10 Maggio 1734: Napoli diventa capitale di uno Stato indipendente che sarà prospero
Il 10 maggio 1734 Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, entrò trionfante a nella città di Napoli rendendola capitale di uno Stato indipendente.
Dopo varie vicende che riguardavano la lotta per la successione alla corona spagnola tra i Borbone di Francia e gli Asburgo d’Austria, alla morte precoce e senza eredi di un Carlo II deforme e malaticcio fin dalla nascita (a causa dei matrimoni tra consanguinei), nel 1707 gli Austriaci invasero il Regno di Napoli, mentre il Regno di Sicilia, che dal 1713 fu dato a Vittorio Amedeo II di Savoia, nel 1720 passò ancora agli Austriaci, che riuscirono dunque a riunire sotto un’unica corona il territori del Mezzogiorno d’Italia. Gli Asburgo, che avevano promesso al popolo e alla nobiltà napoletani che sarebbero stati governati in un regno indipendente, senza essere una semplice provincia austriaca, smentirono tale proposito deludendo gran parte di coloro che speravano nell’indipendenza stessa, creando un certo smembramento all’interno del Regno di Napoli.
La parentesi austriaca tuttavia durò poco, perché il figlio del Re di Spagna prese il Regno di Napoli, come abbiamo detto, nel 1734, entrando a Napoli il 10 Maggio. Il pretesto dello scontro armato tra Spagna e Austria fu ancora una volta la successione a una corona, stavolta quella polacca, che all’epoca non si trasmetteva ereditariamente, bensì era elettiva. Una prima elezione fu resa nulla a causa della mobilitazione delle truppe armate da parte della Russia, alleata dell’Austria, e così alla seconda fu scelto come Re Federico Augusto II, sostenuto proprio da queste due potenze. La Francia e il Regno di Sardegna, allora, mossero guerra all’Austria, e in seguito a difficili trattative nell’alleanza rientrò pure la Spagna, grazie soprattutto a Elisabetta Farnese, la madre di Carlo, che desiderava per il figlio quella che definì “la più bella corona d’Italia”. In seguito i rapporti tra la Spagna e gli alleati si incrinarono, e Carlo partì per Napoli da Parma, dando contestuale ordine di trasferire l’imponente collezione Farnese, di sua proprietà, e che ancora oggi possiamo ammirare tra Capodimonte e il Museo Archeologico di Napoli, prevedendo un possibile tradimento dei Francesi e dei Piemontesi.
Dopo la discesa dello stivale, il passaggio autorizzato dal Papa attraverso lo Stato della Chiesa e le prime conquiste, don Carlo entrò a Napoli il 10 Maggio 1734, festeggiato dal popolo stanco della dominazione austriaca e dai nobili, i quali vedevano rinnovate le speranze di indipendenza. Le resinstenze austriache, tuttavia, erano tutt’altro che domate, e gli Spagnoli dovettero conquistare le roccaforti una ad una: il 26 maggio ci fu la storica battaglia di Bitonto, vicino Bari, dove ancora si svolge la rievocazione degli avvenimenti dell’epoca, in ricordo del punto di avvio di una nuova prosperità per il Mezzogiorno, fino al 24 Novembre, con la caduta di Capua. Nel 1735 Carlo scacciò gli Austriaci anche dalla Sicilia, venendo incoronato Re di Sicilia il 1735, a Palermo. I due Regni saranno poi uniti anche formalmente nel 1816 dal figlio di Carlo, Ferdinando, dando vita al Regno delle Due Sicilie. A Napoli, secondo l’investitura papale, fu Carlo VII, in Sicilia Carlo III, però egli scelse di non usare nessuna titolatura perché i sovrani precedenti regnarono da un trono straniero: il Re identificò se stesso, a questo punto, semplicemente come “Carlo”.
Don Carlo, il buon Re, fu un sovrano amato dal popolo e che amò il popolo, tanto che, dovendo abbandonare Napoli perché la corona spagnola nel 1759 era rimasta senza eredi, se ne andò palesemente controvoglia; in Spagna divenne Carlo III, non essendoci, questa volta, alcuna diatriba circa la numerazione. Nel frattempo Carlo aveva avviato una serie di interventi
che faranno prosperi i suoi regni, e di Napoli una delle principali capitali d’Europa. Inaugurò gli Scavi Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, oltre alle costruzioni del Teatro di San Carlo, le Regge di Portici e Capodimonte, il Foro Carolino (l’attuale Piazza Dante a Napoli), la Reggia di Caserta, gli Alberghi dei Poveri a Napoli e Palermo, oltre ad altri diversi interventi in tutti i suoi territori, in particolar modo di tipo amministrativo e politico. Il riportare alla luce le città sepolte dal Vesuvio creò grande entusiasmo in tutta l’Europa, vale a dire in tutto il mondo, e Napoli divenne la meta finale e più preziosa del Gran Tour; lo stesso Re Carlo si recava spessissimo a controllare lo stato degli scavi, e portava sempre al dito un anello che aveva trovato a Pompei, l’anello che poi restituirà in quanto di proprietà del popolo napoletano, quando se ne partì per la Spagna. Imparò la Lingua Napoletana per essere in grado di capire e comunicare con il suo popolo e, secondo una leggenda, in Spagna portò con sé anche un po’ del sangue di San Gennaro.
Francesco Pipitone