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1799, Il progetto costituzionale di Mario Pagano

Posted by on Dic 26, 2017

1799, Il progetto costituzionale di Mario Pagano

Mario Pagano, protagonista della Repubblica del 1799, ebbe un ruolo centrale nella definizione del progetto costituzionale. Ne approfondiamo la conoscenza con degli estratti dal volume di F. Mastroberti “Costituzioni e costituzionalismo tra Francia e Regno di Napoli: (1796-1815)”.

 

Quando a Napoli nel 1799 si costituisce la Repubblica, Francesco Mario Pagano per il suo prestigio, ne assume subito la leadership. Allievo del Genovesi e di Filangieri, autore – tra l’altro – dei famosi Saggi Politici e delle Considerazioni sul processo criminale, avvocato dei Rei di Stato nel 1794 ebbe la carica di presidente del Comitato di Legislazione del quale facevano parte anche Domenico Forges Davanzati, Giuseppe Albanese e Giuseppe Logoteta (questi ultimi due poi sostituiti da Carlo Lauberg e Luigi Rossi). Non era un “giacobino” poiché le sue posizione – come è stato stigmatizzato da recenti studi – erano moderate all’interno del panorama rivoluzionario: in Francia sarebbe stato vicino alla Gironda…

Il progetto costituzionale della repubblica napoletana – secondo il Solari «opera personale se non esclusiva del Pagano» – nasce dalla “chiamata alla costituzione” dell’Illuminismo napoletano di cui il filosofo di Brienza, allievo di Antonio Genovesi e di Gaetano Filangieri, era uno degli esponenti più rappresentativi. Il Progetto fu redatto in appena due mesi avendo presente il modello della costituzione francese dell’anno III, la necessità di apportarvi modifiche in chiave territoriale, la crisi del sistema direttoriale in Francia e le scelte operate oltreoceano in particolare con la Costituzione della Pennsylvania del 1776. Il Comitato di Legislazione, dice Pagano nel Rapporto, «ha adottata la costituzione della Madre Repubblica Francese. Egli è ben giusto, che da quella mano istessa, da cui ha ricevuto la libertà, ricevesse eziandio la legge, custode e conservatrice di quella. Ma riflettendo che la diversità del carattere morale, le politiche circostanze, e benanche la fisica situazione delle nazioni richiedono necessariamente dei cangiamenti nelle costituzioni, propone alcune modificazioni a quella della Repubblica Madre, e vi rende conto altresì delle ragioni, che a ciò l’hanno determinato».

Di certo le costituzioni americane furono ben presenti al Pagano, tanto che, sempre nel Rapporto, afferma: «Gran passi avea già dati l’America in questa, diremo, nuova scienza, formando le Costituzioni de’ suoi liberi Stati». Di recente un intervento della Mazzanti Pepe ha indicato come punti di riferimento del filosofo di Brienza le Observation di Mably sulle Costituzioni americane e il partito girondino francese: fu un deputato girondino, Jacques-Marie Rouzet a proporre nel febbraio del 1793 alla Convenzione la creazione di un organo collegiale di 85 membri che avrebbe dovuto effettuare un controllo preventivo di costituzionalità sulle leggi: ai membri di tale organo il Rouzet dava il nome di Efori. Tuttavia va detto che a Napoli ed in Italia nel 1799 il dibattito politico riguardava la territorialità ossia la necessità di apportare o meno cambiamenti al modello della costituzione dell’anno III sulla base delle condizioni locali. Su questo tema Eleonora Pimentel Fonseca, dalle pagine del Monitore, si era espressa contro «cangiamenti» al diritto pubblico, inteso come luogo primario di residenza delle norme di diritto naturale; anche Vincenzo Russo era su questa posizione. L’altra linea, che Pagano rappresentava e portava avanti con decisione nel Comitato di legislazione, era impostata sulla territorialità ed aveva il sostegno illustre di autori come Montesquieu e Filangieri…

Molto si è detto sul sistema istituzionale congegnato dal Pagano, forse la parte meno esaltante del suo lavoro. In ordine alla separazione dei poteri e agli organi legislativi ricalca in massima parte la costituzione francese dell’anno III. Le variazioni consistono soprattutto nella composizione del Corpo Legislativo e del Senato e nell’attribuzione dell’iniziativa legislativa: «Nel nostro progetto di costituzione un Senato di cinquanta membri prepara la legge e la propone, e l’assemblea ed il consiglio di centoventi membri fa le veci de’ comizi e delle agore delle antiche repubbliche, con tanto maggior vantaggio, che mentre conserva la generalità della discussione, va pure esente dai tumulti e dalla confusione che di necessità porta seco la numerosa ed inquieta popolare assemblea».

Le ragioni di questa scelta sono diffusamente spiegate dal Pagano. Un solo uomo e una moltitudine sono ugualmente inadatti alla proposizione e alla discussione delle leggi: la moltitudine in particolare fa disperdere le discussioni in mille particolari facendo perdere di vista l’oggetto principale. Un «discreto numero» di legislatori – a giudizio dei costituenti napoletani – farebbe superare questi inconvenienti. Ecco dunque un Senato di cinquanta membri col compito di proporre le leggi e un consiglio di centoventi col compito di approvarle. Rispetto alla costituzione dell’anno III le funzioni dei due rami del corpo legislativo sono invertite: i costituenti napoletani attribuiscono al Senato il potere di iniziativa legislativa: «proporre le leggi è più l’effetto della fredda analisi che dell’ardito genio, richiede più estensione di lumi che voli di spirito. Ritrovare la propria, esatta e chiara forma di legge, è più l’opera del riserbato giudizio, che dell’audace invenzione. Ond’è che pochi ed uomini maturi vi riescano meglio, che ardente moltitudine di giovani». Queste modifiche nascevano dall’esigenza di apportare correttivi al modello francese che nell’esperienza si era dimostrato alquanto macchinoso.


Seguendo il modello della costituzione francese dell’anno III, il potere esecutivo viene affidato ad un organo composto di cinque membri, che il Pagano in ossequio alla sua vena classicista chiama Arcontato. Eletti dal corpo legislativo, gli arconti nominano i ministri, dispongono della forza armata (ma non la comandano), promulgano le leggi, emanano provvedimenti per l’esecuzione delle leggi e per la preservare la sicurezza interna ed esterna della Repubblica. Come nella costituzione dell’anno III le norme sul potere esecutivo si caratterizzano per i limiti di cui circondano l’attività dei Direttori-Arconti, cosicché essi sono risultano esposti agli sconfinamenti degli altri poteri, in particolare il legislativo. Interessante è la scelta di istituire un organo con il compito di tenere in mano la bilancia dei poteri, di vigilare sull’esatta osservanza della costituzione e di preservare la libertà. A questo importante organo il Pagano volle dare il nome di Eforato – come detto già individuato dal Rouzet – che richiamava le funzioni dell’antica magistratura di Sparta. Per Cuoco questa rappresenta la parte più bella del progetto di Pagano, poiché garantiva una certa stabilità della costituzione contro possibili derive rivoluzionarie. I diciassette efori, eletti dai diciassette dipartimenti della Repubblica avrebbero dovuto avere un’età non inferiore ai quarantacinque anni, essere vedovi o coniugati, essere stati almeno per una volta membri del corpo legislativo o dell’arcontato ed avere domicilio nel territorio della Repubblica da almeno dieci anni…

Stranamente, proprio nella parte relativa all’organizzazione giudiziaria il progetto costituzionale si presenta fortemente idealistico e poco consapevole della realtà napoletana. Stranamente perché Pagano praticava l’avvocatura e conosceva bene i problemi della giustizia: ipotizzare che all’improvviso si potessero adottare nel Regno i jury e che addirittura si usassero tutte le formalità previste per i reati più gravi anche per la giustizia penale di minor rilievo, cd. correzionale rappresenta una cosa bella ed evoluta ma pressoché irrealizzabile. In Francia i jury erano previsti solo per i reati più gravi mentre la giustizia correzionale non prevedeva questa ed altre forme di garanzia a tutela dell’imputato. Pagano invece, per la giustizia penale, vuole una riforma radicale…

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