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PRONIO ACCOGLIE IL CARD. RUFFO E I SUOI SANFEDISTI NEGLI ABRUZZI

Posted by on Mar 22, 2018

PRONIO ACCOGLIE IL CARD. RUFFO E I SUOI SANFEDISTI NEGLI ABRUZZI

Week end della cultura: Rivolte dimenticate. Le insorgenze in Abruzzo e nel Regno di Napoli. Frà  Diavolo, Giuseppe Pronio e il cardinale Fabrizio Ruffo.

Sabato 24 marzo h. 17 – Libreria Rusconi, stazione Pescara Centrale

 Frà Diavolo, Giuseppe Pronio e il cardinale Fabrizio Ruffo

 

I sanfedisti, la reazione all’invasione, il 1799, Frà Diavolo. Argomenti che saranno trattati dal giornalista Fernando Riccardi, sabato 24 marzo alle 17, nella Libreria Rusconi, atrio stazione centrale Fs di Pescara, assieme a Claudio Saltarelli, editore del volume “Storia della Spedizione dell’eminentissimo cardinale Fabrizio Ruffo“. Un appuntamento importante, nell’ambito dei Week end della cultura organizzati da Fontevecchia, per conoscere la storia delle insorgenze abruzzesi e del “generale” Giuseppe Pronio: abate, armigero e capomassa.

L’Associazione Identitaria “Alta Terra di Lavoro” ha editato la ristampa anastatica della “Storia della spedizione del Cardinale Ruffo”, opera di Domenico Petromasi, risalente al 1801. Un corposo ed assai circostanziato saggio introduttivo a firma dello storico Fernando Riccardi, ricostruisce, passo dopo passo e in maniera dettagliata, la straordinaria impresa che nel 1799 portò il porporato calabrese Fabrizio Ruffo a riconquistare il Regno di Napoli, invaso dai giacobini, con la sua “armata reale e cristiana”, composta in gran parte da volontari raccolti strada facendo sotto l’emblema della Santa Croce. Fu allora che nacque l’epopea dei sanfedisti, dei lazzari, degli insorgenti, dei briganti, di Michele Pezza, alias Fra’ Diavolo.

Sarà l’occasione per parlare anche delle “insorgenze d’Abruzzo”, fenomeno storico di 219 anni fa e illustrare la figura di Giuseppe Pronio, nato nel 1760 ad Introdacqua, uomo con una certa cultura e di famiglia agiata e civile, dopo essere stato chierico, divenne armigero del marchese di Vasto. Sposato con figli, con l’arrivo degli eserciti francesi divenne uno dei più abili e temuti capimassa delle zone settentrionali del Regno. Messosi a capo di 700 uomini Pronio divenne “capomassa” ossia guida dei briganti e, in seguito, affiliandosi alla causa borbonica, Ferdinando IV, il 2 giugno 1799, lo nomina generale e comandante degli Abruzzi. Leggendario per la sua bellezza e charme, Pronio era un brigante gentiluomo che non tollerava i soprusi e che, con il suo coraggio, riuscì a riconquistare Ripa Teatina, dove i francesi avevano fatto strage dei frati del locale convento, Chieti, Ortona, Lanciano, Vasto e tentò anche di liberare Pescara difesa da Carafa. Di lui si persero le tracce dopo la battaglia del Tronto nel 1801, per riapparire nel 1804 a Napoli dove morì col grado di colonnello dell’esercito borbonico.

Il nome più famoso dell’impresa sanfedista, però, rimane quello di Fra’ Diavolo, al secolo Michele Pezza di Itri. Michele, giovane dal fisico mingherlino ma dal coltello facile, deve il suo soprannome al voto fatto dalla madre, che da piccolo, e per molti anni, lo veste con un saio francescano. Quando risponde all’appello del cardinale Ruffo, a 25 anni, ha già una taglia sulla testa. Il capo dei sanfedisti gli assegna il territorio tra Cassino, Caserta e Capua. Si racconta che in pochi giorni riesca a mettere insieme una banda di oltre duemila accoliti. Le sue veloci azioni da guerrigliero procurano non pochi danni alla ritirata francese mentre il territorio occupato dalla sua banda, sulle carte geografiche, è segnato da un cerchio rosso; giusto per segnalarne la pericolosità!

Anche per Michele Pezza si sbizzarrisce la tradizione popolare che compone:

Fra’Diavolo è arrivato
Ha portato i cannuncini
P’ammazzà li giacobbini.
Ferdinando è il nostro Re!
Fra’Diavolo da solo
Ha vinto li Franzesi,
gli abbasta pochi mesi
pe fa’ turnà lu Re!

Dopo la caduta della repubblica napoletana Fra’Diavolo diventa colonnello del re ed il suo esercito veste con giubbe di fustagno color tabacco, camiciotti di rigatino blu, coccarde bianche sui capelli a cono, cioce ai piedi. Michele Pezza muore qualche anno dopo, nel 1806, sempre al servizio del re Borbone.

fonte

www.fontevecchia.org

 

Locandina e Riferimenti

 

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