Teduccio e San Giorgio a Cremano detta anche “Croce del Lagno” – ma il nome della zona era stato cambiato in Pietrarsa nel 1631 in seguito all’eruzione del Vesuvio perché la lava era giunta fino a quel punto della costa.

L’officina aveva un’estensione di oltre 36.000 Mq. Venne costruita con criteri di grande spaziosità affinchè il personale si sentisse a suo agio; in continuità ideale del “Laboratorio Pirotecnico e Meccanico” con  sede a Torre Annunziata venne dotata dì una sorprendente e vasta attrezzatura che, per l’epoca, non temeva confronti con i più moderni ritrovati della tecnica: Torni Withworth, Foratoi Manchester, Spianatoi Sharp e Collier. Inoltre ad essa venne annessa una “Scuola d’Arte” dove si insegnavano matematica, geometria, scienze meccaniche, lingue, architettura civile e disegno meccanico con applicazione pratica di arti e mestieri (Carpentiere, tornitore, fonditore e macchinista). Nel 1842 vi lavoravano già 200 operai. Nel 1845 iniziò la costruzione di una serie di 7 locomotive su modello inglese. La prima fu chiamata “Pietrarsa” e fu anche la prima ad essere consegnata alle “Regie Strade Ferrate del Regno”. Nello stesso anno le officine furono visitate dallo Zar Nicola I di Russia, il quale ne rilevò la pianta che gli servì poi per realizzare il complesso industriale di Kronstadt. Dai cantieri di Pietrarsa uscivano, sia per il fabbisogno nazionale che per l’esportazione, locomotive, rotaie, vagoni e motori per la navigazione a vapore. Nel 1847 i cantieri sono in pieno sviluppo, vi lavorano 982 operai, di cui 224 militari e 738 civili, senza contare i dirìgenti e gli impiegati amministrativi. In quegli anni la struttura è ormai completa in tutti i reparti: l’opificio di Pietrarsa è il primo nucleo industriale della penisola italiana precedendo di 44 anni la nascita della BREDA e di 57 anni quella della FIAT. Caduto nel 1860 il Regno delle Due Sicilie, cominciò il suo decadimento. Lo stato lo cedette per un canone irrisorio di lire 46.000 annue alla ditta Bozza che soppresse la Suola d’arte, aumentò l’orario di lavoro ed effettuò licenziamenti, cosa che provocò il 6 agosto 1863 fermenti tra le maestranze che furono repressi dai Bersaglieri. Lo stabilimento venne dato, tra alterne vicende, a vari Enti e Società, ma mai si pensò di effettuare un radicale ammodernamento delle strutture ed attrezzature che col tempo divennero usurate ed antiquate.

Il museo di Pietrarsa

Quando si pensò di ideare un Museo Nazionale delle Ferrovie, negli anni ’70 , la scelta cadde su Pietrarsa che dopo essere stata restaurata e risistemata nella sua primaria struttura venne parzialmente aperta come Museo nel 1982 e  poi inaugurato, in occasione dei 150 anni delle Ferrovie, nell’ottobre 1989. Nel Museo di Pietrarsa sono esposte ben 26 locomotive a vapore, 8 elettriche, 5 diesel,  2 elettromotrici a terza rotaia e 10 carrozze. Il treno più importante è la riproduzione funzionante del primo convoglio Napoli-Portici del 1839. Ricostruito nel 1939 per il centenario delle Ferrovie,  è composto da una locomotiva Bayard, una carrozza di prima classe, due di terza  e un bagagliaio.
(da un articolo di Ciro La Rosa pubblicato dalla rivista l’Alfiere); segue una galleria di foto gentilmente donateci da Elio Bellucci.

fonte

quicampania.it

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