“ALFONSO IL MAGNANIMO DI GIUSEPPE CARIDI” Un bel libro sul Re del Rinascimento Italiano
Tutti i titoli di Alfonso il Magnanimo sono elencati, con varie abbreviazioni, in una medaglia opera di Antonio di Puccio Pisano, meglio noto con lo pseudonimo di Pisanello, che è stato tra i maggiori esponenti del gotico internazionale in Italia.
“Divino Alfonso, re d’Aragona, Sicilia, Valencia, Gerusalemme, Ungheria, Maiorca e Corsica; conte di Barcellona, duca di Atene e di Neopatria e conte di Rossiglione e di Cerdagna”.
Ma fu veramente Alfonso il mecenate precursore del Rinascimento a Napoli e in Italia?
Davvero si deve a lui se all’Italia del buio nell’età di mezzo, successe l’Italia dell’umanesimo e della rinascita artistica e culturale prima che politica e sociale?
O non prevalse nella sua non lunga vita dedita a battaglie, conquiste, assedi e assassini, il “re de guerra” descritto in una lunga relazione da quel Borso D’Este, erroneamente da alcuni ritenuto sovrano generoso e illuminato e invece taccagno e feroce risparmiatore con gli artisti?
A queste domande prova a dare risposte storicamente attestate il reggino Giuseppe Caridi, Ordinario di Storia Moderna nell’Università di Messina, specializzato nella storia del Mezzogiorno d’Italia, attraverso un lunghissimo saggio pubblicato da Salerno editrice: “Alfonso il Magnanimo – Il re del Rinascimento che fece di Napoli la capitale del Mediterraneo”.
Vi dico immediatamente che si tratta di un libro bellissimo, intenso.
Caridi da ricercatore puntiglioso e perspicace ha fatto ricorso a documentazioni originali letterarie e archivistiche, comprese alcune cronache spagnole e napoletane, con il ricorso alla enorme documentazione dell’Archivio della Corona d’Aragona conservata a Barcellona, i verbali delle Corti degli Stati Iberici e la corrispondenza degli ambasciatori catalani e milanesi a Napoli, oltre alla immane bibliografia italiana e spagnola sul sovrano, prospettandoci un bios lungo e analitico delle varie fasi dei sessantadue anni di vita di Alfonso di Aragona, dalla nascita, all’ascesa militare, alla presa di Napoli, al suo risaputo mecenatismo, caratteristica per la quale è stato tramandato alla storia come il Magnanimo.
Pochi uomini possono menar vanto di avere caratterizzato un’epoca come Alfonso.
Nell rinascimento italiano forse soltanto Lorenzo il Magnifico può eguagliarlo, ma neppure tanto, in quanto, diversamente dall’esponente dei Medici, l’aragonese vantò una influenza del suo operato in tutto il Mediterraneo, dove realizzò nuovi rapporti di potere nell’Europa del ‘400.
Grazie a lui, Napoli divenne una grandissima capitale europea, meta di studiosi e artisti almeno per quattro secoli.
Alfonso ha fatto il suo ingresso da trionfatore a Napoli, dopo un lungo assedio, battaglie e corruzioni, il 26 febbraio 1442, decidendo di fissare la sua dimora nella città del Vesuvio, elevandola al rango di capitale dei suoi possedimenti e, di fatto, capitale della cultura e dell’umanesimo europeo, grazie al suo generoso mecenatismo che nella città partenopea accolse letterati e artisti provenienti da ogni contrada europea. E per questo passò alla storia come il Magnanimo. Insieme alla promozione dell’arte e della cultura, Alfonso ospitò tecnici e urbanisti di valore e mise in atto iniziative di carattere urbanistico, edilizio ed economico senza precedenti. Fondò a Catania la prima Università siciliana, ricostruì magnificamente il Maschio Angioino che era diventato un ammasso di rovine per le continue guerre e che per questo divenne Castelnuovo, dotandolo di un fantastico arco di trionfo, istoriato con le sue gesta. Egli ne fece realizzare le torri in forma cilindrica, più adatta a sostenere gli assedi e vi fece incastonare l’Arco di Trionfo. Questi venne decorato ad opera di un gruppo di artisti guidato da Francesco Laurana. Sul bassorilievo dell’arco inferiore è illustrata la vittoria di Alfonso che fa il suo ingresso in città come un imperatore romano, con il seguito di dignitari e musicanti. Nel corteo, unica donna, quella che fu la sua ufficiale e conosciuta concubina, l’amata Lucrezia d’Alagno.
La biografia di Alfonso il Magnanimo assume contorni mitizzati quando il panegirista Panormita riferisce che il Magnanimo sia addirittura guarito da una brutta malattia solo ascoltando la lettura da parte sua di alcune pagine della storia di Alessandro Magno opera di Quinto Curzio Rufo.
Fu per Napoli e il suo regno un periodo di prosperità e pace, di floridità economica e sociale e la corte di Alfonso venne frequentata da celebri umanisti come Giovanni Pontano, Lorenzo Valla e Emanuele Crisolora.
Il corposo volume di Giuseppe Caridi accompagna mirabilmente la vita e l’ascesa di Alfonso, i problemi che l’hanno caratterizzata, le discese e le risalite, i tradimenti e le riscosse, le battaglie e gli amori, tutto col piglio dello storico che conoscendo a fondo la materia, si può permettere anche il lusso di entrare nelle minuzie, nei particolari, senza mai cadere nel noioso storicismo di maniera, costringendo invece il lettore a partecipare attivamente ai fatti raccontati.
Le vicende, pertanto, scorrono in tal modo come una tridimensionale pellicola filmica, la storia si alterna con la quotidianità, il generale con i piccoli eventi di ogni giorno e al lettore-spettatore non par vero di poter familiarizzare con il re e con il semplice cittadino vessato dagli sprechi o stipato a lato strada ad accogliere l’imperatore in visita ufficiale a Napoli.
Insomma una monumentale opera pittorica, questa di Giuseppe Caridi, che minuziosamente racconta, con la vita di Alfonso di Aragona, detto il Magnanimo, un arco temporale nel quale il Medio Evo cedeva il passo al Rinascimento italiano e la città di Napoli assurse al grado di polo centrale in Europa per la cultura, le arti, l’architettura e le scienze.
Natale Pace