Bergoglio e bergoglini

Oggi mi voglio rovinare e mi terrò lontano dalla retorica veramente insopportabile esplosa dopo la morte di Bergoglio, tutta impostata esclusivamente su sentieri politici o ideologici. Il “Papa degli ultimi” titolano i giornaloni del globalismo come se si fossero rubati i titoli o come se questi fossero stati dettati “colà dove si puote ciò che si vuole” per dirla con Dante anche se in questo caso non si tratta di Dio, ma degli dei minori che possiedono il mondo attraverso il denaro.
Gli ultimi chi? Forse quelli che vengono sfruttati per un salario misero, quelli che devono campare con i 534,15 euro al mese della pensione sociale. quelli che per curarsi devono aspettare mesi e anni, in molti casi grazie proprio a quell’ambiente medico – santificato e benedetto urbis et orbis dal Pontefice – che odia il sistema sanitario pubblico e lo sabota per prendere la propria ricca mercede? E potrei continuare a lungo questa litania… no di certo, sono esclusivamente i migranti che grazie proprio alle guerre e alle rapine di chi poi fa dell’accoglienza forzosa un dogma, sono costretti a rinunciare al primo diritto universale, ovvero quello di rimanere nella propria terra e collaborare alla sua emancipazione dal colonialismo finanziario. Cosa che evidentemente non è gradita in alto loco, ma che fa parte della cosiddetta dottrina sociale della Chiesa.
Mi voglio rovinare perché tenterò di dire cosa secondo me è fallito nel pontificato di Bergoglio e non si tratta di singole affermazioni contraddittorie o ambigue oppure dei temi che vengono affrontati in questi giorni, ma di un cambiamento radicale che papa Francesco ha portato a compimento, ovvero il passaggio dal concetto di persona, di cui il cristianesimo è in qualche modo portatore e quello di individuo, a cui si conforma l’Occidente contemporaneo. Dal momento che non sono cattolico e men che meno disposto a qualsiasi religione positiva, cercherò di far comprendere la differenza concettuale, attraverso due rappresentanti del pensiero laico e sociologico che hanno impostato questa differenza tra un mondo – diciamo così olistico e individualistico. Emile Durkheim riteneva che i fenomeni sociali possiedono una natura qualitativamente diversa rispetto alla somma delle componenti individuali e delle loro interazioni, cosicché i singoli individui riflettono la struttura sociale esistente. Max Weber invece teorizzava che i movimenti sociali siano sempre esclusiva conseguenza di azioni individuali: ogni individuo contribuisce a realizzarli in quanto agente strategico che si comporta seguendo un calcolo cosciente e ovviamente egoistico. Insomma la “persona”, denota l’individuo umano all’interno del gruppo sociale di cui fa parte, pur senza esserne totalmente assorbito. L’individuo invece si configura come un atomo la cui identità diventa assoluta al punto da poter legittimamente negare anche la propria biologia.
Ora, la fede cristiana si è sempre configurata non come raccolta di individui credenti, ma come comunità di fedeli ed è stato definito da alcuni pensatori di parte cattolica, tra i quali Emmanuel Mounier, Jacques Maritain, Edith Stein e Dietrich von Hildebrand, come “personalismo comunitario”. Di tutto questo non sembra trovarsi più traccia nel magistero di Bergoglio che, sì ha scritto un’enciclica su questi temi, ma riferita solo alla comunità cattolica, mentre per il resto, per tutte le altre relazioni sociali e economiche, pare essersi arreso alle tesi del liberismo assoluto che da Adam Smith fino a noi hanno portato alla situazione attuale dove individualismo ontologico e massificazione senza limiti coesistono, anzi sono le due facce della medaglia globalista. Ma sulla base di questa antropologia il cattolicesimo stesso pare perdere di senso e il preteso progressismo del Papa argentino, si rivela una semplice resa, anzi un’involuzione verso la secolarizzazione della Chiesa, nella quale un credo è un fatto meramente individuale che può essere anche gestito in maniera del tutto autonoma, su misura, accettando certe cose e rifiutandone altre. Ma per questo non c’è bisogno di una Chiesa e tanto meno di un Papa. Così si può dire, nonostante certi inaspettati atti di imperio, che questo Papa ha negato se stesso. Ed è forse per questo che tanti omaggi gli vengono rivolti, con in prima fila coloro che hanno premuto o fatto carte false per questa mutazione. Come si vede, la divisione tra progressisti e tradizionalisti è solo una banale tiritera pseudopolitica come a me pare secondario il fatto che Francesco I possa essere considerato Papa o antipapa.
Il processo di dissoluzione continuerà col prossimo Pontefice? Parrebbe di sì, i cardinali elettori sono 140, di cui 112 creati da Bergoglio, 23 da Benedetto XVI° e 5 da Wojtyla. Dal momento che i primi 33 scrutini, se non erro, la maggioranza valida per l’elezione al soglio di Pietro è di due terzi, sembra scontato che avremo un super Bergoglio o forse, molto più plausibilmente un bergoglino. Certo ci sarebbe lo Spirito Santo, ma non ci farei troppo conto: non c’è cosa più inarrestabile dell’involuzione.
pubblicato il 23 aprile 2025
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