4 novembre- Festa delle Forze Armate… una toccante lettera di un cappellano militare
Don Giovanni Antonietti, classe 1892, era un cappellano militare, prima della 49° Compagnia del Battaglione Alpini “Tirano”, poi del Battaglione Alpini “Monte Stelvio”. Una sua lettera è stata pubblicata nel libro Con gli Alpini sui sentieri della Storia. Il libro è a cura dell’Associazione Nazionale Alpini, Mursia, Milano 2008.
Carissima Mamma,
domani forse i miei Alpini avanzeranno verso i confini che Dio ha segnati alla nostra Patria diletta.
Io li seguirò, se anche non li accompagnerò. Sono certo della vittoria, ma non sono ugualmente certo di ritornare. Ti saluto e ti bacio per l’ultima volta.
Mamma, coraggio.
Se cado è segno che Dio così vuole per il mio miglior bene per te. La tua fede grande, la tua squisita bontà d’animo ti faciliterà la rassegnazione e il conforto. Non importa se io –come mio padre- cado a 24 anni e tu perdi il sostegno più valido di tutta la tua vita.
Guarda Maria Addolorata, di cui ricorre domani la festa e sìì degna di Lei.
Ti sia ancora di conforto il pensiero che sarò caduto sul campo del dovere per i due grandi ideali che Dio ha stampato nel cuore d’ogni sacerdote, l’amore delle anime e l’amore alla Patria.
Addio. Ti aspetto in cielo. Tuo affezionatissimo Giovanni.
La Prima Guerra Mondiale è stata una Guerra moralmente inutile e solo funzionale a meccanismi e interessi occulti che volevano la distruzione definitiva di un mondo ancora tradizionale. A riguardo si può leggere un prezioso libro sull’argomento: Requiem per un Impero defunto di Francois Fejto.
Dunque il riferimento a questo evento storico è relativo. Non è però relativo ciò che è il cuore della lettera che il giovane sacerdote scrive alla mamma. Un cuore che si palesa soprattutto in tre espressioni che abbiamo evidenziato in grassetto:
1
Io li seguirò, se anche non li accompagnerò. Sono certo della vittoria, ma non sono ugualmente certo di ritornare.
2
Se cado è segno che Dio così vuole per il mio miglior bene per te.
3
Ti sia ancora di conforto il pensiero che sarò caduto sul campo del dovere per i due grandi ideali che Dio ha stampato nel cuore d’ogni sacerdote, l’amore delle anime e l’amore alla Patria.
Partiamo a ritroso e iniziamo dalla terza: Ti sia ancora di conforto il pensiero che sarò caduto sul campo del dovere per i due grandi ideali che Dio ha stampato nel cuore d’ogni sacerdote, l’amore delle anime e l’amore alla Patria. Don Giovanni chiede alla mamma di rimanere serena perché, se lui morirà, morirà per aver offerto la propria vita per gli ideali più importanti per un sacerdote: l’amore delle anime e l’amore alla Patria. Don Giovanni fa riferimento al sacerdote, ma vale per ogni cristiano. L’essere cristiano è riempirsi di Dio, di corrispondere al suo amore, per volere –costi quel che costi, anche con il sacrificio della propria vita- la salvezza delle anime e della società, prima di tutto quella più vicina, a cui si deve la propria crescita e la propria identità: la Patria. Un discorso, questo, che l’uomo di oggi non capisce, perché ha smarrito il senso dell’eroismo, cioè di offrirsi totalmente per l’Ideale. Lottare per la bandiera, difendere il vessillo, stringere a sé l’emblema che rappresenta il tesoro del proprio esistere, è merce che non si può vendere, che non tiene l’audience dei talk-show televisivi o l’interesse di un “ordine del giorno” nelle riunioni di un consiglio di amministrazione.
Passiamo alla seconda espressione: Se cado è segno che Dio così vuole per il mio miglior bene per te. Don Giovanni chiede alla mamma di non piangere e di legarsi veramente alla Fede, a quella Fede che assicura che la vita qui, sulla terra, è solo un passaggio, un cammino, un pellegrinaggio verso la Patria vera. Glielo chiede ricordandole di convincere il suo cuore che se dovesse morire è perché Dio così ha voluto e che quindi che ciò –se accadrà- è il miglior bene per lui. Anche questo l’uomo di oggi non lo capisce. Eppure cosa ci può essere di più umanamente vero e affascinante che questo: convincersi che il dolore è risolto, che l’offerta all’Ideale non costringe all’angoscia del non-senso e di un opprimente destino di morte che avvolgerebbe tutto nel caos dell’assurdo?
E veniamo finalmente alla prima: Io li seguirò, se anche non li accompagnerò. Sono certo della vittoria, ma non sono ugualmente certo di ritornare. Don Giovanni dà la notizia alla mamma. Vuole seguire gli Alpini che gli hanno affidato, non si sente di lasciarli a se stessi, di abbandonarli senza poter dare loro un conforto religioso. E così dice alla mamma che non ha certezza del ritorno, ma ha certezza della vittoria. Una vittoria che è nella sua scelta di rimanere fedele al proprio compito e alla propria chiamata. Anche questo l’uomo di oggi non lo capisce. Il mondo corre, tutto muta, la gara che fan tutti (anche chi meno te lo aspetti, anche chi è chiamato maggiormente a incarnare la perennità del Vero) sembra quella di seguire il vento come meglio si può, facendo però la fine della carta straccia che viene sbalzata via dalla corrente e poi calpestata dal primo passante. La bandiera no. Essa con la corrente sventola, ma solo per manifestare la sua bellezza, l’ordine dei suoi colori, l’emblema dipinto sulla stoffa. Anzi, quel suo sventolare è un resistere al vento. La vera bandiera è quella che nessun vento può far volar via. E’ quella che rumoreggia con l’aumentare della corrente, quasi a dirgli: vento, più tu sei forte, più io grido me stessa! La vera bandiera rimane salda … perché piantata nella Roccia.
fonte
A Caterina voglio dire di stare attenta alle affermazionr false: l’inno (che a me non piace, ma lo accetto come simbolo dell’Italia) non si riferisce agli Italiani schiavi di Roma, ma alla Vittoria che è schiava di Roma!
Proprio non si vuol riflettere…nonostante lauree e cultura…patetico Mattarella! ma è solo l’ultimo… si continua ovviamente perché è un’abitudine ormai! Far cantare in memoria dei morti sacrificati dalla velleitaria volontà unitarista alla Barbero che siamo “schiavi di Roma” fa venire l’orticaria da rigetto… Come si può continuare nella retorica di un’Italia unita per forza e con l’inganno, che ha distrutto l’orgoglio e l’identità dei popoli che vi erano insediati, orgogliosi e consapevoli della propria storia millenaria e dell’immenso patrimonio che avevano prodotto e custodivano, e per fortuna continuano a custodire a memoria, orgogliosi di se stessi e di quello che sono stati capaci di produrre nelle proprie patrie nel corso dei secoli… e che oggi andiamo scoprendo nelle loro biblioteche, nei loro musei, nelle loro chiese, nei resti di pietra che hanno seminato nei territori e negli archivi di carta privati e pubblici… Poveri noi, costretti oggi a cantare come beoti che siamo “schiavi di Roma”… in nome della quale continuano a turlupinarci facendo finta di esserne orgogliosi! Orgogliosi di che?…di averci trascinati tutti in guerre che mai avremmo voluto e mai avremmo sostenuto se non fossimo stati ridotti a burattini in mano di chi a Roma si è andato piazzando… da un Re fantoccio in ossequio a volontà di altri e, a seguire, da capi che sulla stessa scia, hanno continuato a portarci… umiliandoci tutti con la retorica e l’illusione di gloria… e intanto seminando morte dall’Alpe alle piramidi.. caterina ossi