Antica carta geografica del Regno di Napoli, risalente al 1613
Ecco la descrizione che si trova nella Biblioteca Nazionale di Napoli
Il viterbese Mario Cartaro (1540-1620 ?), noto cartografo tra la seconda metà del ‘500 e gli inizi del ‘600, già incisore e cartografo a Roma sino al 1586, dalla fine del 1590 è impiegato presso la corte napoletana con l’incarico di designare e ponere in pianta qualsivoglia sito e pianta del Regno. In collaborazione con Cola o Nicola Antonio Stigliola (1546-1623) famoso erudito e scienziato nolano, il Cartaro viaggiò per due mesi allo scopo di riconoscere la descrizione del Regno. Ingegnere della Corte, il Cartaro fu altresì impegnato, insieme a Domenico Fontana, a verificare le fortificazioni del Regno. Onerato da numerosi incarichi lo si ritrova ancora agli inizi del ‘600 responsabile di varie missioni.La rilevazione del Regno effettuata da Stigliola e Cartaro, insolitamente voluta dallo stesso governo spagnolo, è senz’altro da considerarsi un monumento cartografico.La figurazione generale dei contorni dell’Italia meridionale peninsulare appare di gran lunga migliore che in qualunque altra carta precedente: le province del Regno sono straordinariamente fedeli; gli autori non ricalcano carte di rilevatori precedenti, più o meno corrette. Essi si rifanno, oltre che a rilevazioni de visu, anche a materiale manoscritto posseduto dal governo napoletano, quali carte o disegni parziali dei singoli territori, di zone costiere, di luoghi fortificati, risalente alla ricca cartografia aragonese tutt’ora conservata in sparuti frammenti, ma probabilmente ancora presente ai loro tempi. Per la prima volta vengono eliminate quasi del tutto le torsioni e le deformazioni tolemaiche, si perfeziona la rete idrografica e si individuano i centri abitati con notevole precisione.L’accuratissima descrizione manoscritta, di cui si sono salvati rarissimi esemplari non ebbe diffusione a stampa forse per ordine di re Filippo III di Spagna, probabilmente per timori strategici e quindi usata dal solo governo viceregnale e sarebbe andata letteralmente perduta se non fosse stata largamente utilizzata per l’esecuzione della più importante opera del Napoletano contenuta nell’Atlante d’Italia di Giovanni Antonio Magini (Bologna 1620). (V. Boni)
Lucia Di Mauro
fonte
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