Alta Terra di Lavoro

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Ancora verità sul 1799 (II)

Posted by on Nov 5, 2019

Ancora verità sul 1799 (II)

sul Mattino e sui libri “giacobini”

L’esercito francese che massacra il popolo napoletano al Carmine.

Premessa: e se Il Mattino organizzasse un dibattito? Leggo solo ora alcune considerazioni scritte dalla sig.ra Antonella Orefice autrice di un libro sugli “eccidi ordinati dai Borbone” in alcuni paesini molisani, recensito da Il Mattino qualche giorno fa e al centro di alcune polemiche e di un mio precedente intervento. La sig.ra Orefice minaccia di querelarmi ma è difficile capire le motivazioni di queste minacce poiché avevo espresso semplicemente alcuni giudizi (dovrebbe chiamarsi “dibattito”, mi pare) in merito a quanto scritto nella recensione firmata da Mario Avagliano. Giudizi storiografici (altro che “giudizi spregevoli sulla sua persona”) e che non posso che confermare perché si nota in quelle righe effettivamente un “entusiasmo comprensibile” per chi trova un documento, ma credo che sia necessario  evidenziare le lacune di ricerche archivistiche di fonti “dell’altra parte” (e citavo un lungo elenco di paesi oggetto di massacri, saccheggi e devastazioni): è forse “spregevole” a Napoli chiedersi se si tratta o no di un libro parziale o imparziale? Sempre la sig. ra Orefice, poi,  mi sopravvaluta e sottovaluta (forse solo per un naturale istinto di difesa delle proprie posizioni) la portata di un nuovo fenomeno culturale: io non ho “seguaci” (non ho mai creato una setta): circa 20 anni fa ho semplicemente creato un movimento culturale (il Movimento Neoborbonico) che ha fatto opera di ricerca e divulgazione con tesi di segno contrario rispetto a quelle della cultura ufficiale. Il consenso e il successo riscontrati sono andati ben al di là dei mezzi in campo e delle più rosee previsioni anche perché, evidentemente, c’è un forte bisogno di radici (tutte le radici), di storie ricche di orgoglio e rispettose di tradizioni napoletane, cristiane e anche borboniche… La sig.ra Orefice, allora, non può accusare il sottoscritto per tutte le lettere a lei pervenute e dalle quali (ripetiamo un concetto già abbondantemente espresso) ci dissociamo qualora fossero risultate offensive o minacciose (non è stato mai il mio e il nostro stile e non possiamo certo disporre della volontà di quanti hanno manifestato il loro dissenso). Lei stessa, del resto, in un post pubblicato prima delle polemiche si rivolgeva al “popolo lazzaro” invitandolo sarcasticamente ad esultare per le verità raccontate sui “suoi Borboni”. Chi scrive, oltre alla specializzazione in Archivistica presso l’Archivio di Stato di Napoli, ha all’attivo semplicemente migliaia di ore di studio con pubblicazioni (quasi tutte esaurite) che raccontano storie diverse rispetto a quelle raccontate dalla Orefice. Tutto qui. Altro che “storielle” o “verità manipolate” o tentativi di “vendere chiacchiere” insieme alle (nostre) incapacità di “comprendere i suoi lavori”, affermazioni che pure si presterebbero a eventuali querele ma che supereremo amando i dibattiti e non amando i tribunali italiani. In quanto alla mia critica rivolta alle classi dirigenti, la sig.ra Orefice risponde affermando che “non ha velleità politiche” né è alla ricerca di “candidature” ma, come la sig.ra certamente sa, si è “classe dirigente” anche (e di più) da giornalista o da intellettuale e resta in piedi la mia tesi sulle responsabilità di chi, in oltre 200 anni, e nonostante un vero e proprio monopolio di segno giacobino e liberale (e che, a quanto pare, ancora non basta), ha formato culturalmente chi ci ha rappresentato in questi anni e (come lo stesso Mattino spesso denuncia) non in maniera del tutto adeguata. Le inviamo, poi, i nostri complimenti per la pubblicazione, di altre recensioni positive del suo lavoro ma la cosa conferma quanto già scritto a proposito del monopolio della cultura ufficiale che, naturalmente, può prevedere anche recensioni positive su Repubblica o magari (è una citazione della sig.ra Orefice) sulla rivista ufficiale della Gran Loggia d’Italia (e cioè di quella massoneria più volte al centro dei nostri studi e delle nostre critiche per le sue responsabilità in merito a certi processi legati all’unificazione). Per tornare, poi, a quella parola a Napoli (e dalle parti del Mattino) piuttosto rara (“dibattito”), come nel mio primo intervento, vorrei evitare le facili, semplicistiche e confortanti etichette (”neoborbonici”, “giacobini” ecc.) ed entrare nel merito di alcune domande alle quali la sig.ra Orefice non ha dato risposta alcuna: non è forse vero che fu Mazzini il primo a definire traditori quei giacobini? Non è forse vero quanto affermato dalle fonti francesi e cioè che a Napoli in 3 giorni furono massacrati oltre ottomila “lazzaroni” e in tutto il Regno (in meno di 5 mesi) oltre sessantamila persone di parte napoletana-cristiana-borbonica? Non è forse vero che partivano ogni giorno per Parigi convogli con le nostre opere d’arte o che diverse centinaia di popolani furono condannati a morte solo per non aver gridato “viva la repubblica”? Non è forse vero che nella socialmente e culturalmente variegata armata di Ruffo quei “mercenari albanesi” non superavano le poche decine ed erano, invece, soldati delle comunità albanesi fedeli alla dinastia? Non è forse vero che furono devastati tutti quei paesi (abitanti compresi) sia nel 1799 che nel successivo periodo murattiano (su tutti “l’onda dei morti” di Lauria)?  Non è forse vero che in tutto il mondo chi difende la propria patria dagli stranieri è celebrato dopo secoli (un esempio su tutti i popolani spagnoli antifrancesi dipinti da Goya) e solo da noi viene ignorato e disprezzato? Queste sono le domande che abbiamo rivolto alla Orefice e al Mattino e su questo dovrebbe riflettere davvero una città che, a quanto pare, non ha ancora fatto pace con la sua storia.  Concordo, infine, con la sig.ra Orefice sul fatto che per noi il 1799 è (brutta immagine ma cito il suo testo) “un’ulcera perforata” ma solo perché, dopo oltre due secoli, avremmo il dovere di ricordare con cristiano rispetto tutte le vittime della rivoluzione franco-giacobina, “perforate” (loro sì, e a migliaia!), dalle baionette francesi al Carmine o a via Foria, a Porta Capuana o al Mercato stando dalla difficile part dei vinti, ieri come oggi. Non era il “popolo lazzaro”. Era il Popolo Napoletano. Il nostro Popolo.

Prof. Gennaro De Crescenzo

fonte http://pocobello.blogspot.com/2013/06/ancora-verita-sul-1799.html

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