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Alla Pietrasanta, Napoli, tesori di bellezza che raccontano verità nascoste

Posted by on Dic 16, 2016

Alla Pietrasanta, Napoli, tesori di bellezza che raccontano verità nascoste

Giuro. E’ un ponderato giudizio su accertati dati di fatto: Vittorio Sgarbi è un apostolo. Apostolo di un Credo: la Bellezza. Che è anche bontà. Kalòs kai agatòs. Bello e buono. Greche parole. E le sue maleparole? Sono giustificate. Causate da giusta indignazione. Giovenale, un antico delle nostre parti, ce lo ha insegnato: Indignatio fecit versus. Ma come la mettiamo con il suo chiamare gli altri “capra, capra, capra”? Con il fatto che anche le capre hanno una loro bellezza. E Sgarbi ce le mostra in un quadro. «Vedete?- ci dice- sono belle e hanno pure le corna».

Il quadro, di Philipp Peter Roos, è esposto alla Pietrasanta, la bellissima chiesa sconsacrata, nel centro storico di Napoli, uno spazio immenso, magnifico. Lui vi ha organizzato la mostra Tesori nascosti, 150 capolavori dell’arte di collezioni private. “Il privato qui è reso pubblico. A volte è il pubblico che priva della visione dell’arte, il pubblico, ci dice Sgarbi. E bisogna capirlo. La mostra è una carrellata nella storia dell’arte dal tredicesimo al ventesimo secolo. E forse è anche  un omaggio a Napoli. Perché sempre più – sembra – il Prof va comprendendo la magnificenza artistica di questa nostra città, che vive dalla Magna Grecia e la conserva. Ecco infatti che questa mostra, mentre, in una sua precedente edizione, iniziava da opere dell’ambiente di Giotto, ora inizia con due teste di donna del tempo di Federico II, che era un genio, anche lui, e aveva tre corone in testa, di Re d’Italia, di Germania e di Imperatore del Sacro Romano Impero.

Federico comprese l’intelligenza napoletana (allora c’era) e, nel 1224,  fondò a Napoli  l’Università degli Studi, la prima Università laica del mondo. Queste due teste di donna, dal modellato morbido e compatto, esprimono una figuratività carnalmente reale, insieme alla magnificenza regale del periodo federiciano. Poi ecco in mostra un Sant’Evangelista di Tino di Camaino. E il Prof non ci dice, come avrebbero fatto altri, che Tino portò la civiltà senese dalle nostre parti. Ma: «Tino è nato a Siena ma è vissuto e ha operato nel Sud, tanto che deve essere considerato uno scultore meridionale» ci dice. Tino, un grande scultore. Sulla stessa linea, è Giovanni da Nola, presente anche lui nella mostra con alcune sculture di scuola, e una, la Vergine Annunciata, bellissima, di sua mano. Ma le pitture sono di gran lunga più numerose delle sculture. Sono tante che fanno girare la testa. Ecco Teodoro d’Errico, un olandese, vissuto per decenni a Napoli e talmente napoletanizzato da essere nominato console dei pittori napoletani. E’ addirittura divertente ne “La predica di San Domenico”. Qui vi è una tipa, sulla destra, che sta quasi dormendo -per la noia?- e un tipo, sulla sinistra, che si sporge in avanti per pettegolare (?). Ma ecco, sempre di Teodoro d’Errico, una Annunciazione di tutt’altro stile, che ti prende con la sua prospettiva scombinata e ti fa venire in mente l’Annunciazione dipinta da quel geniaccio napoletano di Francesco Curia, che è a Capodimonte. Cosicché si puo’ pensare che questa mostra sia una sorta di succursale di quella cassaforte di meraviglie che è la Reggia borbonica nel Real Bosco di Capodimonte. Molte sono le pitture di artisti napoletani o a lungo residenti a Napoli.  Ma interessanti sono pure quei dipinti di autori poco noti o del tutto ignoti anche ad alcuni parzialmente ignoranti come me. Per esempio c’è Marcantio Bassetti (e chi è?), presente con un bel “Giuda”.  E un tipo pazzo come Benedetto Zalone, un pittore originale – ci dice Sgarbi -, che diventa stravagante nel mettere il Divino Bambino in braccio a San Giuseppe – e perché no?-, mentre la Madonna sta lì a guardarli. Non so come faccia, il Professore, ad avere in testa tante immagini e tanti nomi. E’ una persona realmente eccezionale, di fronte alla quale pure i parzialmente ignoranti si sentono ignoranti del tutto. Naturalmente ci sono in mostra anche opere di autori famosi. Soprattutto opere seicentesche. Bellissime. Tre sono di Jusepe de Ribera, lo Spagnoletto napoletano. Magnifiche. E poi ci sono quelle di Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Luca Forte, Micco Spadaro ecc…. E c’è anche la star: Michelangelo Merisi da Caravaggio. Di Caravaggio è in mostra una “Maddalena addolorata”. E’ il ritratto di una ragazza che nasconde il volto e mostra una bellissima nuca. Rifà, tal quale, una figura femminile che Caravaggio ha dipinto, sulla destra in basso, ne “La morte della Vergine”, attualmente al Museée du Louvre.

Uno dei capolavori esposti. Gli scatti in questa pagina sono di Alma Repetto

E poi ci sono i pittori napoletani del Settecento borbonico, De Matteis, Falciatore, Bardellino…. E diversi dipinti di quell’Ottocento fino a non molto tempo fa privilegiato dai collezionisti, di quell’Ottocento che vide molti napoletani  rifugiarsi nella contemplazione naturalistica, Dalbono, Pratella, ecc, o nella storia passata o nell’esotismo, come  Domenico  Morelli, ecc.. Ma in mostra c’è anche uno degli artisti otto-novecenteschi più sensibili e affascinanti, di quelli che sentono il presente e lo riprendono con l’intelligenza del cuore e della mente, Vincenzo Migliaro, che ci parla e dice il vero. E con lui stiamo già entrando nel Novecento. Dove troviamo, e sono in mostra, anche tre opere di quel genio pazzo di Vincenzo Gemito e una dell’altro genio pazzo, Antonio Mancini. Mentre la “Donna al balcone” (1949/42) di Luigi Crisconio ci parla di una vita “normale”, quando già stiamo nel cataclisma di una guerra mondiale. E, del Novecento, ci sono opere di Arturo Martini, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Giorgio Morandi… una carrellata nell’arte e nella storia. Che è iniziata con l’armoniosa e morbida figurazione delle teste muliebri di epoca federiciana e sembra concludersi con il segno rude e deciso, i tratti caricati e per niente accattivanti dell’autoritratto naif di Antonio Ligabue, del 1962.  Il che qualcosa dell’oggi ci dovrebbe insegnare. Grazie, professore Sgarbi. Grazie.

Adriana Dragoni

pubblicato su mondodisuk.com

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