Ferdinando II di Borbone di Napoli un gigante della storia napolitana, italiana e planetaria che la vulgata dominante più lo ignora e più la sua forza intrinseca cresce di dimensione che al di la dei confini italiani certificano e la studiano con attenzione. Fino all’ultimo giorno della sua breve vita ha sempre dimostrato di essere un Re Bomba ma non per il motivo che gli viene additato da i prezzolati storici italiani, ma per l’amore, “esplosivo” che aveva per il Regno e per il popolo napolitano dimostrato fin da quando giovanissimo, s’è insediato sul Trono del Regno delle Due Sicilie come abbiamo già visto nella chiacchierata avuta con Claudio Romano qualche settimana fa quando abbiamo parlato delle politiche economiche messe in piedi da Ferdinando II per risanare le casse vuote del Regno. Francesco Maurizio Di Giovinesuddito fedele della tradizione e dei Borbone di Napoli, dopo una ricerca durata anni, ha scritto un libro sul viaggio di Ferdinando II che fece nelle Puglie, pochi mesi prima della sua scomparsa, per ricevere la Principessa Maria Sofia che di li a poco sarebbe diventata l’ultima Regina del Regno di Napoli al fianco dell’ultimo Re, Francesco II di Borbone. Per la rubrica “Incontro con l’autore” venerdi 15 marzo alle ore 21 incontreremo Francesco Maurizio Di Giovine, che già altre volte c’è venuto a trovare, per approfondire la sua ultima fatica letteraria e per vederlo basta cliccare di seguito.
L’otto dicembre non è soltanto il giorno dell‘Immacolata Concezione patrona del Regno delle Due Sicilie, ma anche il giorno in cui s’è consumato un crimine di Guerra, che la Storia ufficiale ignora o minimizza, contro Josè Borjes e i suoi uomini che vennero dalla Catalogna per cercare di rimettere sul trono delle Due Sicilie Francesco II di Borbone e che invece trovarono la morte senza aver ricevuto giusto processo in barba a tutti i codici d’onore non scritti e ai codici miliari per colpa della canaglia Piemontese. Ne parliamo con Maurizio Francesco Di Giovine, che promette di divulgare inedite ed importanti notizie sulla quella tragica vicenda e Gianandrea De Antonellis l’otto dicembre 2021 alle ore 21 su i canali dell’associazione come di seguito vi riportiamo
Si riparte con l’appuntamento con la storia dopo la pausa estiva e si riparte con il botto e andremo in onda non come nostra abitudine di venerdi ma di martedi. Andremo in onda il 20 settembre data importante e spartiacque per l’umanità infatti con l’ingresso attraverso Porta Pia dei Bersaglieri finisce la storia del più antico Stato d’Europa che è lo Stato Pontificio nato per volontà di Pipino il Grande più di un millennio prima per iniziare un altra di storia quella della “Terza Roma” tanto invocata da Mazzini ma distrutta da Gramsci i cui effetti li vediamo nella loro massima “floridezza”nel terzo millennio. Ne parleremo con Francesco Maurizio Di Giovine che è ormai di casa nelle nostre trasmissioni e che studia da più di 10 anni quelli eventi culminati con la pubblicazione di un Tomo dedicato agli Zuavi. Vi diamo appuntamento martedi 20 settembre alle ore 21 invitandovi a cliccare di seguito
Nel collegamento del giorno 13 u. s. ho avuto l’impressione che il relatore cercasse di evitare in ogni modo che per il comportamento del generale Giuseppe Salvatore Pianell venisse usato il termine “tradimento” e che lo stesso venisse accomunato ai tanti altri che disonorarono la loro patria [Alessandro Nunziante, Ernesto Pianell (fratello di G. Salvatore), Landi, Anguissola, Vacca, Romano (Liborio), Clary, ecc.]
Il tradimento si può estrinsecare nei modi più diversi, anche con l’ignavia, e può riguardare un’idea, una o più persone o anche un territorio, il quale ultimo può essere addirittura la propria patria.
Non ci sono scuse di sorta per difendere o giustificare il tradimento, che, tra le azioni umane, è la più ignobile. Essa allontana anni luce il traditore dal resto della società relegandolo nei più bassi gironi infernali.
Forse, accanto ai cippi e ai monumenti funerari che riportano i nomi degli eroi sarebbe il caso di aggiungere anche i nomi dei traditori, in modo che i posteri sapessero, alcuni, chi ringraziare per le proprie fortune, ed altri chi maledire per le proprie disgrazie.
13 febbraio 1861 con la caduta di Gaeta la dinastia dei Borbone di Napoli dimostrano tutto il loro onore di Re Napoletani riguadagnando, altresì, la dignità agli occhi di nostro Signore che avevano ofuscato per non aver sempre difeso con la dovuta energia la tradizione cattolica e per aver ridimensionato l’opera sociale della Chiesa mettendone in dubbio anche il magistero con le simpatie che aveva avuto per le “leggi febroniane” e il “giuseppinismo” come Don Bosco evidenziò con le sue profezie. Ma in quella drammatica giornata se la nazione napolitana fu cancellata dai libri di storia per entrare nel “Mito”, l’Italia, che fino a quel momento era faro di civiltà universale, muore definitivamente. Ne parliamo con Maurizio Francesco Di Giovine che da oltre mezzo secolo studia e narra la storia identitaria napolitana, per vedere il programma basta cliccare di seguito