1799 A CASTELLINO DEL BIFERNO, NASCE IL MOVIMENTO CULTURALE SANFEDISTA?
L’undici ottobre 2020 l’Ass. Id. Alta Terra di Lavoro fa tappa a Castellino del Biferno per presentare il testo di Petromasi sull’epopea della marcia dei Sanfedisti del Card. Fabbrizio Ruffo grazie alla volontà del Sindaco Enrico Fratangelo salito alle cronache per la sua attività politica identitaria che sta mettendo in fibrillazione le autorità pubbliche a cominciare dalla Prefettura di Campobasso.
Castellino del Biferno ha nel suo patrimonio genetico delle forme di ribellione e questo ce lo dice la sua storia a cominciare dal fatto che solo nell’anno mille è arrivato il cristianesimo per diventare poi grande centro cristiano e cattolico, è stato sede di infuocate insorgenze sia nel 1799 che nel 1860 e ancora, nel Regno d’Italia, ha avuto la forza di mettere un epigrafe dedicata a Leone XIII che è passato alla storia per un anti massonico e anti risorgimentale continuando con tenacia la politica del “non expedit” inaugurata da Pio IX con la quale si chiedeva a tutta la popolazione cattolica italiana di non partecipare alla vita politica e alle elezioni che si tenevano nel Regno d’Italia.
A questa epigrafe poi se ne affiancò un’altra, dal messaggio opposto di quella suddetta, dove si considerava la Prima Guerra Mondiale come la IV Guerra d’Indipendenza che confermava la versione della vulgata patriottica che considerava la Grande Guerra la chiusura dell’epoca Risorgimentale e nasceva li l’Italia.
Non è un caso che fino a poco tempo la festa nazionale era il 4 novembre e siccome non ci si sentiva appagati o forse non ci si sente troppo italiani, ora ce ne sono addirittura quattro, 17 marzo, 25 aprile, 2 giugno e per l’appunto 4 novembre peccato che poi il Tempio a cielo aperto nazionale, il Gianicolo, è ridotto in condizioni vergognose.
Arrivando a Castellino subito ci siamo resi conto che nonostante fosse un paese di 500 abitanti, come tanti ormai nel nostro ex Regno, a differenza di altri paesini del nostro territorio non ti da il senso di spopolamento ma il contrario ed emerge con forza un’importante componente giovanile, infatti ci sono molti giovani e tutti molto attivi, attaccati al proprio borgo, pieni di spirito d’iniziativa e assetati di una gran voglia di sapere e di conoscere le proprie radici.
Da 5 anni andiamo in giro per il Regno a presentare il 1799 e l’epopea Sanfedista ma mai abbiamo visto una sala piena di giovani come a Castellino, certo la maggioranza di loro ancora tifa per la “Rubentus”, come la maggior parte della popolazione ubicate al di qua del Garigliano, ma prima o poi capiranno che questo sentimento calcistico poco si sposa con il sentimento identitario e dovranno fare una scelta.
Inutile dire che il protagonista della giornata è stato il Card. Ruffo Molisano e Sindaco di Castellino del Biferno, Enrico Fratangelo che tra le tante persone che hanno letto il testo di Petromasi è stato l’unico, insieme a Domenico Tagliente e molto immodestamente al sottoscritto, a cogliere il vero messaggio che il testo ci trasmette. Enrico ha capito che l’unica cosa da fare se vogliamo che la nazione napolitana, oggi miseramente identificata con il termine meridione, possa risorgere dalle ceneri in cui l’hanno trasformata è recuperare lo spirito Sanfedista che è stato l’ultimo colpo di coda vincente della nostra battaglia a difesa della millenaria storia della nostra Terra.
Enrico ha capito attraverso la lettura del testo di Petromasi che nei Sanfedisti era racchiuso lo spirito dei popoli Italici composto dai Bruzi, Italioti, Lucani, Cilentani, Sanniti, Osci, Aurunci, Marsi, Ausoni, MagnoGreci, che grazie alla loro forza e alla loro cultura furono gettate le basi della civiltà Europea e ha permesso, altresì, di tenere testa al cesarismo Romano per un secolo.
Enrico ha capito che questo giardino etnico storico era stato tenuto insieme e salvaguardato grazie al Cattolicesimo e alla tradizione e che l’unico condottiero di quella armata di “folli” non poteva che essere il Card. Fabbrizio Ruffo che aveva intuito che per fondere tanti spiriti in uno solo doveva chiamare la sua Armata Reale e Cristiana, comunemente detta Sanfedista.
Ovvio che Enrico ha messo in risalto le pagine del testo in cui si parla del popolo Sannita e della “Real Truppa Sannita” e subito le ha collegate non soltanto alla forza del guerriero ma anche agli scavi di Sepino e di Pietrabbondante dove si trovano le prime sedute ergonomiche considerandole dei semi della civiltà Sanfedista.
La confusione che regna nel mondo identitario è tanta ma questo non deve sorprendere perché qualsiasi bambino quando nasce e comincia a muovere i primi passi è confuso ed esplorativo ma la grande energia e vitalismo datagli dalla tenera età gli permette di andare avanti anche se tra cadute e capitomboli che tanti bernoccoli gli fanno nascere.
Vediamo che ingenuamente, non in tutti alberga questo tenero sentimento, vogliono etichettare questo mondo come meridionalista non considerando che questo termine è lombrosiano e nasce con l’Unità d’Italia grazie alla forte componente dei galantuomini meridionali traditori ed infami che per distinguersi nel neonato Regno d’Italia si ubriacarono di positivismo e razzismo verso il 98 per cento della popolazione napolitana ingraziandosi cosi le benevolenze e le simpatie dei tosco padani.
Per la maggior parte degli attivisti o simpatizzanti il termine meridionalista è simbolo d’orgoglio non rendendosi conto che è strumentalizzato dai nipotini di Don Liborio per portare in un binario morto un movimento che muove i primi passi svuotandolo cosi da tutte le passioni e gli ardori continuando a tenere in uno stato di colonia di una subnazione, la nazione napolitana per conto dei toscopadani avendo in cambio privilegi e carriere facili.
Questi nipotini vengono da tutte le parti da destra come da sinistra, usiamo questi termini solo convenzionalmente e sintesi, e fino a qualche tempo fa la loro operazione aveva portato dei risultati ma quando sono emersi i primi scricchiolini il potere risorgimentale giacobino s’inventa l’operazione 5 stelle riuscendo così a convogliare su di loro tutti i malumori, le “incazzature”, l’ardore e lo spirito d’iniziativa di tanti giovani del “Sud” buttandoli questa volta non in un binario morto ma in mare morto come stiamo vedendo in questi ultimi mesi diluendo nel nulla la gestazione di un movimento identitario.
L’operazione 5 stelle non poteva non fallire, per la gioia di chi l’ha creata e la delusione di un popolo, perché è un movimento giacobino che ha come padri spirituali Rosseau, Voltaire, la Repubblica da operetta napoletana e la Rivoluzione Francese e nei valori che la incarnano. Prendono in prestito i termini come direttorio, comitato di salute pubblica o gli stati generali ma tutto questo nulla a che vedere con le nostre origini, con le nostre radici, con le nostre tradizioni, con il nostro Regno, con i nostri briganti, con i nostri lazzari e con i nostri sanfedisti che hanno combattuto e sono morti per difendere la nostra civiltà, quella napolitana. Basta ascoltare il Canto dei Sanfedisti per capire che pur essendo senza istruzione e degli analfabeti avevano capito in anticipo dove ci avrebbe portato il giacobinismo.
Nelle parole di Enrico Fratangelo invece ho finalmente visto la possibilità di prendere l’unica strada possibile, da tempo che cerco di farlo comprendere, che è quella che porta alla nostra vera identità e civiltà proteggendola da qualsiasi inquinamento dato dalle ideologie che fino ad ora non hanno permesso la nascita di un movimento politico meridionalista. Enrico ha utilizzato due parole come Fede e Cultura, usate più volte nel convegno anche da Fernando Riccardi, che in una sola parola possiamo chiamare Cultura Sanfedista. In Francia esiste il movimento culturale Vandeano, in Austria rinasce quello degli Asburgo, in Russia quello Ortodosso e noi possiamo creare il “Movimento Culturale Sanfedista” che è solo nostro infatti quando si parla del triennio delle insorgenze il Sanfedismo viene usato solo per il nostro Regno per motivi antropologici e perché il nostro cattolicesimo è una cosa diversa e non può essere accomunato a nessun altro territorio. Tanti storceranno il naso a cominciare dall’ambiente identitario perché il Sanfedismo è una parola che fa tremare i polsi e a qualcuno genera imbarazzo, ma non vedo altre strade e non deve spaventare se all’inizio saremo in pochi a dare vita a questo movimento ma se il Card. Ruffo iniziò con pochissimi uomini l’avventura perché non può farlo Enrico Fratangelo da Castellino del Biferno?
Non so se Enrico è d’accordo o se ha un’altra idea e forse le mie sono le speranze di un sognatore, di un visionario o peggio ancora di un folle ma certo, come detto pocanzi, il Sindaco di Castellino ha capito lo spirito che albergava nelle genti napolitane tirate fuori dal Card. Ruffo che non nascono dal nulla ma da una storia antica e lontana.
Non c’e molta fatica da fare perché la casa dei Sanfedisti già esiste e dopo averle tolto tutta l’edera che per secoli l’ha avvolge bisogna solo togliere il lucchetto e aprire la porta; non bisogna provare più disagio o imbarazzo per entrarci perché li dentro c’è la nostra storia, la nostra civiltà e la nostra anima.
Enrico Fratangelo è un molisano e come tutti i molisani, che sono sempre avanti, quando ci parli ti rendi conto che ha una marcia in più, come i napoletani del resto, che nasce dal fatto che ha una storia antichissima che si porta dentro inconsapevolmente ed è per questo penso che è l’unico che può inserire la chiave in quella serratura perché ha la personalità, il carisma e la capacità per farlo. In tutto quello che fa, a cominciare dalla storia dei ducati, c’è lo spirito dei Sanfedisti che racchiude il mondo basato sulle tradizioni, sulle consuetudini, sul diritto, sull’ impostazione politica basata sull’Impero Romano e sul Regno di Napoli, perché ci sono dentro le “Assise di Ariano” e perché il nostro era il Regno Sacro.
Il sindaco di Castellino del Biferno non deve dimostrare più nulla come uomo e come politico perché il suo modo di essere e quello che ha fatto e che sta facendo lo dimostrano, ma se non vuole essere passare per l’Asterix del mondo identitario o peggio ancora essere ricordato un giorno come un personaggio folkloristico che si è messo a “pazzià” con il Prefetto deve mettersi al comando della nuova armata, ma questa volta pacifica, Sanfedista ma quanto meno provarci.
Di seguito i video dell’interventi del convegno compreso i monologhi di Raimondo Rotondi.
Claudio Saltarelli