A 39 ANNI DAL TERREMOTO DELL’IRPINIA
“Il miglior modo di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”, disse un commosso Sandro Pertini , adirato contro l’inefficienza ed i ritardi. Anni sono passati e mentre per più trenta anni le inefficienze sono state imputate al popolo dei terremotati il sisma dell’Aquila ribadisce una realtà, cioè che è Italia che determina il provvisorio costituzionalmente diventato definitivo.
Trenta miliardi di lire, poi altri 17, poi altri addirittura 30, secondo i dati non proprio ufficiali ma attendibili, non hanno restituito giustizia né ai morti né hanno dato dignità ai vivi. Ma c’è di più: in questo modello di sviluppo italiano post terremoto dell’1980, la maggior parte della ricostruzione anziché far prevalere il “recupero dell’ assetto tradizionale, preferì sviluppare una ignobile modernizzazione” che snaturò, anzi che sventrò, addirittura più del sisma, quei poetici paesi-presepe producendo una vergognosa disomogeneità tra il vecchio ed il nuovo paese.
La legge n. 219 del 14 maggio 1981 ha sicuramente ridato una casa alle circa 300mila persone sfollate (150mila furono le case danneggiate o completamente distrutte), ha sicuramente ridato infrastrutture più funzionali ai 687 comuni coinvolti ( 542 in Campania, 131 in Basilicata, 14 in Puglia), ha sicuramente contribuito, con il 45% a fondo perduto, a far riaprire un’attività a quel 60% di imprenditori le cui attività produttive furono gravemente compromesse, ma perché non ricordare che tutto questo è stato festeggiato contestualmente da un numero spropositato di apertura di sportelli bancari del nord?
Certo che non riusciamo a dimenticare le 2.914 vittime, i 9.000 feriti, i 18 comuni rasi al suolo, certo che ci “fa male” sapere che gli italiani per 30 anni ci ha imputato le inadempienze, ma sono soprattutto le connivenze continue tra colletti bianchi del Nord e manovalanza delinquenziale del Sud, tra chi ordina e chi esegue che ci fanno più male.
Perché dalla terremoto dell’80 al disastro dell’inefficienza del Mose di Venezia, l’Italia non cambia. Una Nazione che, solo negli ultimi 40 anni ha speso 147 miliardi in ricostruzione anzichè in prevenzione, non cambierà mai.
Patrizia Stabile
per Sud100cento