A Nord banchieri, a Sud bancari!
Questo articolo è diretto oltre che ai Lettori, in particolare a quelli che hanno rapporti di affari con le banche, ai massimi dirigenti di Istituzioni creditizie che: 1) Dichiarano di essere al servizio delle piccole e medie aziende meridionali, 2) Raccolgono denaro praticamente solo al Meridione, 3) Hanno un basso rapporto tra Impieghi e Depositi, 4) Traggono gran parte degli utili da interessi provenienti da altre Istituzioni creditizie, dal Debito pubblico e da pura Intermediazione finanziaria. Speriamo che questo articolo provochi reazioni in tutte quelle Istituzioni che hanno come proprio fine sociale, (quello reale), il solo proprio interesse, la sola propria autoconservazione, la strumentalizzazione, per fini personali o di parte, dell’Istituzione creditizia e l’asservimento di questa a interessi diversi da quelli dichiarati nello Statuto aziendale.
Quesito iniziale È vero che non esistono banchieri ma solo bancari? (Per meglio porre la domanda: È vero che i banchieri si comportano da bancari con la normale clientela, in particolare al sud d’Italia, mentre si comportano da banchieri solo con quelle categorie di utenti “piemontesi”, verso le quali superano, addirittura, la funzione di banchiere comportandosi da “soci”, per interesse diretto o indiretto, nei loro confronti?).
È possibile che questo articolo possa risvegliare in un bancario la sua natura istituzionale di banchiere? È lo scopo di questo articolo!
Ciò premesso, ipotizziamo un’Azienda tipo del nostro territorio, un’Azienda medio-piccola, generalmente sottocapitalizzata ma, nel nostro esempio, con un piano aziendale valido, per la quale faremo un esercizio di simulazione.
(A proposito di sottocapitalizzazione, le banche dicono sempre che l’imprenditore deve avere i capitali e che le banche non devono comportarsi come il socio con i capitali. Il concetto, parzialmente vero, è vecchio. Una volta esisteva il nobile con capitali che si dava agli affari, oggi chi sa trattare gli affari è, normalmente, un manager, un imprenditore, non necessariamente un capitalista. In mancanza di una politica di borsa, da parte dello stato, che faccia affluire i capitali alle imprese, il ruolo di finanziamento alle imprese tocca in buona parte alle banche. Infatti questo lo fanno con gli industriali “piemontesi”. Chi se non le banche ha finanziato la Omnitel di De Benedetti per 2.000 miliardi?).
L’esercizio di simulazione che vogliamo proporre è quello di immaginare (non con voli pindarici ma sulla base di coerenti teorie economiche ampiamente collaudate), quale potrebbe essere l’andamento imprenditoriale dell’Azienda meridionale con un sistema creditizio non condotto da bancari bensì da banchieri non asserviti ad interessi di altri.
Nell’esercizio di simulazione noi ipotizziamo che una banca applichi metodologie di assistenza creditizia, slegate dall’attuale prassi, allo scopo di sostenere e favorire l’imprenditorialità dell’Azienda e allo scopo di realizzare profitti maggiori per la banca.
Qui dobbiamo, necessariamente, parlare di fideiussioni.
Esaminiamo la prassi della pratica di affidamento. Il Funzionario chiede al cliente di portare i classici documenti: Camera di Commercio, Tribunale, Statuto, Atto costitutivo, gli ultimi Bilanci, i titoli di Proprietà immobiliare.
Chiede al cliente l’ammontare della Linea di credito richiesta e chiede che i Soci dell’Azienda siano disposti a concedere fideiussioni personali, sul proprio patrimonio, insieme a quella richiesta agli Amministratori dell’Azienda, sul patrimonio di questa. (Non è il caso di esaminare strane prassi tipo firma di moduli di fideiussioni in bianco …).
Mai un bancario entra nell’Azienda, telefona ad un cliente, ad un fornitore, ad un concorrente, Mai un bancario chiede la consulenza di un analista aziendale.
Quindi è solo probabile che questa Azienda possa restituire l’ammontare del credito ricevuto anzi, spessissimo, il ricorso massivo al credito bancario viene effettuato da aziende con scarsa capacità di autofinanziamento e, a volte, da aziende che hanno, consapevolmente o meno, imboccato un ciclo negativo.
Gli Istituti di credito, per il fatto che giudicano le aziende con parametri cartacei e non di giudizio sulla capacità manageriale, sulla capacità di produrre reddito, generalmente concedono la linea di credito richiesta, solo in presenza di patrimonio immobiliare di proprietà dei soci o dell’Azienda.
Possiamo concludere che la garanzia non sia rappresentata dalla redditività dell’Azienda ma dalla fideiussione e, quindi, che sia solo probabile che il cliente possa, in malaugurato caso di cattivo esito dell’Azienda, restituire le anticipazioni all’Istituto di credito. La presunta sicurezza l’Istituto di credito la chiede alla fideiussione.
Il redattore di questo articolo ha una lunga esperienza di ambienti commerciali ed industriali, quindi dà per scontato che chi legge sappia che la fideiussione non copre che saltuariamente e mai totalmente le perdite dell’Istituto di credito in caso di cattivo esito dell’azienda.
Pur dando per scontato il fatto che tutti sappiano, indichiamo le ragioni per cui la fideiussione non svolge il suo compito istituzionale. L’Azienda che arriva ad uno stadio di decozione ha normalmente esaurito tutte le capacità di finanziamento immaginabili. Ha esaurito anche tutte le risorse vicine: parenti e amici dei soci hanno dato fondo a tutte le loro possibilità. In questi casi il patrimonio aziendale e quello personale non sono sufficienti a coprire i debiti, per cui si configura una quasi certa perdita da parte dell’Istituto di credito.
E questo è un punto nodale: i funzionari dell’Istituto di credito quasi mai hanno il polso dell’andamento aziendale. Normalmente il loro atteggiamento è quello di stare all’interno del fido accordato come se questo salvaguardasse l’Istituto di credito dalle perdite.
Qui apriamo una parentesi nella parentesi: Il caso dell’emorragia. Se io vedo che una persona sta perdendo sangue ho tre possibilità: A) Intervenire, adoperandomi per fermare l’emorragia e per rinvigorire chi ha avuto la perdita di sangue con opportune cure ed alimentazione. In questo caso rischio di sporcarmi di sangue, di essere coinvolto anche emozionalmente, eccetera. B) Posso assistere alla morte di chi ha l’emorragia. C) Posso preoccuparmi di recuperare dalle tasche di chi è in quello stato i soldi che mi doveva. Di certo, in questo caso, posso recuperare solo i soldi che sono nelle tasche non quelli che potrebbe rendermi se gli consentissi di vivere. In ogni caso, mentre spoglio il futuro cadavere, mi devo difendere da altri che stanno cercando di fare la stessa cosa: spesso, chi sa perché, gli altri sono più bravi. Le banche si comportano nel modo “C” mentre si dovrebbero comportare nel modo “A”. Chiusa la parentesi, riprendiamo.
L’Istituto di credito si preoccupa, a questo punto, di mettere ipoteca sui beni del cliente debitore, riuscendoci una volta su tre. Poi parte una strana stasi di attività da parte dei Funzionari dell’Istituto di credito. Anche questo è spiegabile con la logica delle competenze e delle responsabilità: la pratica è andata così come doveva dal punto di vista formale. Il cadavere è nell’armadio! Dopo qualche tempo si procederà alla vendita di quei cespiti e, se non sono intervenuti fatti legati a strani movimenti che si possono verificare in questi casi, l’Istituto di credito realizza una piccola percentuale del proprio credito.
Invece! Non il patrimonio ma la capacità di creare reddito, da parte del cliente, è la vera garanzia da parte dell’Istituto di credito. Consideriamo insieme anche il fatto che se l’Istituto di credito si comportasse da banchiere trarrebbe profitti da maggior giri d’affari delle aziende assistite che coprirebbero ampiamente le eventuali perdite causate da mancanza di fideiussioni. Continuiamo.
Abbiamo parlato di fideiussioni, riprendiamo dal punto in cui concludevamo che l’Azienda può investire solo denaro proveniente da autofinanziamento.
Ma perché l’Azienda ha bisogno di investire? Il fatto è che l’Azienda non ha bisogno di investire! È giusto, conveniente, opportuno, investire, non obbligatorio oppure necessario! D’altra parte vorremmo far capire al paziente Lettore che fin qui ci ha seguiti, che è frustrante rendersi conto di essere nelle condizioni di incrementare e non poterlo fare a causa di un solo problema, quello finanziario.
È frustrante avere sottomano i famosi esempi americani di persone che sulla base di una idea o di un intuito, supportati da Istituti di credito, hanno realizzato, nel giro di tre/cinque anni diverse centinaia di milioni di dollari, alcune volte migliaia, di fatturato. Non pretendiamo di riprodurre costumi e culture da noi lontani, ma pensiamo che sia giusto smuovere lo stagno nel quale ci troviamo.
I vari “ragazzini” che hanno creato Aziende come la Microsoft (il cui proprietario a 38 anni è la persona più ricca d’America), la Apple, la Informix, la Compaq, eccetera, in Italia probabilmente starebbero ancora a far domande di assunzione per avere un posto di lavoro.
Non sognamo l’America, ma è’ frustrante sapere che nel nord-est d’Italia le Banche hanno investito più del doppio che in tutto il sud d’Italia, con il risultato di aver trasformato la terra dei più poveri emigranti italiani in terra di neo-ricchi e, quindi, neo cafoni.
E siamo arrivati al punto: ora facciamo la simulazione di cui abbiamo parlato all’inizio.
Immaginiamo un Funzionario, di una banca-che-non-c’è, il quale trascorra una settimana presso l’Azienda analizzando, verificando, controllando, eccetera. Costa molto? No!
Quando un cliente chiede la fattibilità di un progetto ad una azienda, questa gli dice che nel corso di una visita, di una o due ore, è in grado di dargli, per grandi linee, una risposta circa la fattibilità, i tempi di realizzazione ed i relativi costi. Il tutto gratuitamente. Se il cliente accetta, si passa alla stesura del piano di lavoro dettagliato che verrà realizzato. Sottoposto al cliente, se non lo accetta, rimborsa all’Azienda il costo dello studio affrontato. Se lo accetta, il costo dello studio entrerà nei costi di realizzazione del progetto. Applichiamo la stessa regoletta. Dopo una o due ore di colloquio, il Funzionario della banca-che-non-c’è conclude che ci si può fermare lì. Non è successo niente.
Conclude, invece, che esistono i presupposti per approfondire la cosa? Offre consulenza a pagamento all’Azienda (possiamo pensare ad un rimborso di 2/3/400 mila lire al giorno per 10 giorni). Alla fine del periodo il Funzionario della banca-che-non-c’è conclude che l’Azienda non merita il suo intervento. Non è successo niente. L’Azienda paga i 2/3/4 milioni volentieri poiché, in ogni caso, ha avuto un professionista (perché è chiaro che di un professionista stiamo parlando) che con occhio vergine e disincantato ha potuto verificare e far verificare i punti negativi della conduzione aziendale, eccetera. Alla fine del periodo il Funzionario della banca-che-non-c’è conclude, invece, (lo vedranno i miei occhi?) che si può fare?
Qui dovrebbe lavorare uno specialista di tecnica bancaria.
Ma ci siamo impegnati nel dimostrare questa nostra tesi, continuiamo. Che ci guadagna la banca-che-non-c’è in questo affare? Ipotizziamo un piano di assistenza finanziaria. L’Azienda, ad esempio, assumerebbe tre tecnici per aumentare la sua produzione: costo annuo 100/120 milioni. Assumerebbe un funzionario di vendita per la diffusione dei suoi prodotti sul territorio nazionale: costo annuo 50 milioni. Parteciperebbe a fiere per un costo annuo di 100 milioni. Svolgerebbe un piano pubblicitario per un costo annuo di 100 milioni. Aggiungiamoci le classiche varie ed eventuali per altri 130/150 milioni.
L’investimento nel corso dell’anno sarebbe, dunque, di circa 500 milioni. Considerando la capacità di autofinanziamento, il capitale necessario per far da volano potrebbe essere di 200/300 milioni. Noi non sappiamo se questa è una gran cifra: lo deciderebbe il Funzionario della banca-che-non-c’è. Di certo possiamo calcolare che la banca-che-non-c’è incasserebbe, dall’Azienda, in un anno, 30/40 milioni tra interessi e commissioni, riducendo il suo rischio totale.
Nella prima parte di questo articolo, dedicato ai massimi dirigenti di Istituzioni creditizie, abbiamo simulato un tipo di assistenza creditizia non basata sul patrimonio dell’Azienda da finanziare ma sulla sua capacità di creare reddito. Abbiamo visto i vantaggi per l’Azienda e quelli della banca-che-non-c’è, vediamo anche altri aspetti che secondari non sono per le Piccole e Medie Aziende Meridionali. 1) Abbiamo detto, nella simulazione, che ci sarebbero, subito, quattro nuove assunzioni di tecnici e funzionari di un certo livello (quelli che normalmente per opportunità di lavoro si trasferiscono al nord Italia). È evidente, anche, che con quello stesso ritmo di sviluppo, l’Azienda potrebbe dar lavoro entro breve tempo ad almeno una decina di tecnici. 2) Il maggior fatturato dell’Azienda si tramuterebbe in maggior ricchezza per il nostro territorio, in termini di spesa. 3) Si diffonderebbe in Italia il nome di un’Azienda meridionale 4) Il diffondersi della cultura imprenditoriale, farebbe nascere nel nostro territorio analoghe iniziative. Per la verità noi non crediamo a quanto abbiamo scritto, crediamo che la simulazione fatta non diventerà realtà: la nostra considerazione-conclusione è amara e negativa. Abbiamo conosciuto decine di funzionari di Istituti di credito, abbiamo diretta conoscenza anche di dirigenti che occupano cariche di una certa rilevanza. Finora non abbiamo avuto sentore di banchieri. Sappiamo, invece, cosa dicono i bancari dei clienti. Frasi che fanno intendere antagonismo, prevenzione, diffidenza.
Dicono i bancari: “Non è mio potere” (si sa bene il contrario!). “Siamo pieni di lavoro” (e noi non facciamo parte del tuo lavoro?). “Vedremo” (cosa?). “Lei comprenderà” (non comprendiamo assolutamente!). Queste sono le frasi antipatiche; quelle gravi non possono essere scritte ma, scommettiamoci, sono pensate e dette!
Ad un bancario capitò questo. Aveva emesso un assegno per il quale era stata fatta una richiesta di benefondi con conseguente blocco dell’importo sul suo conto corrente.
Blocco, per dimenticanza, non tolto. Emise, il bancario, a distanza di tempo, un assegno che fu presentato all’incasso. Per l’errore di cui sopra fu comunicato, a voce, al collega dell’altra banca, che non c’erano fondi! Chi disse questo era a meno di dieci metri dal collega al quale, e lo sapeva, stava facendo fare una brutta figura, per colpa della banca! Il grave non è che sia successo: tutti possono sbagliare! Il grave è che la mentalità da bancario gli impedì di andare dal collega e domandargli come mai avesse fatto quell’assegno. Gli impedì di preoccuparsi del suo collega, umanamente! Dovreste vedere, ora, come si comporta il bancario soggetto della disavventura! Si comporta con i clienti molto peggio di quanto si comportò con lui il suo collega. Il bello è che racconta la sua disavventura per dimostrare quanto sono (omettiamo il termine che usa) alcuni suoi colleghi! Quanto lontana è questa mentalità da quella delle Aziende che nella qualità dei prodotti e servizi trovano motivo di sopravvivenza e non dalla protezione di leggi ed istituzioni statuali.
Ad aggravare il fenomeno del rapporto con le banche, esaminiamo anche il comportamento di una banca del nord ed una del sud, poiché noi del sud, in più, abbiamo altri problemi. Immaginiamo che un Giovanni Brambilla depositi 100 lire presso la sua banca e che poi un Mario Brambilla chieda in prestito dei soldi, la banca del nord gli presta 71 lire. Se un Gennaro Esposito deposita 100 lire, un Carmine Esposito, che chiede soldi in prestito, ne riceve 58 lire.
Ora, considerando che per ogni 100 lire che si depositano in banca lo stato consente a prestarne circa 65, evidentemente la banca di Brambilla prende da qualche altra parte la differenza: dalla banca di Esposito! Anche se incredibile è proprio così: il sistema bancario è strutturato, istituzionalmente, per prelevare risparmio al sud e trasferirlo al nord. Ancora più incredibile poi, è il fatto che le piccole Istituzioni creditizie del meridione siano, dopo 135 anni di colonizzazione, tanto asservite al sistema coloniale, da avere un rapporto impieghi/depositi decisamente più sfavorevole rispetto ai grandi Istituti nazionali.
In pratica funzionano da raccoglitrici di risparmio che investono in credito allo stato ed in credito a banche che investono nel nord d’Italia. (Ogni tanto scoppia uno scandalo in una banca meridionale: imbrogli, cattiva gestione, eccetera. Soluzione: una banca del nord viene “invitata” a salvare la banca “discola” del sud. E … con pochi miliardi si appropria di migliaia di miliardi di raccolta – che investirà al nord – di immobili, di sportelli ben radicati sul territorio, eccetera! Furbi, i “salvatori”, no?).
Altro fatto legato al rapporto che le banche hanno con Brambilla e con Esposito. Facendo media tra i piccoli ed i grandi utilizzatori dei soldi del sistema bancario, se Brambilla chiede 100 lire paga di interessi 16 lire mentre Esposito ne paga 19 (se gli va bene!). Fenomeni come quelli dell’usura, hanno la loro origine anche nel sistema del credito che, asservito a interessi di pochi, trascura l’interesse collettivo (per non parlare delle vere e proprie collusioni).
Esaminiamo, ora, per esemplificare quanto vogliamo dimostrare i dati veri e reali ricavati da un Bilancio di un Istituto di credito che, per comodità, d’ora in poi chiameremo “Banca”. Abbiamo verificato, confrontando cifre di bilanci ufficiali, che questi dati sono simili per la gran parte dei piccoli e medi Istituti di credito che operano nel Meridione d’Italia. I grandi Istituti di credito, invece, hanno una doppia faccia. In alcuni casi, i meno frequenti, si comportano al sud come al nord: svolgono, per quanto banche, il loro compito al meglio. Negli altri casi sfacciatamente dichiarano che la loro Filiale, Dipendenza, Agenzia è “di raccolta”. Lo scopo è ben definito: raccogliere denaro che sarà impiegato altrove! Ecco i numeri (in milioni di lire).
Raccolta diretta, Debiti verso Banche, Fondi rischi, Patrimonio netto: L. 314.976 – Depositi a risparmio, Conti correnti, Certificati di deposito, Pronti contro termine: L. 256.266 – Titoli di terzi L. 159.838 – Impieghi con Clientela ordinaria: L. 132.936 – Titoli di proprietà non immobilizzati, Partecipazioni: L. 131.297 – Impieghi interbancari: L. 38.258 – Fondi rischi su crediti: L. 802 – Capitale sociale, Riserve, Fondo rischi generali: L. 54.204 – Utile netto di esercizio: L. 13.739
Allora! La “Banca” raccoglie L. 256.266 milioni e ne impiega (presta) L. 132.936. Cioè ne presta solo il 51,87%. E … che fine hanno fatto gli altri L. 123.330 milioni? Cerchiamo nel bilancio e scopriamo che la “Banca” ha prestato L. 38.258 milioni ad altre banche ed ha comprato L. 85.508 milioni di titoli dello stato, di altre banche e di altri. Il totale di questi impieghi è di L. 123.766: li abbiamo trovati! I soldi dei risparmiatori della “Banca” sono serviti, alla “Banca”, per finanziare altre banche e lo stato. Brava!
Ed ora spostiamo la nostra attenzione sugli utili. Si potrebbe dire che quei bancari sappiano fare i banchieri poiché hanno chiuso il bilancio con un utile di L. 13.739 milioni. Ci dispiace: non si può dire!. Sono bancari non banchieri!
Cerchiamo, sempre nel bilancio ufficiale, e troviamo che la “Banca” ha guadagnato, prestando soldi ad altre banche (quali?, del nord o del sud?), L. 3.274 milioni ed ha guadagnato sui titoli a reddito fisso L. 16.318 milioni, per un totale di L. 19.592 milioni. Quindi se prestando i soldi alle altre banche ed allo stato ha guadagnato L. 19.592 milioni e l’utile di bilancio è stato di L. 13.739, vuol dire che con la normale attività di banca ha perso L. 5.853 milioni!
Come volevasi dimostrare: bancari e non banchieri!
Se poi andiamo a vedere anche l’attività dei bancari scopriamo che non sanno fare neanche quella. Infatti scopriamo che quegli utili sono solo probabili poiché i bancari hanno prestato L. 10.225 che considerano probabilmente persi. Inoltre hanno L. 29.284 milioni di crediti garantiti da ipoteche su beni immobili.
Il fatto diventa un po’ tecnico, quindi leggiamo con calma. Sembra che gli amministratori della banca trovandosi con L. 39.509 milioni di prestiti che i debitori non potevano restituire, abbiano fatta una selezione. Chi aveva un bene immobile ha dovuto prestare ipoteca su quei beni. Chi non aveva beni immobili sufficienti allo scopo, è stato passato alle cure del legale. Ora gli amministratori ritengono di aver ben operato. Noi riteniamo che la divisione in buoni e cattivi non dovesse essere quella della proprietà immobiliare o meno. A nostro giudizio la “Banca” avrebbe dovuto stabilire quali aziende avessero una capacità di stare sul mercato e quali no. Le prime dovevano essere assistite, indipendentemente dalle proprietà immobiliari, mentre le seconde dovevano essere abbandonate ai legali. Comportandosi così come si è comportata, la “Banca” può darsi che abbia finanziato, ancora una volta degli incapaci e non chi poteva uscire dalla momentanea situazione negativa. Siamo convinti che ad esaminare i 29 miliardi coperti da ipoteche, si scoprirebbe che la gran parte di quei soldi non torneranno mai nelle casse della “Banca” perché dati a chi aveva il solo merito di avere proprietà e non capacità.
E questo dimostra quanto abbiamo asserito nella prima parte di questo articolo, sull’inutilità delle fideiussioni che dovrebbero proteggere gli impieghi delle banche e dovrebbero metterle a riparo dalle insolvenze.
Se è rimasto un minimo dubbio citiamo i dati di un’altra banca che per comodità chiameremo “Banca Due”.
La “Banca Due” indica nel suo bilancio un Utile di esercizio che rendiamo pari a 1.000 (le altre cifre sono in proporzione). Indica anche le seguenti partite: Totale crediti verso clientela 3.418; Raccolta 60.109; Impieghi 24.888, dei quali 14.186 (57%) alle imprese. Quindi rischia di perdere una somma pari a 3 volte e mezza rispetto all’utile e pari ad un quarto dei soldi dati alle imprese! Bancari!
Noi siamo convinti che le pratiche siano formalmente ineccepibili e che ci siano fior di fideiussioni e che nessuno si possa rimproverare se è andata così. Noi siamo altresì convinti che i funzionari di quella “Banca Due” non abbiano il minimo senso della realtà. Siamo, infine, convinti che la “Banca Due” non sappia e non voglia fare il suo mestiere di Istituto di credito. Basti considerare che a fronte di un Utile di esercizio di 1.000 ha avuto 1.838 come Interessi da altre Istituzioni creditizie per Depositi e Conti Correnti. Il cerchio si chiude: anche la “Banca Due” svolge bene il suo compito di raccogliere soldini e di riversarli ad altri Istituti di credito che sanno a chi darli. E da tener conto del fatto che, a fronte di 14.186 impiegati come linea di credito alle imprese, ha raccolto 60.109, cioè meno del 24%!
Siamo alla fine della seconda parte di questo articolo sulle banche. Apparentemente, quello delle banche, non è un problema del sud ma è un problema italiano. Se è vero questo, è anche vero che non tutte le salite sono uguali: sulla statale che univa Napoli a Bari c’era una salita che veniva definita “sferracavalli” perché tanto ripida da far saltare i ferri dagli zoccoli dei cavalli.
Debilitati da 135 anni di colonizzazione e di sfruttamento, le nostre popolazioni devono affrontare salite “sferracavalli” nei rapporti con le banche, nei trasporti, nelle comunicazioni, nella politica estera, nei servizi, nel lavoro, eccetera, eccetera, eccetera … !
Quando, invece di lamenti, sentiremo elevarsi dal sud d’Italia un grido? Quando sentiremo rumori di persone all’opera? Questi articoli non sembra che abbiano suscitato grandi reazioni. Ci domandiamo se siamo ancora vivi oppure 135 anni di colonizzazione ci hanno uccisi. Dentro! Ma perché allora questi articoli? Perché …. Perché si confida sempre nella Giustizia. Si confida sempre nell’Intelligenza. Si spera sempre nella Resipiscenza. Si crede nei Cambiamenti in meglio. Motivi inconcludenti, alla fine, ma pur sempre motivi. Ad un vecchio professore tedesco, glottologo, che per cinquanta anni aveva trascorso il suo mese di vacanze intervistando persone studiando la trasformazione delle parole nel tempo, fu chiesto perché facesse questo. “Questo è un lavoro fatto” – rispose – “forse qualcuno, in seguito, ripartirà da dove io ho lasciato”.
Carmine De Marco
fonte
http://www.adsic.it/2004/07/16/a-nord-banchieri-a-sud-bancari/#more-181
luglio 2004