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8 COMMISSIONI ANTIMAFIA DAL 1962 A 2006

Posted by on Apr 25, 2018

8 COMMISSIONI ANTIMAFIA DAL 1962 A 2006

Tra il 1962 e il 2006 si succedono ben otto commissioni parlamentari di

inchiesta sui fenomeni mafiosi in Italia. Sulla lotta alla mafia si sono

costruite carriere politiche e professionali nonché fortune editoriali, con una

produzione sterminata di documenti, libri, articoli, inchieste giornalistiche.

L’altra faccia della medaglia è quella delle decine di morti (tutti meridionali

se si escludono i coniugi Dalla Chiesa), sindacalisti, politici, agenti delle

forze dell’ordine.

 

Le organizzazioni criminali si sono inabissate quando i riflettori erano

accesi e hanno alzato la testa quando vedevano minacciati i propri interessi

economici. Oggi sono diffuse sull’intero territorio nazionale, mentre nelle

provincie meridionali continuano a spadroneggiare condizionando qualsiasi

iniziativa pubblica o privata.

Rileggere oggi le pagine della I Commissione parlamentare d’inchiesta,

quelle della relazione di maggioranza tese a circoscrivere se non a negare le

responsabilità della DC siciliana e quelle di minoranza prigioniere di uno

schema culturale (quello gramsciano1) inadeguato a far comprendere le

dinamiche economiche in cui si muovevano i mafiosi, fa impressione per la

loro attualità.

Non voglio però aggiungere altro e riporto alcuni stralci dalla relazione

Niccolai per invogliarvi alla lettura dei documenti originali:

“Nessun moto popolare dal basso, ma una gestione sapiente del

separatismo, della ribellione prima e dell’autonomia poi, per salvare e

triplicare in un secondo tempo i consistenti patrimoni che stavano dietro

coloro che ad Algeri e a Cassibile trattano la resa con gli americani,

americani che, per facilitare il colloquio, si portano con sé il fior fiore del

gangsterismo nordamericano, di origine mafiosa.

L’operazione ha dell’incredibile appena si rifletta al fatto che «i gruppi

di potere» che fin dal 1943 mettono radici in Sicilia sono gli stessi che, in

prosieguo di tempo, gestiranno il potere nell’Isola e non solo nell’Isola.

[…]

Sciascia afferma che non capiremo nulla della mafia se non

ricostruiremo, pezzo per pezzo, la vicenda mineraria, la vicenda delle

preistoriche miniere baronali siciliane, dominio incontrastato dei

capimafia Vizzini, Di Cristina ed altri; Sciascia dice ohe non capiremo

nulla della mafia se non ricostruiremo l’operazione grazie alla quale,

attraverso il via a strumenti legislativi ed organismi finanziari

predisposti, si sono trasferite sul capitale pubblico le «preistoriche miniere

baronali» e altre iniziative spregiudicate e fallimentari.

[…]

Il relatore ha voluto, con le sue modeste note, tentare di dimostrare

come, sotto il manto dell’autonomia siciliana, si sia compiuta e realizzata,

1 Per assolvere questo suo ruolo dirigente, la borghesia italiana ha dovuto scegliere, di

volta in volta, quelle intese e quei compromessi con le vecchie classi dirigenti dell’Italia

preunitaria, pervenendo alla formazione di un blocco fra gli industriali del Nord e gli

agrari del Sud. Cioè la borghesia non ha governato, come tuttora del resto non governa, da

sola, ma ha dovuto dividere il potere con le altre classi e, per un lungo periodo, soprattutto

con i grandi proprietari terrieri, specie con quelli meridionali e siciliani. (Cfr. Relazione di

minoranza, pag. 569)

grazie alla degenerazione partitocratica, e con mano sapiente, la più

gigantesca operazione di conservazione di tipo reazionario che la storia

dell’Italia ricordi, e come quel disegno di conservazione, nato sulle coste

dell’Algeria, l’8 settembre 1943, abbia improntato di sé tutte le vicende

della Repubblica italiana.

Il relatore ha voluto, con le sue modeste note, sottolineare come la

«pubblicizzazione» delle attività economiche in Sicilia, portata avanti in

nome dell’autonomia e dal progresso, sia stata, in realtà, un’abile e

programmata operazione gattopardesca, grazie alla quale si sono regalati

(complici: partiti, sindacati, baronie agrarie) alla «società» rami secchi e

ingenti debiti, facendo fare al contempo, ai latifondisti e ai vecchi

proprietari delle miniere, in nome dall’8 settembre, affari di miliardi, alle

spalle dell’umile e povero popolo di Sicilia.

L’Italia è al capolinea, in coma profondo. La parentesi berlusconiana ne

ha allungato l’agonia, ma il renzismo non riuscirà a fare altrettanto. Ancora

una volta sarà la Sicilia il luogo in cui si proverà a trovare una sintesi fra i

contrasti nord-sud. La elezione di un presidente siciliano ne è il primo

passo. L’autonomia regionale sarà il vero punto di scontro. Non credo che

Veneto e Lombardia (io penso che anche Emilia-Romagna e Piemonte si

faranno sentire su questo tema) accetteranno ancora per molto di non avere

lo stesso livello di autonomia della Regione Sicilia. A quel punto vedremo

dove si collocheranno le organizzazioni criminali, non quelle degli

“scassapagliari” ma quelle che mandano i figli alla borsa di Francoforte e

non solo.

Zenone di Elea – Febbraio 2015

eleaml.org

 

mafia_1976_genesi_2015

 

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