Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Storiella in rima baciata sulla pastiera. Si tratta di Ferdinando II e la moglie

Posted by on Apr 16, 2016

Storiella in rima baciata sulla pastiera. Si tratta di Ferdinando II e la moglie

Pasqua è passata ma la pastiera è anche un dolce di primavera per le mogli non napoletane e quanti non conoscono le origini.

A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
‘Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’Rre: e pur’ a Rigina”.
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordino al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un pò più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno;
pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”

 

LA LEGGENDA DELLA PASTIERA

La Pastiera è uno dei dolci simbolo della tradizione napoletana in cui si incrociano le tradizioni familiari e la scuola pasticcera classica, migliorata da suore di un monastero napoletano, che ottimizzandone le proporzioni degl’ingredienti l’hanno resa più saporita e vicina al gusto popolare.

Si prepara il giovedì santo e si mangia la domenica di Pasqua, per dare tempo agli aromi di amalgamarsi bene tra loro. Anche quando si prepara in altri momenti, occorre prepararla almeno tre giorni prima di mangiarla.

tra mito e storia

Molto probabilmente la pastiera era un dolce sacrificale che veniva offerto alla Sirena Parthenope. Una antica leggenda, il cui ricordo è ancora vivo, racconta:

 

la sirena Partenope incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avessero. Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte come simbolo dorato della vita germogliante e rafforzato dal primo alimento della vita; l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra volevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l’universo. La sirena, felice per tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli Dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena

 

In epoca greco-romana

La decorazione  a “grata” di pastafrolla sulla pastiera, in numero di sette strisce complessive (quattro in un senso e tre nel senso trasversale), a croce greca, formano la “planimetria” di Neapolis così come ancora oggi si presenta con i tre Decumani e con i Cardini che li attraversano in senso trasversale; rappresentando così, in maniera simbolica, l’offerta alla Sirena Parthenope ed agli Dei, dell’intera Città stessa, come sublime e collettivo atto di devozione. 

 

Come si sa, alle origini delle leggende dei popoli c’è sempre un fondo di verità!

 

Ingredienti per ripieno 700 gr di ricotta romana (di pecora)   400 g di zucchero. (meglio di canna mascobado) 500 gr di grano cotto per pastiera   200 gr di scorzette miste tagliuzzate 40 gr di burro 5 uova + due rossi 300 ml di latte 1 limone 1 arancia 1 bustina di cannella, 1 di vaniglia, 1 fiala di fiori d’arancio e una di millefiori un pizzico di sale pasta frolla

400g farina, 150g di zucchero, 150g di burro, 1 bustina di vaniglia, del limone grattugiato.

Si lavora mescolando con 1 uovo intero e due rossi. Si tiene circa mezz’ora in frigo.

 

Gianni Morra

identitario napoletano di adozione laborino

 

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.