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Pontelandolfo e Casalduni, i numeri della discordia. Controcanto al libro di Giancristiano Desideri.

Posted by on Ott 27, 2019

Pontelandolfo e Casalduni, i numeri della discordia.  Controcanto al libro di Giancristiano Desideri.

La porta (la verità), è da quasi due secoli sbarrata sugli accadimenti che portarono all’ unità d’Italia. Faticose “spallate” hanno cercato di aprire uno spiraglio (per la verità, appunto, già dalla prima ora; infatti furono molte le voci autorevoli che gridarono il loro sdegno, all’interno del neo costituito Parlamento italiano!), dal quale sfuggono lezzi nauseabondi, di crimini, soprusi, “AZZOPPAMENTI” economici di plurisecolare efficacia (Questione meridionale).

Perché questo prologo? Per rispondere, umilmente, a modo mio, al giornalista Giancristiano Desiderio pompeiano doc, studioso della vita e delle opere di Benedetto Croce: negazionista!

Afferma infatti: “A Pontelandolfo non fu strage. E nemmeno rappresaglia”. Lapidario. E da dove deriva tanta “sicumera”? Dalla base di documenti, finora mai smentiti (archivi sabaudi, relitti parrocchiali, “documenti successivi”). “Corposa” massa documentale (conosciuta esclusivamente dal Nostro), riunita nella sua, certamente pregevole opera: Pontelandolfo 1861. Rubettino editore. Euro 14. Che non spenderò.

A questo punto, quasi fosse un test comparativo, preferisco gli scritti del Pino Aprile (lo stesso Desiderio, compara la sua opera, a quelle di Aprile), tacciato spesso di essere “roboante” (ma questa è la cifra dello scrittore) come narratore storico. Spiace apprendere che sia di Pompei il “negazionista” è come essere feriti da “fuoco amico”. Non terrò qui un “processo” confutando punto per punto (certamente, non mi tirerò indietro; ma non mi dilungherò); sarà più una difesa “partigiana”, dotata di senso critico, su quanto affermato dallo scrittore pompeiano. Procediamo.

CASUS BELLI

Era il 7 agosto 1861 (a pochi mesi dalla “unificazione”) festa del Patrono; probabilmente dovevano essere numerose le persone riunite per l’occasione, richiamate anche dai paesi vicini, che s’accorpavano agli oltre 5000 paesani già presenti. Durante la processione, irruppero un gruppo di briganti, che appoggiati da Don Epifanio De Gregorio e dalla popolazione, diedero il via ad una violenta sedizione in nome del Re Francesco, inneggiando al suo ritorno.

A farne le spese, qualche giorno più tardi, l’11 agosto per la precisione, furono 45 Bersaglieri del nuovo esercito italiano, comandati dal Tenente Bracci. Erano in perlustrazione inviati dal Colonnello Negri, al quale erano giunte notizie riguardanti la rivolta in atto.

“Ho visto una città di 5000 abitanti, completamente distrutta, e non dai briganti!”

Stralcio dalla relazione del 2 dicembre 1861 del Deputato milanese Giuseppe Ferrari, che si recò a Pontelandolfo tre mesi dopo l’eccidio, guardando incredulo, le tracce violentissime di quella sanguinosa repressione. Un paese di 5000 anime raso al suolo dal terribile incendio appiccato dalle truppe savoiarde.

Solo 13 vittime?!

Informato Cialdini dalla Guardia Nazionale, nella persona del Cavalier Jacobelli (ammessa pure la “ricostruzione” gerarchica che offre il giornalista, i fatti cruenti non ne vengono sminuiti, come si vorrebbe argomentare!), diede l’ordine: “Che di Casalduni e Pontelandolfo, non resti pietra su pietra! E di non mostrare nessuna Misericordia!”

Sempre il deputato Ferrari: “… vi proposi di fare un’inchiesta affinché la metà del paese conoscesse l’altra metà fraternamente, mi rispondeste che erano mali minori, una inchiesta inutile!”

In Parlamento il Deputato Ferrari chiese formalmente una commissione d’inchiesta che gettasse luce su quei fatti di sangue, chiedendo giustizia per gli stupri, gli assassinii, gli incendi.

Girolamo Gentile al Governatore di Benevento subito dopo il massacro: ”Si renda giustizia a coloro che hanno patito queste sciagure, l’incendio delle case, la perdita di tutti i loro beni, e che ora sono nudi e bisognosi di tutto, esposti ad ogni sciagura e calamità. Infelici vittime!”

Solo 13 vittime?!

Retorica negazionista!

Carlo Margolfo Bersagliere: “Quale desolazione! Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore (crepitio!) facevano quei poveri diavoli mentre bruciavano sotto le macerie delle loro case. Noi invece, avevamo tutto pollastri, pane, vino capponi, niente mancava.

Ma non riuscivamo a mangiare, per la gran stanchezza, tredici ore di marcia!”

Solo 13 vittime?!

Rocco Boccaccino: Memorie dei giorni roventi dell’agosto 1861: “…l’eccidio che ne seguì a cui quegli uomini si abbandonarono con sevizie, inferociti e privi di ogni senso di pietà. E’ indescrivibile!”

Nelle fiamme, vanno “conteggiati” i vecchi, gli infermi, coloro che non avevano la forza di scappare.

E quelli morti successivamente per le ferite riportate?

Davvero, solo 13 vittime?!

Un appunto sui dati demografici: certamente Giancristiano Desiderio saprà che i piemontesi mettevano in fuga i “meridionali” (emigranti loro malgrado) e si piazzavano al loro posto, nelle loro case (quelle superstiti!), nei loro terreni, usurpando di fatto ogni bene.

Ecco una buona spiegazioni riguardo ai numeri demografici che tornano (se ci pensiamo bene, sta succedendo ancora ai nostri giorni!)!

I PROTAGONISTI

Il 12 agosto al Maggiore Melegari fu ordinato di presentarsi dinanzi al Generale Cialdini. Sollecitamene vi si recò, e fu ricevuto dal Generale Piola-Caselli che gli disse:” Maggiore le sarà giunta notizia dell’infame, doloroso fatto di Casalduni e Pontelandolfo; ebbene il Generale Cialdini ordina, desidera, che quei due paesi, facciano la stessa fine di Gaeta, ossia devono essere rasi al suolo e i suoi cittadini massacrati. Ella ha carta bianca, ed è autorizzata a ricorrere a qualunque mezzo. Si ricordi che il Generale Cialdini vuole che i soldati di Bracci siano vendicati. Infligga a quei due paesi la più severa delle punizioni, e a i suoi abitanti faccia desiderare la morte. Ha ben capito?”

Melegari: “Signorsì, so benissimo come si devono interpretare i desideri del Generale Cialdini. Sono stato con lui in Crimea e con lui ho fatto la Campagna del 1859, so cosa devo fare!”

L’ eccidio fu meno feroce a Pontelandolfo, perché la popolazione avvertita, riuscì a riparare sulle montagne; mentre a Casalduni, sorpresi nel sonno, non ebbero scampo.

Ebbene, esaminate seppur superficialmente le figure (o figuri?) dei protagonisti, le dinamiche dei fatti, c’è ancora qualcuno che crede ci siano state solo 13 vittime?

Melegari chiamò il Tenente Mancini e gli ordinò di andare a Pontelandolfo per ricevere istruzioni dal Generale De Sonnaz.Dopo circa un’ora il Tenente tornò, scese da cavallo e rivolgendosi al Maggiore disse:

“Possiamo tornarcene a San Lupo, il Colonnello Negri ha distrutto completamente Pontelandolfo. HO VISTO, mucchi di cadaveri, forse cinquecento, forse ottocento, forse mille, una vera CARNEFICINA!

Beh, dalla descrizione del Tenente Mancini, testimone oculare del massacro, il numero 13 delle vittime era stato superato di gran lunga, non vi pare?

Massimo D’Azeglio 2 Agosto 1861 in una lettera al Senatore Carlo Matteucci: ”Si deve aver commesso qualche errore; si deve o cambiar principi, o atti, o trovare il modo di sapere se i napoletani ci vogliono o no. Capisco gli italiani che vogliono fare la guerra ai tedeschi in Italia; ma agli italiani che, rimanendo italiani, non vogliono unirsi a noi, non abbiamo il diritto di dare archibugiate; perché contrari all’Unità”.

Troppo tardivo mea culpa; 1862 in merito alle condizioni del Sud Garibaldi, nelle lettere scritte alla vedova Cairoli: “Dio che cosa abbiamo fatto?”

E per concludere, sempre riguardo ai “numeri” (PERSONE!)…

14 agosto 2011 il sindaco di centrosinistra Cosimo Testa e lo storico locale Renato Rinaldi insieme alla Giunta, chiedono giustizia per Pontelandolfo: “Come le fosse Ardeatine ante litteram, 40 per 400. Dieci paesani uccisi per ogni soldato. Oggi a Pontelandolfo c’è un monumentino con 17 nomi e una lapide in memoria di Concetta Biondi violentata e uccisa dai soldati. Mancano centinaia di nomi, scritti solo nei registri parrocchiali. A marzo (di quell’anno!) siamo stati riconosciuti come “Luogo della Memoria”. Ma non ci basta. Vogliamo essere riconosciuti come “Città Martire” scritto sulla segnaletica.

Vogliamo che l’esercito riconosca la sua ferocia; lo invitiamo a suonare le fanfare nel nostro paese, come atto di riconciliazione. Ho giurato sulla fascia tricolore. Tutti i morti vanno ricordati insieme.

Voglio dare un senso alle celebrazioni, togliendo spazio ai rancori anti-unitari.

Ultimo sassolino: i cognomi storici dei paesi coinvolti nella strage, non corrispondono a quelli postumi alla strage stessa. Segno inequivocabile, di un “ripopolamento” extra territoriale (fatto accennato prima). Il sangue del Sud Giordano Bruno Guerri.

Leonardo Sciascia: “Questo è un paese senza memoria. Ed io non voglio dimenticare”.

Beh, neppure io.

Postilla:

oltre a cercare (ancora) documenti scientificamente mancanti, cerchino concretamente, fosse comuni, magari dentro ai boschi che circondano il paese; sono certa che le “prove” aspettano ancora una degna sepoltura, e un riconoscimento quali Martiri della Nazione.

Lucia Di Rubbio

1 Comment

  1. A parte “le prove”, come non bastassero le testimonianze dell’epoca di chi sapeva perché complice o perché vicinante, come si pensa di poterne trovare fisicamente ulteriori? …ricordiamo il memento homo: polvere sei e polvere ritornerai! fossero pure stati raccolti (da chi? e quando?) i resti delle vittime.

    Ma se il Sindaco lanciasse una petizione di supporto on line “per i Martiri della Nazione”, chi sapendo quanto è successo non aderirebbe!?… solo così a questo punto si seppellirebbero i negazionismi! Vox populi, vox Dei… e sarebbe ora! un po’ di giustizia, almeno come pendant di tutte le targhe a Garibaldi e massacratori vari che ci troviamo in giro! caterina

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