Addio folklore, buongiorno folklore
Come ci manca ora quel folklore che amavamo, che non esiste più, di cui non sussistono che dei brandelli. Prestiamo l’orecchio alla sua leggenda come quelli che provavano a sentire le campane di rame della collegiata di S. Michele Arcangelo di Itri.
Quel ritorno che ci si propone alle lingue regionali, all’infuori dei secondi fini politici che lo ispirano, esprime un vero desiderio, non solo di ritrovare delle radici perdute, ma soprattutto di ritornare ad un universo magico, che il mondo moderno ha spazzato via. La provincia, il paese, la parrocchia :il folklore ne era, non come oggi, la musica d’atmosfera, ma la sinfonia profonda.
Tutti hanno avuto la loro parte nella distruzione del folklore: la Chiesa, che ha voluto sradicare vecchie credenze e superstizioni pagane, la scuola laica, che non era meno severa riguardo a queste manifestazioni diffuse di misticismo.I ragazzi dei Lumi, dell’Encyclopédie di Diderot e di Alembert, guardavano con disprezzo i culti ancestrali, i riti pagani, le feste della natura, che sembravano loro delle infantilità dei costumi medioevali nel momento dei nuovi dei :il progresso, la scienza.
Questo gusto per gli armadietti del pane, i vecchi armadi, i letti d’ottone, per i quali le famiglie si sbranano ad ogni eredità, come se si disputassero le reliquie dei loro antenati, testimonia una nostalgia per i tempi delle lucerne e della marina a vela, ma anche di una carenza :sono oggetti che evocano epoche ritmate dal sacro. l’”angelus”, i vespri, le feste di S. Giovanni e tutti i riti associati ai grandi avvenimenti della vita, il battesimo, il matrimonio, le mietiture, le semine, le vendemmie, avviluppavano l’esistenza in una disposizione a rete fitta di segni e di simboli.
Le campane che sgranavano le ore, le cerimonie religiose che, dalla nascita alla morte, accompagnavano l’uomo nel suo cammino, davano un senso, anche se non si credeva né a Dio né al diavolo, e una poesia al mondo. Se vogliamo, se non risuscitare, almeno salvaguardare delle vestigia di questo universo scomparso, è che sentiamo che esse portavano con sè un conforto, una magia quotidiana, che i giochi teletrasmessi e il Telegiornale delle 20 hanno, malgrado i loro sforzi, un bel torto a trasmetterci. Essi lampeggiano come luci rosse, non brillano come le stelle.
Alfredo Saccoccio