Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Sensibili Intese di Adriana Dragoni

Posted by on Gen 19, 2018

Sensibili Intese di Adriana Dragoni

C’è uno straordinario fermento culturale a Napoli? Taluni osservatori dicono di si. È come se un qualcosa custodito nel corpo flegreo di un vulcano addormentato si fosse risvegliato. Ora ribolle. Ed ecco un’abbondanza di arte, storie, musica, canti, cori, poesie, invenzioni, sogni che vengono fuori dai pori di questa città. Città porosa – ma non perché assorbe ma perché dà come ha sempre dato.

 Pori, tanti pori. E sono luoghi deputati alla bisogna ma anche strade, chiese, monasteri, anche di clausura (quello delle Trentatré), sono antichi sotterranei e finanche catacombe, come quelle del quartiere Sanità, dove i giovani de “La Paranza” organizzano spettacoli teatrali. E i pori si moltiplicano. E sono studi fotografici, dove si inventano performances. come lo studio di Luciano Ferrara nel cuore di Napoli. O anche uscite minime: piccoli spazi a fronte strada diventati interessanti gallerie d’arte, come il “Frame” di Paola Pozzi, al corso Vittorio Emanuele (ex corso Maria Teresa, dal nome della regina Borbone).  Mentre nascono nuovi centri culturali e teatri. E Peppe Morra ristruttura vecchi edifici fatiscenti del centro storico e così aggiunge un terza casa alle sue esibizioni d’arte contemporanea.

 Non basta. Si aprono anche le abitazioni private a diventare gallerie d’arte. Ecco quella al Vomero, viale privato Winspeare 62, dove abita Lucia Mugnolo, una bionda signora che ci accoglie con il suo pronto sorriso e una calda tisana allo zenzero. Che è proprio quello che ci vuole. Fuori piove e c’è il buio di una sera fredda, umida, uggiosa. Ma qui, nel chiaro appartamento non grande ma ampio, che le opere esposte non affollano né opprimono, c’è, energetica, la bellezza dell’arte.

 C’è quella di Carmen Novaco. Arte freschissima, modernissima e antica sono quei suoi pannelli di lucido metallo che hanno vari, intriganti disegni geometrici. “Sono brani di tappezzeria di aerei” – mi rivela Lucia Mignolo – “ I vecchi objéts trouvés nella modernità più tecnologizzata”- osservo.

Questi lucidi pannelli fronteggiano, sulla parete opposta e gli si oppongono in contraddittorio, quelli di Alfredo Celli, che invece assorbono luce e non la rimandano. Elegantissimi, hanno delicate sfumature di grigio e, con cavità e sporgenze circolari, sembrano mimare i giochi diversi della pietra. Ma sono realizzati, con un’arte attenta ed esperta, in semplice cartapesta, Un’arte antica che ci porta a citare che a Napoli si trovano, fatte di cartapesta,  ma sembrano di marmo, anche antiche sculture sacre di grandi artisti.

Ed ecco, all’ingresso dell’appartamento Mugnolo, racchiuso nei decisi segni triangolari di una cornice metallica, un soggetto antico, attualissimo ed eterno. È un Vesuvio che, mentre fuori si staglia nel cielo, e lo si può vedere dal balcone, sta anche lì, sulla parete, e dal suo cratere erutta proiettili. Davanti a questo quadro c’è un lume rosso. Che, se lo si spegne- ci accorgiamo-, sembra che i proiettili diventino più pesanti e ricadano in basso; invece la luce rossa gli dà energia e li spinge in alto, verso il cielo. Il lume ce lo ha messo Lucia, collaborando a questa bella opera di Carmen Novaco, che c’insegna che l’antico è sempre nuovo e il nuovo è sempre antico.

Cosa che chiaramente ci dice, con la sua arte, Maria Pia Daidone, una piccola grande signora che si esprime con l’oro delle sue opere. Sono fasci di strisce lucenti, piegate in ampie, asimmetriche curve. Luce, luce, luce. Luce accecante di Napoli, brillii sul mare, luce brillante sacra e regale, luce dell’anima e del cuore. La straordinaria lucentezza di queste strisce sembra rifarsi a una luce eterna. Realizzata semplicemente, con l’invenzione di una tecnica artigianale.

 “Tutto nasce dall’idea – spiega Maria Pia – Ed è in base a un’idea che ci si inventa una tecnica. Queste strisce, di semplice cartone, sono ricoperte da uno smalto, la cui lucentezza viene accentuata dalle  pennellate di nera anilina che ho spalmato tra l’una e l’altra striscia”. Ci sono, in mostra, di Maria Pia, anche piccoli preziosi libri, che hanno l’oro della sapienza antica conservata a Napoli, che, (notizia utile ma semisconosciuta) essendo stata sempre città, sin dalle sue greche origini, ha la più lunga continuità storica dell’Occidente.

Sapienza antica, alchemica, oscura e luminosa. Che ci riporta al lume eterno del principe di Sansevero. “Sono sempre stata attratta dal Principe. Ha nascosto nella sua famosa cappella simboli alchemici, misteriosi e pregnanti, che sembrano custodire il segreto di Napoli. Li ho studiati e continuo a studiarli: mi affascinano. – dice Maria Pia – Ci parlano di vita e di morte. Sembrano volerne svelare il segreto e lo nascondono”.

Nella controfacciata della cappella Sansevero un morto, in scultura, scavalca la tomba dove era stato messo, e sembra voler tornare nel mondo dei vivi: vuole vivere ancora. Maria Pia mette in mostra anche una piccola valigia. È tenuta aperta. Dentro ci sono dei simboli: il disegno di una figura umana e quello di una mano, vari oggetti e un piccolo libro: cose care e misteriose, cose amorose.  A Napoli c’è vita e c’è amore. Ma vi sono anche forze malvagie. Ed eccone i simboli: bruttissimi ma bellissimi mostri. Sono sculture realizzate da Maria Pia.

Rappresentano le forze malefiche che esistono anche nella realtà quotidiana.  Qui sono una sorta di uccellacci e hanno “colori scuri, ali dorate e artigli di bronzo”. Così come ce li descrivono gli antichi, che parlano delle Gorgoni, citate anche dal cumano Omero e da Esiodo. Si trovano anche nelle antiche chiese napoletane. La chiese più facilmente sono sopravvissute al tempo. E Maria Pia qui vi è andata a cercare i mostri.

E mostri ce ne sono tanti nella realtà. E vanno contro Napoli. Anche mostruosità di tipo culturale. Quelle che passano attraverso gomorre e televisioni, come se Lei avesse l’esclusiva della criminalità. Quelle che parlano, quando è stata capitale di regni, di “dominazioni” alle quali sarebbe stata soggetta. Quelle che, quando gli va bene, dicono che Napoli è “un crogiuolo” di culture estranee, come se non avesse alcuna identità.

E dicono d’insegnamenti  che avrebbe avuto da questi e da quelli. Mentre é soprattutto Lei che ha dato i suoi insegnamenti al mondo. Napoli è stata maestra di civiltà, di umanità, di libertà, di vita. E, nonostante tutto, potrebbe continuare ad esserlo. Speriamo.

 

Sensibili Intese

opere recenti di

Alfredo Celli, Maria Pia Daidone, Carmen Novaco

a cura di Maurizio Vitiello

CASA MUGNOLO

Viale Privato Davide Winspeare, 6/Largo Martuscelli, 35 – Is. 6

80127 – Napoli

Scheda della mostra “Sensibili Intese”

 

a cura di Maurizio Vitiello

 

Questo momento espositivo ci fa intendere che si ha voglia di incontrarsi. Nei nuovi segmenti interpretativi degli artisti Alfredo Celli, Maria Pia Daidone e Carmen Novaco sono sostanziate centralità di ricerca e d’indagine. Il linguaggio dell’arte si sviluppa con uno studio attento della sua semantica. L’approfondimento sui sentieri dell’arte contemporanea apre a nuove condizioni analitiche e riuscire a programmare una nuova frontiera visiva dipende, non soltanto, ma anche, da un concorso di considerazioni e di osservazioni. L’importante è la tensione creativa, il senso del futuro nelle opere attuali, il peso cognitivo nelle capacità estroflessive delle opere. Inquadrature, campiture, segnature, segni, segnacoli, sottolineature, plasticità, incisioni, luci, tagli di riflessione, angolazioni nuove, motivi disparati si sostanziano e mille ragioni si determinano e tutte portano al dialogo, alla conversazione, al confronto serrato.

Le opere d’arte sono strumenti e utili dispositivi visivi, che permettono di esplorare “l’identità del mondo”.

 

Alfredo Celli ai suggerimenti tattili e vibranti dell’immagine accosta riuscitissimi dettati costruttivi e segmentazioni decostruttive. Redige progetti compositivi e riesce a compensare visioni, che vivono di segmentazioni e parzialità, e a operare tagli accostati a coppie visive del piano e del concavo, del chiaro e dello scuro, del pieno e del vuoto, e non solo.

 

Maria Pia Daidone negli ultimi impianti compositivi investe nelle qualità cromatiche del rame, dell’oro, del rosso e del nero. Continua la produzione, su sfondi lattiginosi e frastagliati, di battenti tessere d’oro, attraversate da motivi forti, indirizzate a continuare in un sentiero palpitante, a richiamo di vita in una luce divina. Sacro e profano s’accordano.

 

Carmen Novaco con elegantissime composizioni riesce a toccare piani pittorici e scale plastiche in combinazioni che evidenziano esemplari realizzazioni di raffinata declinazione astratto-geometrica. Gli esiti reggono un ventaglio di proiezioni sensibili e riproducono andamenti, torsioni, incroci e aggettazioni per sottolineare codici aperti a nuovi accostamenti e a soluzioni libere.

 

Durante l’evento espositivo è stata presentata da Pino Cotarelli, Enzo Le Pera, Carlo Spina, moderati da Maurizio Vitiello, la pubblicazione “Percorsi d’Arte in Italia 2017”, Editore Rubbettino.

 

Dopo il successo delle edizioni del 2014, 2015, 2016 prosegue la rilevazione d’interessanti artisti, italiani e stranieri, viventi o scomparsi, che oggi operano o hanno operato nella seconda metà del secolo scorso sul territorio nazionale. Gli artisti presenti nel volume sono stati scelti da una commissione formata da critici di livello nazionale. Questa convincente “bussola-guida” permette di conoscere i molteplici linguaggi visivi, odierni o passati, e permette di orientarsi nella complessa dialettica delle varie realtà artistiche ed è indirizzata a un vasto pubblico di artisti, collezionisti, critici d’arte, galleristi, addetti ai lavori o semplici amanti dell’arte.

fonte

agenziaradicale.com

 

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