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8 SETTEMBRE 1943: LA RESA INCONDIZIONATA

Posted by on Apr 2, 2025

8 SETTEMBRE 1943: LA RESA INCONDIZIONATA

La tragedia dell’armistizio dell’8 settembre 1943 dal diario di un ufficiale italiano

Il mattino del 3 settembre 1943, a iniziare dalle ore 04.30, un formidabile concentramento d’artiglieria terrestre e navale iniziò a sparare sugli obiettivi della costa calabra, preparando lo sbarco del 13° Corpo d’armata britannico comandato dal generale Miles Dempsey. Le truppe anfibie, formate dalla 5a divisione di fanteria britannica e dalla 1a canadese, col supporto di unità di commando e brigate corazzate, salparono su 22 navi da sbarco LST e 270 mezzi da sbarco da Augusta, Catania, Taormina e S. Teresa di Riva. Era l’Operazione Bayton.

Alle 5,40 il contingente britannico sbarcò sulla costa tra Villa S. Giovanni e Reggio Calabria, senza trovare opposizione dalle truppe costiere italiane, mentre le unità tedesche si ritiravano verso nord.

Lo stesso giorno, alle ore 17 circa, nelle campagne di Cassibile, il generale italiano Giuseppe Castellano (in rappresentanza del governo Badoglio) e il generale americano Walter Bedell Smith (a nome del comandante supremo degli Alleati generale Eisenhower) firmavano l’armistizio, che nella sostanza non era una semplice tregua d’armi in attesa delle trattative, ma la resa incondizionata del Regno d’Italia. Era la sconfitta totale.

Nel frattempo, il comando anglo-americano si stava preparando a due nuove operazioni anfibie: Salerno e Taranto.

L’Operazione Avalanche, quella principale, aveva quale obiettivo lo sbarco di cinque divisioni nel Golfo di Salerno, tra Vietri e Paestum, 50 chilometri a sud di Napoli. Si trattava della 5a Armata del generale Mark Wayne Clark, costituita da quattro divisioni americane e tre britanniche, di cui una corazzata. Ad attendere Clark c’era l’agguerrita 10a Armata germanica del generale Heinrich von Vietinghoff.

Mercoledì 8 settembre un giovane ufficiale siciliano in forza alla 10a divisione motorizzata «Piave», dislocata a Roma, annotava sul suo diario:

«Giornata stupenda degna della festa in onore di Maria. Nella mia tenda, formata di 6 siciliani, tutti hanno una Maria a casa, sarà una parente, sarà la fidanzata, sarà un’amica. Il mio pensiero vola alla mia povera mamma e …

[…] sono pressappoco le 18 quando da lontano giunge un gridio; nulla di preciso si può distinguere, si tendono sempre più le orecchie, la sentinella lì vicino dice d’aver sentito la parola “Armistizio”, nessuno ci presta fede, sarebbe troppo bello per crederci.

Il gridio intanto aumenta di proporzione, ci guardiamo negli occhi e nessuno sa dare una spiegazione precisa, quando da lontano si vedono giungere alcuni compagni di corso, ancora ansimanti gridavano: Armistizio! Armistizio!

La scena non mi sento in grado di descriverla. Esultanti di gioia, ognuno salta al collo dell’altro, ci baciamo tutti a vicenda, qualcuno ha le gote rigate di lagrime. Per noi Siciliani l’avvenimento ha una particolare importanza, si pensa che dopo tanto tempo di vana attesa, possiamo finalmente avere una notizia, o possiamo rivedere i nostri cari.

Quanto è stato doloroso il restare per oltre più di due mesi senza ricevere un rigo dalla famiglia, e ancor più doloroso l’apprendere dai bollettini di guerra, o da voci che correvano in giro, quanto capitava in Sicilia!

La guerra è praticamente finita, ognuno apre dinnanzi ai suoi occhi vasti panorami, fra non molto si potranno riprendere le normali attività, ci sarà chi ritornerà al campo, chi all’officina, chi all’impiego, chi alla scuola, dalle quali si è allontanato per un’idea sublime.

Ognuno sente nel suo io d’aver dato alla Patria quanto essa gli ha chiesto, sente di non essere stato spettatore alla guerra che si è combattuta, anche se questa non ha portato i frutti che si desideravano.

Sono circa le ore 20, ci avviamo tutti in fureria per ascoltare a mezzo della radio il proclama del Maresciallo Badoglio, ma ahimè! Questo dopo tutto dice che “la guerra continua contro eventuali attacchi da qualunque fonte essi derivano”. Pensiamo subito alle Forze Armate Germaniche che attualmente si trovano nel nostro territorio.

È quasi l’ora del silenzio, però il trombettiere, invece di modulare le solite note, chiama l’adunata di carri armati, un tenente presenta la forza al capitano, il quale, dopo aver commentato in breve l’avvenimento, dice di tenerci pronti ad imbracciare le armi contro i Tedeschi che tentano di impadronirsi del suolo italiano. Dopo il saluto al Re, ritorniamo in tenda».

L’annuncio dell’armistizio aveva illuso per poche ore il popolo italiano e i militari che la guerra fosse finita. Anche tra i soldati anglo-americani in procinto di sbarcare a Salerno scoppiò l’euforia. Alle 18.30, infatti, gli altoparlanti delle navi in navigazione diffusero la voce del generale Eisenhower che da Algeri annunciava l’armistizio con l’Italia. Soltanto pochi comandanti ne erano a conoscenza, e per tutto il resto degli uomini la notizia costituì un’entusiasmante sorpresa. Essi si aspettavano uno sbarco senza contrasto, senza sangue, e la tensione si allentò. Che la realtà fosse ben diversa se ne accorsero alle 3,20 del 9 settembre, quando iniziò lo sbarco delle truppe sulle spiagge salernitane. Esse furono contrastate duramente dagli agguerriti difensori germanici che avevano preso il posto degli italiani nelle fortificazioni costiere. Fu un bagno di sangue.

La resa firmata il 3 settembre, ma soprattutto l’armistizio lungo firmato a Malta il 29 settembre, determinarono per l’Italia non solo la totale sconfitta, ma la fine dell’autonomia. Lo Stato italiano, anche quello rinnovato repubblicano, avrebbe avuto una sovranità limitata, soprattutto nella politica estera. Ancora oggi questa realtà non è cambiata.

Domenico Anfora

Fonte principale:

Mattesini Francesco, Lo sbarco degli anglo-americani nella penisola italiana – Le operazioni “Bayton” e “Avalanche” settembre 1943, da «Storia della Seconda Guerra Mondiale», Rizzoli-Purnel, Roma, aprile 2020.

Domenico Anfora

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