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S.A.R. MARIA SOFIA, L’ULTIMA REGINA DELLE DUE SICILIE

Posted by on Apr 7, 2018

S.A.R. MARIA SOFIA, L’ULTIMA REGINA DELLE DUE SICILIE

S.A.R. MARIA SOFIA di Wittelsbach,

regina delle Due Sicilie. – Nacque a Possenhofen, in Baviera, il 4 ott. 1841 da Massimiliano, duca in Baviera, e da Ludovica di Baviera. Il padre era noto per lo stile di vita anticonformista e le molte avventure sentimentali. La madre era zia materna dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. Quinta di otto figli, M. trascorse infanzia e adolescenza tra il castello di Possenhofen, sul lago di Starnberg, e il palazzo di Monaco dove la famiglia si trasferiva d’inverno.

Era alta, con occhi neri, folti capelli castani e un bel viso. Come la sorella Elisabetta (Sissi), futura imperatrice d’Austria, era solita uscire da sola, cavalcare, tirare di scherma; praticava il nuoto, la danza e il tiro con la carabina. Dal padre aveva ereditato l’amore per gli animali: in particolare cavalli, cani e pappagalli.

Le trattative per il matrimonio con Francesco di Borbone, erede al trono napoletano, furono condotte in segreto dalla duchessa Ludovica e dalla regina delle Due Sicilie, Maria Teresa d’Asburgo Lorena, interessata a consolidare i legami con l’Impero asburgico. Il matrimonio fu celebrato per procura l’8 genn. 1859, nel palazzo reale di Monaco. Quando M. partì alla volta di Bari per incontrare lo sposo ne conosceva l’aspetto solo da un ritratto in miniatura.

Figlio di Ferdinando II e della defunta Maria Cristina di Savoia, venerata a Napoli per la sua filantropia e religiosità, ventitreenne, Francesco aveva ricevuto un’educazione umanistica e religiosa. Incessantemente sorvegliato, timoroso del padre e della matrigna, non praticava sport né si allenava all’uso delle armi; non frequentava amici né compagnie femminili.

Il 3 febbraio il «Fulminante», entrò nel porto di Bari, dove furono nuovamente celebrate le nozze. Il futuro re, all’epoca duca di Calabria, fu incantato dalla bellezza della sposa e anche Ferdinando II – il quale, benché malato, aveva affrontato il viaggio per incontrare la nuora –, provò per lei una spontanea simpatia.

Ferdinando II morì il 22 maggio 1859, nel corso della seconda guerra d’indipendenza, e nello stesso giorno Francesco II salì al trono. Divenuta regina a soli diciotto anni, M. si interessò alla conduzione del Regno, caldeggiando l’amnistia per i detenuti politici e l’abolizione della schedatura degli «attendibili» e sostenendo il governo del «costituzionale» Carlo Filangieri, in netto contrasto con la regina madre Maria Teresa, ostile a ogni concessione al liberalismo.

Il conflitto tra le due regine si manifestò anche nello stile di vita: mentre Maria Teresa era austera, pia e tradizionalista, M. fumava in pubblico, cavalcava, tirava di scherma e riempiva la reggia di cani, pappagalli e canarini; famosi erano i suoi tuffi nelle acque del porto militare. Elegante e raffinata, promosse un risveglio mondano della città, mentre la sua immagine appariva nelle cronache accanto a quelle delle imperatrici d’Austria e di Francia.

Dopo l’entrata trionfale di G. Garibaldi a Palermo, mentre Maria Teresa si rifugiava a Gaeta con i figli e un gran numero di funzionari, M. incoraggiò il re a guidare la difesa del Regno. Il 6 sett. 1860, alla vigilia dell’arrivo di Garibaldi a Napoli, la coppia reale si imbarcò per Gaeta, dove Francesco avrebbe rivelato, in oltre cinque mesi di scontri con i Piemontesi, un coraggio e una fermezza ammirevoli. M. divenne il simbolo stesso della resistenza del Regno: vestita di un costume calabrese di foggia maschile, passava in mezzo ai soldati per incoraggiarli, decorando i più valorosi con nastrini da lei stessa confezionati. Durante il lungo assedio si espose costantemente al fuoco nemico e assistette di persona i feriti. La regina-soldato divenne un mito anche tra i militari piemontesi, che la scrutavano attraverso i loro binocoli; la stampa europea diffondeva la sua immagine, mentre da ogni parte le giungevano messaggi di ammirazione.

Dopo oltre due mesi di assedio, il 13 febbr. 1861, Gaeta fu espugnata e la coppia reale, con pochi fedelissimi, si imbarcò per Terracina. Pio IX la ospitò al Quirinale, dove già si trovava Maria Teresa. Poi, stabilita la propria residenza, nonché la sede del governo borbonico in esilio, in palazzo Farnese (proprietà dei Borbone), la coppia reale progettò, insieme con legittimisti, banditi e avventurieri, la riconquista del Regno.

Il carisma di M., esaltata dai legittimisti come la «Giovanna d’Arco» borbonica, spiega l’accanimento di coloro che nel 1862 ordirono una squallida campagna diffamatoria, diffondendo fotomontaggi che la mostravano nuda, in pose oscene: foto inviate anche al papa, al re e alle corti di Vienna e Monaco. La polizia pontificia individuò nei coniugi Diotallevi, fotografi, gli autori materiali del falso. Costanza Diotallevi, processata con il marito nel febbraio 1862, disse di aver agito per incarico del Comitato nazionale filopiemontese di Roma, che, a sua volta, pubblicò un «libro bianco» per respingere le accuse.

In quel periodo M. conobbe un ufficiale dell’esercito pontificio, il conte belga A. de Lawayss, con il quale, secondo alcuni biografi, avrebbe avuto una relazione da cui sarebbero nate due gemelle. Nel giugno 1862 lo stato di gravidanza l’avrebbe indotta, pertanto, a recarsi presso i genitori a Possenhofen per poi trascorrere alcuni mesi ad Augusta, in un convento di orsoline.

Una nipote di M., la contessa Maria Luisa von Larish, nelle sue memorie, pubblicate postume a Lipsia nel 1936, sostenne di essere la figlia illegittima di M. e A. de Lawayss, adottata da Luigi e Henriette di Baviera, mentre la sua gemella, Daisy, sarebbe stata affidata al padre. Allo stato degli studi, tuttavia, non vi sono elementi certi che avvalorino questa testimonianza.

Nell’aprile 1863 M. fu convinta dai familiari a tornare dal marito, che l’attendeva con impazienza a Roma. Al termine della terza guerra d’indipendenza (1866) Francesco, abbandonate le residue speranze, sciolse il governo in esilio e lasciò il titolo reale per quello di duca di Castro. M. tornò sul campo di battaglia, a curare feriti e a incoraggiare i soldati pontifici durante gli scontri con i garibaldini a Mentana nel 1867.

Il 24 dic. 1869 la coppia ebbe finalmente una figlia, Maria Cristina, che fu tenuta a battesimo dall’imperatrice Elisabetta e dal papa in persona, ma la piccola visse solo pochi mesi.

Nel maggio 1870 Francesco e M. lasciarono Roma e, dopo aver viaggiato in Germania, a Vienna e a Budapest, si stabilirono a Parigi, in una villetta a Saint-Mandé, dove condussero vita ritirata, ricevendo solo familiari e amici intimi (tra cui il banchiere Rodolfo Rothschild) e recandosi spesso in Baviera durante l’estate. La fine del secolo portò a M. lutti dolorosi: tra il 1888 e il 1890 perse i genitori; nel 1894 Francesco, malato di diabete, morì nella stazione termale di Arco (Trentino); nel 1897 la sorella minore, Sofia, morì in un incendio a Parigi; l’anno successivo Elisabetta fu assassinata da un anarchico. Vedova e priva di mezzi, M. si trasferì a Neuilly-sur-Seine, dove impiantò con successo un allevamento di cavalli da corsa. Dopo il regicidio di Umberto I (1900), fu sospettata di tramare contro i Savoia con legittimisti borbonici e anarchici, tanto che G. Giolitti ottenne che fosse ammonita dall’imperatore d’Austria e dal governo francese. In occasione della Grande Guerra tornò in Baviera e, dopo Caporetto, prestò assistenza ai prigionieri italiani.

Impoverita dall’inflazione postbellica, trascorse l’ultimo periodo della sua vita a Monaco, nel palazzo del fratello Carlo Teodoro, continuando a seguire, attraverso la stampa, le vicende politiche internazionali. Morì a Monaco il 18 genn. 1925.

Le sue spoglie, insieme con quelle del marito e della figlia, nel 1938 furono traslate a Roma e nel 1984 a Napoli, nella basilica di S. Chiara. La sua vita ispirò poeti e narratori, come A. Daudet (Les rois en exil), G. D’Annunzio (Le vergini delle rocce), M. Proust (La prisonnière, in À la recherche du temps perdu).

Antonio Petacca

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