Alta Terra di Lavoro

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Un passato che non passa…..di Zenone di Elea

Posted by on Lug 29, 2019

Un passato che non passa…..di Zenone di Elea

Un passato che non passa, in tutti i sensi. Perché ne subiamo le conseguenze ancora oggi, basta guardare le migliaia di persone che ogni anno abbandonano il Sud-Italia e perché non passa nelle teste delle persone, dei meridionali in primo luogo.

Leggendo la lettera del ragazzo di Gioiosa con le sue domande e la risposta che gli dà Zitara sentiamo che sono due mondi incomunicabili, che non riescono a dialogare. Sinceramente ci viene lo sconforto, pensando che forse non vi riusciranno mai.

Eppure sta tutto qui, in questo dialogo tra sordi il nostro dramma: l’incapacità assoluta di creare un soggetto politico autonomo che faccia effettivamente, per la prima volta nella storia dell’Italia unita, gli interessi del “Mezzogiorno”.

Le parole del ragazzo sono anche le nostre, di tanti anni fa, agli inizi degli anni settanta, quando frequentavamo l’ultimo anno delle scuole superiori in un pesino del Cilento e, nonostante del famoso ’68 sapessimo ben poco, volevamo cambiare il mondo, addirittura farlo diventare “socialista” perché solo così si sarebbero risolti tutti i mali passati e presenti del nostro Sud. Mali che costituivano l’atavico retaggio di una monarchia retriva e corrotta, quella borbonica, se non degli spagnoli o dei latifondisti romani e chi più ne ha più ne metta.

Almeno così ci indottrinavano a scuola.

Col tempo ci siamo resi conto, a fatica diciamolo francamente, che di balle ce ne avevano raccontate tante. Che non venivano da un paese senza storia, che quel paese una storia ce l’aveva, non era poi così male e che una guerra civile, in cui eravamo gli sconfitti, l’aveva cancellata.

Ora che non beviamo più alla fonte delle frottole, vorremmo che anche altri lo facessero. Non solo noi lo vorremmo, tanti amici sparsi per i vari continenti e altri residenti al Sud, come l’amico Zitara che ha speso tutta la sua vita per chiudere quel rubinetto di fandonie, lo vorrebbero.

Con l’acqua di quel rubinetto siamo cresciuti, sono state forgiate le coordinate interpretative della nostra storia, liberarcene è impresa ardua.

Quando noi che abbiamo saltato il fosso delle menzogne sentiamo o scriviamo certi nomi patrii, tipo Cavour o Garibaldi o Savoia, pensiamo alle migliaia di contadini morti oppure alle officine di Pietrarsa chiuse dopo l’unità, ma quando li sentono gli altri (ricordiamocelo, questi altri rappresentano il 99,9%) pensano ai padri della patria e nel migliore dei casi a roba vecchia, ottocentesca.

Che c’azzecca Garibaldi con la mafia e la criminalità organizzata, per esempio?
Che c’azzeccano i Savoia col malcostume meridionale?
Che c’azzecca Cavour con la mancanza di iniziativa imprenditoriale?

Se passiamo al termine “borbone” a noi viene in mente che Ferdinando II tramutò tutte le condanne capitali, che si inimicò gli Inglesi con la questione degli zolfi, agli altri viene in mente la bufala delle bufale ovvero quel falso storico della “negazione di Dio” del Gladstone, ‘gentiluomo’ inglese che non aveva mai visto una galera borbonica e lo ammise egli stesso, ma questa precisazione sui libri si storia non è mai passata.

Potremmo continuare all’infinito con i soliti luoghi comuni. Vallo a spiegare al ragazzo di Gioiosa che in Sicilia la mafia fece il primo salto di qualità appoggiando l’avanzata dell’eroe dei due mondi e che l’ordine pubblico nella Napoli garibaldina fu appaltato ai camorristi.

Magari ti obietta che bisogna guardare avanti, non al passato. Come possiamo fargli capire che è proprio in quel passato che non passa il nostro dramma maggiore, che se non ne prendiamo coscienza saremo sempre dei lacchè, dei senza patria, senza passato e senza futuro?

Noi che da anni, nel nostro piccolo, con estenuanti e infeconde discussioni con decine di amici e conoscenti, abbiamo provato a farlo, ci siamo resi conto che non è una questione culturale. Non si tratta più di riscrivere libri, di partecipare a convegni, di rendere omaggio ai nostri morti dimenticati.

Si tratta di semplice politica.

Solo un soggetto politico nuovo, unitario, può provocare un diffuso risveglio delle coscienze. Sta in noi che quel salto lo abbiamo fatto, la responsabilità di abbandonare tutte le diatribe, i personalismi, le piccole invidie e il nostro orticello e cercare di volare alto.

Qualche segnale in questi giorni lo abbiamo colto, speriamo che non si riveli effimero. Tanti “ragazzi di Locri” di varie età, sparsi per l’intera penisola e in altre parti del mondo, attendono quel segnale.

Solo così potremo riprenderci quello che – in un editoriale da leggere della rivista “L’Alfiere” – Edoardo Vitale definisce con una felice metafora “le chiavi di casa”.

Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

Bibiografia essenziale
L’UNITÀ TRUFFALDINA, Nicola Zitara – e-book (edizione elettronica)
IL SUD E L’UNITÀ D’ITALIA, Giuseppe RESSA – e-book (edizione elettronica)
LA STORIA PROIBITA – AAVV (Introduzione di Nicola Zitara)
L’UNITÀ D’ITALIA: NASCITA DI UNA COLONIA, Nicola Zitara
PER LA CRITICA DEL SOTTOSVILUPPO MERIDIONALE di E. M. Capecelatro e A. Carlo
STORIA DEL BRIGANTAGGIO DOPO L’UNITÀ di Franco Molfese
ITALIANI, BRAVA GENTE? di Angelo Del Boca – Editore Neri Pozza, 2005
L’UNITÀ D’ITALIA: GUERRA CONTADINA E NASCITA… di M. R. Cutrufelli
I SAVOIA E IL MASSACRO DEL SUD, Antonio Ciano, Grandmelò
L’IMBROGLIO NAZIONALE, Aldo Servidio, Guida Editore
LA CONQUISTA DEL SUD, Carlo Alianello, Rusconi Editore
L’eredità della priora, Carlo Alianello, Feltrinelli, 1963
I LAGER DEI SAVOIA, Fulvio Izzo, Controcorrente, Napoli
DUE SICILIE, 1830 – 1880, Antonio Pagano, Capone, Lecce
I NAPOLITANI AL COSPETTO DELLE NAZIONI CIVILI di Giacinto de Sivo
STUDI SUL MEZZOGIORNO REPUBBLICANO di Luca Bussotti
LA RAZZA MALEDETTA di Vito Teti
II RISORGIMENTO VISTO DALL’ALTRA SPONDA di Cesare Bertoletti
IL BRIGANTAGGIO IN IMMAGINI di Carlo Palestina
Brigantaggio lealismo repressione nel Mezzogiorno 1860-1870 (Catalogo Macchiaroli, 1985)
Cattivi esempi – Storie dimenticate dell’Italia “perbene” (Mario Pacelli)

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