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AGESILAO MILANO SICARIO DI FERDINANDO II

Posted by on Gen 10, 2023

AGESILAO MILANO SICARIO DI FERDINANDO II

Carteggio dell’incaricato di affari interinale di Sardegna a Napoli conte Giulio Figarolo di Gropello dal 9 dicembre 1856 al 7 gennaio 1857 sull’attentato di Agesilao Milano.

Bisogna ricordare che ministro degli esteri di Sardegna era Cavour, ma il suo nome non figura mai nell’interessante corrispondenza: figura invece quello del conte di Salmour, segretario generale. Il giorno dopo l’attentato, 9 dicembre 1856, il conte di Gropello mandò al suo governo questo primo rapporto. Alcuni particolari non sono esatti, ma la relazione è nel complesso precisa, accurata ed eloquentissima, come son tutti i racconti posteriori.

Napoli, 9 dicembre 1856.

Ricorrendo ieri la festa della Immacolata Concezione, S. M., siccome è suo costume, aveva ordinato che vi fosse al campo di Capodichino una grande parata militare. Assisteva alla medesima

S.M. unitamente alla Regina ed a tutta la famiglia Reale. Già erasi celebrata la messa ed il Re, circondato dal suo Stato maggiore, postosi in un canto della piazza d’armi vedeva il defilé delle truppe. Già gran parte di esse era passato in fila innanzi al Re, quando dalla settima compagnia del 3° battaglione cacciatori che veniva diritto verso

S.M. per indi convergere a diritta, usci più ratto del fulmine un soldato, e furiosamente slanciandosi sul Re, in due salti gli fu sopra e gli diede un colpo di baionetta al fianco diritto, che riusci appena a toccarlo. Il soldato si apprestava a rinnovare l’assalto quando il tenenente colonnello La Tour, che veniva ad annunziare a S.M. che aveva fatto eseguire certi ordini da lui ricevuti, visto l’atto minaccioso del soldato, gli si avvento sopra con il cavallo ed atterratolo al suolo impedi che sorgendo di bel nuovo, compiesse l’esecrando attentato. In un batter d’occhio gli furon sopra molti fra soldati e gendarmi che lo afferrarono e legatolo lo condussero prigione.

Il Re con grande intrepidezza e fermezza d’animo non diede segno di commozione, assistette alla parata come se nulla fosse occorso, ed a cavallo, percorrendo la popolosa Toledo, si ridusse al Reale Palazzo. Testimonio oculare del fatto, io subito mi occupai di quanto era a farsi nella attuale circostanza nella mia qualità di rappresentante

interino del Governo di S. M., e saputo che il Ministro di Spagna, indossato l’uniforme, era corso alla Reggia onde presentarsi a S. M., ho creduto dover mio far la medesima cosa. Ai piedi dello scalone del Palazzo trovai il Ministro di Russia che, in uniforme al par di me, recavasi a complimentare S. M.

Come era naturale, S. M. si compiacque ricevermi dopo il sig Kokoskine, ed io interprete dei sentimenti del Re N. A. S. e del Governo di S. M. ebbi l’onore di rassegnare a S. M. Ferdinando secondo l’espressione della profonda indignazione che nell’animo di tutti avrebbe potentemente destato l’annunzio di si orribile attentato, felicitando in pari tempo di esser cosi provvidenziale scampato da tanto pericolo. S. M. mi accolse con molta benevolenza e mi disse che era più che persuaso della sincerità dei sentimenti che il Re di Sardegna ed il Governo Piemontese nutrivano per la sua persona, e che era assai sensibile alla premura colla quale io era corso a complimentarlo. S. M. mi assicurò di sua propria bocca che era stato cosi leggermente ferito che era cosa da non farne più parola, ed io dal contegno, tranquillo ed indifferente di S. M. confermo, quanto più sopra dissi, sulla imperturbabilità del suo animo. II Re da tal tatto ritrae un evidente segno della protezione della Vergine per la sua persona, e per la sua famiglia: tale convinzione in lui già forte s’invigori maggiormente e forse nelle luture deliberazioni che dovrà prendere la medesima potrà aver gran parte.

Ebbi ieri parimenti l’onore di ossequiare S. M. la Regina, alla quale espressi i medesimi sentimenti che aveva esposto a S. M. Le LL. MM, il Re e la Regina mi diedero l’incarico di assicurare S. M. il Re del vivo interesse che prendono ad ogni qualunque particolarmente Lo concerna, e della soddisfazione che provano nel ricevere favorevole notizia di sua preziosa salute. A compimento dei ragguagli, che hanno relazione al fatto in se stesso, debbo confessare a Vostra Eccellenza che grandissimo fu il mio stupore nel vedere la generale indifferenza sia della truppa che della popolazione in presenza dell’attentato, fatto sulla persona del Sovrano. Non un grido, non una voce si intese; l’ordine non venne menomamente sconvolto, ma eziandio non furono in nessun modo esternati quei sentimenti di devozione e di entusiasmo per un Re, che sfugge per miracolo a certa morte, Quando diversa è stata, a quanto mi fu assicurato, l’attitudine del popolo Napoletano quando nel 1833, se non erro. Rossarol e Lancillotti attentarono alla vita del Re!

La popolazione allora gli diede colle sue entusiastiche acclamazioni non dubbie prove della sua devozione, ora invece il silenzio dela tomba lo accoglie ovunque passa. Questa cosi diversa situazione mostra a chiare note che l’animo del popolo è interamente cambiato, e per colpa di chi non oso indicarlo.

Il Re nella stessa sera usci di bel nuovo in vettura per la città e certamente a quella ora Napoli tutta sapeva l’orribile caso, ma come prima allora pur anco la popolazione fu muta. Generale fu lo stupore che destò questo stato degli animi del popolo napoletano: tutti riconobbero nel silenzio assoluto della popolazione un terribile indizio di poco e nessuno attaccamento alla persona di S. M. e come Vostra Eccellenza potrà di leggeri darsene ragione chi ne trasse sgomento e chi motivo di speranza. Vengo ora ai ragguagli che mi venne fatto di procurarmi sulla persona dello sciagurato soldato. Chiamasi costui Melana, Calabrese di provincia, nativo o di S. De metrio o di S. Benedetto Ulano, villaggi che appartengono a quelle colonie greche che sono sparse nelle Calabrie.

Mi venne raccontato che egli nel 48 fece parte della banda Sicula, che il sig. Ribotti sbarcò su quelle coste e che uno dei parenti suoi fu vittima della tremenda reazione, che venne iniziata dal Colonnello Nunziante in quell’epoca. Da quel punto venne meditando il regicidio, ma non so per qual motivo entrò dopo l’anno 50 in un Seminario. Infastidiosi dello stato sacerdote usci di Seminario e prese in qualità di cambio di recluta servizio militare, e da sette mesi trovavasi iscritto al 3° battaglione dei cacciatori. Benchè nel giorno di ieri non gli toccasse di andare alla parata, pure chiestane facoltà al suo capitano l’ottenne, e sulla piazza d’armi tentò di porre in opera l’infame disegno. Scrisse egli stesso con uno stoicismo grandissimo la sua deposizione: disse che aveva cercato di trovar complici fra i suoi compagni, ma non aver rinvenuto nessuno; aver egli compiuto il suo mandato; dolergli di aver fallito il colpo. Fin ora non mi è dato di saper più oltre su tale argomento, se il fatto sia isolato o se abbia ramificazioni. E’ voce generale esser egli un settario Mazziniano; e se le sue deposizioni sono esatte, non se ne può gran fatto dubitare.

Mi limiterò per ora a far rimarcare a Vostra Eccellenza che questo fatto prova quanto ebbi più volte l’onore di esporle, che la truppa è corrotta ed è malcontenta. Costituzionali, Murattiani e Mazziniani e massime questi due ultimi partiti cercano di subordinarla e da molto tempo trovano l’adito più facile e le adesioni più frequenti. Il sistema di corru- zione e di spionaggio stabilito nei reggimenti ha rotto la disciplina e le continue misure di rigoree di pressione non possono a meno di produrre i loro tristi effetti.

Quindi ben a ragione le potenze alleate rendevano avvertito il Re di Napoli dei pericoli e dei danni che lo minacciavano. I fatti di Sicilia e l’attentato di Melana sono chiaro argomento dell’opportunità e senno delle rappresentanze di Francia e di Inghilterra. Dimani o quanto prima potrò, mi farò un dovere di rassegnare a V. E. quei maggiori ragguagli che mi verrà fatto conoscere su questo

Sgraziato accidente. Con tutta premura oggi, stringendoni il tempo per l’anticipata partenza del Capri, mi affretto d’inviarle il presente rapporto qualunque egli sia.

fonte

1^ Reggimento Re

1 Comment

  1. Un’avvisaglia che Re Ferdinando forse non colse…eppure proveniva dalle sue “forze armate”!…troppo ottimista.. o forse fatalista!… mori’ troppo presto… non c’era ai tempi la penicillina… penso’ piuttosto di affrettare il matrimonio del suo erede, Francesco… Ma naturalmente, col senno di poi, ci voleva ben altro! caterina

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