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Assassinio di Emanuele: la toccante lettera di Achille Gussati, docente di Alatri.

Posted by on Mar 31, 2017

Assassinio di Emanuele: la toccante lettera di Achille Gussati, docente di Alatri.

Lo confesso: è sempre stata una mia debolezza, da quel provinciale che sono. Vedere un giorno sulle prime pagine dei quotidiani nazionali il nome della mia città, finalmente noto a tutti, magari per le sue mura, che improvvisamente il mondo avrebbe scoperto, o per le sue tradizioni, o per la sua storia millenaria.
E invece ora che tutto il Paese ne parla, vorrei che questa città scomparisse, che non esistesse su nessuna carta geografica, che nessuno si accorgesse di lei.

Ma poi rifletto che non è giusto, che non si deve nascondere il male che questa città covava e che è esploso con violenza inaudita, e so che è bene che si sappia, perché Alatri, purtroppo, è anche questo. Alatri non è il paradiso che vorremmo che fosse, non possiamo dipingerla con colori che non le appartengono, non è l’isola felice in un mare di merda. La violenza più cieca, il male più turpe, l’ignoranza più bieca, covano ad Alatri come in ogni altro posto. So che chi non è di Alatri, pur nello sconcerto del momento, prova un involontario sollievo quando considera che la tragedia di Emanuele, in fondo, è accaduta lontano da casa sua, e che il sollievo aumenta al crescere della distanza dal luogo del misfatto. è naturale, è umano: non vediamo l’ora di dimenticarle, certe cose, di potercene tirare fuori, o almeno di poterle guardare da fuori, da altrove e da estranei. Lo so, perché è quello che è accaduto a me quando si è trattato di Novi Ligure, del delitto di Erba, di Cogne e di mille altri casi di cronaca nera accaduti lontano da casa. Com’ero veloce, allora, nell’additare quelle situazioni, quei luoghi, quelle persone, frutti guasti di una società malata da cui io, fortunatamente, ero ben lontano… Ma stavolta non è andata così. Questa volta il male è venuto a bussare a casa mia, questa volta non è bastato cambiare canale, questa volta non c’è modo di sentirsi altrove. Il male è venuto e ci ha spinto a guardarci dentro. Il mito dell’isola felice, in cui queste cose non accadono, è distrutto. E questo è un bene. Che facciamo i conti con la nostra coscienza, allora.
I segnali c’erano già tutti, si dice, ed è vero. In questa piccola cittadina c’è troppa violenza, e non da ieri: bulli che cercavano conferme della propria virilità scatenando risse non sono mai mancati, gente la cui violenza aumentava col crescere della loro insignificanza come delinquenti. Tanto più brutali quanto più di poco conto. Da qui la violenza, spesso gratuita. Ma proprio questo è spaventoso. Quello che è successo venerdì notte è spaventoso perché non si è trattato di un regolamento di conti tra bande, non di una lite tra delinquenti, non di una rissa tra ubriachi. Non è accaduto per gelosia, per vendetta, per soldi, e nemmeno per cattiveria. è accaduto per niente. Fermatevi su questa parola e rifletteteci su. E vedrete che non c’è consolazione.
Violenza gratuita, assoluta, raccapricciante. Ma non è solo questo. Da che mondo, da che humus vengono fuori questi funghi velenosi? Da un’assenza totale, asfissiante, angosciante dei valori fondamentali che dovrebbero essere noti, accettati e condivisi da tutti. Quindi, in definitiva, dall’assenza di una cultura propriamente umana. Alatri, come troppi paesi della nostra provincia, ha perso molto terreno da questo punto di vista: quante librerie, quanti teatri, quanti cinema, quanti musei ci sono in un territorio così vasto? Quante persone ne capiscono o ne difendono l’importanza? Quanta gente continua invece ostinatamente a pensare che la cultura sia inutile, quando non dannosa, che non c’entri niente con i valori, e che forse i valori stessi non servano granché? Quanti si rendono conto che andare a scuola significa soprattutto formare le persona al rispetto e alla condivisione di questi valori, e non solo imparare cose utili e spendibili nel mondo del lavoro? Lo ha detto genialmente, come suo solito, Roberto Benigni qualche giorno fa al Quirinale, nella stessa occasione in cui il presidente Mattarella stigmatizzava i fatti di Alatri: in questi anni siamo andati troppo oltre con il nostro corpo e le sue esigenze, troppo velocemente, e abbiamo lasciato indietro l’anima. Dobbiamo fermarci, farle recuperare il terreno perduto. Il tempo è poco, e ad Alatri è già scaduto. 

 

Achille Gussati

articolo inviato da Domenico Tagliente

già pubblicato su Anagnia il 30 marzo 2017

 

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