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BRINDISI NELL’ETÀ DI CARLO III

Posted by on Gen 13, 2021

BRINDISI NELL’ETÀ DI CARLO III

Il 1734 è anno che segna in Roma, ove ben si distingueva il canonico brindisino Nicola Antonio Cuggiò[1],  un decisivo progresso nella causa di beatificazione del cappuccino padre Lorenzo da Brindisi, al secolo Giulio Cesare Russo (1559-1619)[2]


[1] Nicola Antonio Cuggiò nato in Brindisi il 1661 da Giovanni Angelo Gasperini di Venezia e da Francesca Antonia Cuggiò. “preferì adottare come più distinto e più nobile il cognome materno”( B. Terribile, Brevi notizie di alcune famiglie nobili di Brindisi, ms. in Archivio Privato, Brindisi, s.v. Cuggiò). O. De Leo, Brundusinorum pontificum eorumque ecclesiae monumenta, ms. D/18 in biblioteca “A. De Leo”, Brindisi,  f. 293v: “Nicolaus Antonius Cuggiò Patriae olim canonicus, inde S. Mariae trans Tyberim de Urbe tribunalis cardinalis vicarii  a secretis, ubi obijt aetatis 78, die 2 Januarii 1739, qui Bullarium Ordinis S. Joannis a Deo digessit ac Romae anno 1724 vulgavit typis Camerae Apostolicae”. L’opera cui si riferisce Ortensio De Leo è il Bullarium totius ordinis hospitalaris S. Joannis de Deo summorum pontificum constitutiones, sacrarumque congregationum decreta ad dictum ordinem spectantia complectens compendiis, ac notis italico idiomate, pro usu fratrum ejusdem ordinis illustratum, Romae: ex typographia Reverendae Camerae apostolicae, 1724. L’intervento del Cuggiò si evince dall’Approvazione del volume, in f.n.n., sottoscritta da Sante Lanucci: “Essendosi compiaciuto il reverendissimo P. F. Gregorio Sellari maestro del sagro palazzo apostolico commettermi la revisione del libro inscritto Bullario dell’Ordine di San Giovanni di Dio colle note etc. del signor   Canonico Nicolò Cuggiò etc. Leggendolo, non hò trovata nota alcuna contro la purità della Fede, e de’ costumi, che impedir possa il publicarlo”.  Una nuova edizione è ora disponibile del Della giurisdittione e prerogative del vicario di Roma  opera del canonico Nicolò Antonio Cuggiò segretario del tribunale di sua eminenza, a cura di Domenico Rocciolo, Roma: Carocci, 2004. Del canonico brindisino è menzione negli Statuta antiqua de Officio camerarij cleri Romani, et iuribus funeralibus ecclesiarum, præsertim parochialium Almæ Vrbis, vna cum additionibus, seu declarationibus nouissimè ab … cardinali Gaspare Carpineo episcopo Sabinen. … Adiecta taxatione emolumentorum funeralium ad communem intelligentiam vulgari sermone impressa, Roma: apud Aloysium, & Franciscum de Comitibus, impressores Camerales, 1707, pp. 62, 82 e 84. Un suo elogio è in D. Concina, La quaresima appellante dal foro contenzioso di alcuni recenti casisti al tribunale del buon senso, e della buona fede del popolo cristiano sopra quel suo precetto del digiuno da accoppiarsi coll’uso delle carni permesse pel solo nocumento, o penuria del vitto quaresimale … Del p.f. Daniello Concina dell’Ordine de’ Predicatori, Venezia: appresso Simone Occhi, 1744, p. 212: “E primamente vi dico, che già due anni, cioè l’anno 1738, io più volte parlai col detto sig. canonico Cuggiò, di felice memoria per la sua probità e dottrina”. I suoi rapporti con l’Inquisizione sono evidenziati da G. L. D’Errico, Truth and Justice in a ‘Forest of Thieves’: The Heresies of Giovanni Battista De Luca and the Documents of the Roman Inquisition, (May 30, 2016). Max Planck Institute for European Legal History Research Paper Series No. 2016-09, p.14: “In 1687 the latter appointed him [Giulio Maria Bianchi] to the chair of theology at the Archiginnasio della Sapienza and Clement XI appointed him domestic prelate of his holiness. The latter years of his life, he died in Rome on 30 th January 1707, were spent censoring manuals for exorcists in cooperation with Canon Nicolo Antonio Cuggio, a learned counsellor to the Congregation  of the Index. The most famous of these manuals is the Compendio dell’arte essorcistica by Girolamo Menghi”. C. De Dominicis, Chi era chi? Uffici, cariche ed officiali della Roma pontificia, I (anni 1716-1798), Roma: Accademia Moroniana,  2011, p. 110:  “Cuggiò, Nicolò Antonio – Da Brindisi (15 settembre 1661). Segretario del Tribunale Ecclesiastico del Card. Vicario (1720-1738). Canonico di S. Maria in Trastevere (1725-1738). Esaminatore dei Vescovi (1737). Decano e Segretario degli Esaminatori apostolici del clero romano (1738)”.G. F. De Rossi, Erezione di parrocchie rurali e modalità pastorali di avvicinamento dei lavoratori della campagna di Roma nel sei-settecento, in L’uomo e la storia. Studi storici in onore di Massimo Petrocchi, II, Roma: Edizioni storia e letteratura, 1983, pp. 183-221: pp. 183-184 con evidenziazione del ruolo svolto dal Cuggiò nella pastorale di avvicinamento alle plebi rurali.  Notizie per l’anno 1734. Dedicate all’E.mo, e R.mo Principe il signor cardinale Giuseppe Firrao, Roma: nella stamperia del Chracas, presso S. Marco al Corso, 1734, p. 168: “Altri Segretari, del Tribunale  Ecclesiastico dell’ Em(intenssim)o Vicario. Nicolò Antonio Cuggiò da Brindisi , Canonico di S. Maria in Trastevere”. Ivi, p. 150, si indica erroneamente come originario di Brindisi Nicolò Preti Castriota  vescovo di Vieste, in realtà nato nel materano l’11 febbraio 1676. Il 18 aprile 1725 era stato nominato vescovo di Vieste, incarico cui rinunciò il I dicembre 1748. Muore il 10 giugno 1750. Vedi, sulle cause della rinuncia, M. Spedicato, L’episcopato dauno durante il riformismo borbonico (1734-1800). Note ed appunti,  in  “Atti del 12 Convegno Nazionale sulla Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia, San Severo 14-15-16 dicembre 1990”, a cura di Giuseppe Clemente, San Severo: Cromografia Dotoli, 1991, pp. 265-272: p. 271. Sul suo episcopato cfr. V. Giuliani, Memorie storiche politiche, ecclesiastiche della città di Vieste raccolte e compilate da Vincenzo Giuliani, Napoli: presso Francesco Morelli, 1768, pp. 160-163 e 166.  Il 24 gennaio 1739, nella cattedrale di Brindisi, si commemorò la scomparsa del canonico (Liber mortuorum, in Fondo Archivio Parrocchiale di Brindisi, biblioteca “Annibale De Leo”, Brindisi, XIV, f. 3v).

[2] Erhard von Radkersburg, Ristretto istorico della vita, virtú e miracoli del B. Lorenzo da Brindisi, generale dell’ordine de’ Cappuccini, cavato da processi esibiti alla Sacra Congregazione de Riti. Diviso in tre parti dal padre Bonaventura da Coccallio del medesimo ordine e dal reverendissimo padre Erardo da Radkerspurgo ministro generale consecrato alla santità di nostro signore papa Pio sestoRoma: nella stamperia del Casaletti nel Palazzo Massimi, 1783, pp. 417-418: “In sequela di tal commissione, avendo detto patriarca [Pietro Barbarigo  (1706  – 1725)]mandato in Roma tutte le opere originali del beato Lorenzo, nel giorno 9 decembre dell’anno suddetto 1724, la Sacra Congregazione de’ Riti, riportatane facoltà dal Sommo Pontefice, commise la revisione dei suddetti manuscritti al cardinal Pico [Lodovico cardinal Pico Della Mirandola, 1668-1743] ponente. Esaminati detti scritti da diversi, e ben dotti teologi, e precisamente da coloro, ch’erano in maggior estimazione tenuti, e communicati i rispettivi voti, e pareri al Promotor della Fede, non solamente nulla si trovò, che ostasse al proseguimento della causa, che anzi tutto mostrava la soda dottrina, e pietà del servo di Dio; laonde la Sacra Congregazione il giorno 13 febbrajo 1734. rescrisse, che si procedesse ad ulteriora, e detto rescritto nel di 6 Marzo su altresì approvato dal Sommo Pontefice”. 

[1] I rapporti fra cittadini e regi funzionari erano ben spesso di natura conflittuale. In una lettera del Tanucci del 15 gennaio 1748 si riferisce:  “è qui comparso don Antonio Francia Pellizzer cittadino di Brindisi che, essendo fuoruscito dal Regno, come inquisito di lesa Maestà per aver appostatamente e con unione di gente assaltato, bastonato e ferito il giudice regio di quella città, stava costui fuggiasco in Venezia, e per mezzo di un suo parente che si dice colonnello del  reggimento di Sagunto ottenne la piazza d’auditor di Guerra nell’esercito di  Spagna. Generali di Spagna e delle Sicilie nel 1744 tanto lo raccomandarono che il Re gli fe’ la grazia del delitto colla condizione di ottener la remissione della parte offesa”( B. Tanucci, Epistolario, vol. II, 1746-1752, a cura di R. P. Coppini e R. Nieri, Roma: Edizioni di storia e letteratura, 1980, p. 348). I fatti per cui il chierico era stato costretto alla fuga da Brindisi erano avvenuti  il 25 febbraio 1733 (P. Cagnes – N. Scalese, Cronaca dei Sindaci di Brindisi, 1529-1787, con  introduzione, integrazioni, note di Rosario Jurlaro, Brindisi: Amici della A. De Leo, 1978, pp. 284-285).

[1] M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli: Tip. L. Pierro e figlio, 1904, p. 67, n.4. Vedi pure F. Ricciardi,  Discorso storico, o sia Notiziario dell’anno 1734 con l’almanacco del commendatore di Urania, o sia segretario delle zifre celesti; con nuove aggiunte più degli altri anni

Napoli: Antonio Ricciardo, 1734, p. 178 sg.

[1] M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli: Tip. L. Pierro e figlio, 1904, p. 25.

[1] Antonio Pignatelli, principe di Belmonte, vicario del viceré Giulio Visconti e, al richiamo a Vienna di Tiberio Carafa, al comando dell’esercito imperiale. P. Troyli, Istoria generale del reame di Napoli,  ovvero stato antico e moderno delle regioni e luoghi che ‘l Reame di Napoli compongono, una colle loro prime popolazioni, costumi, leggi, polizia, uomini illustri, e monarchi. Opera del p. abate d. Placido Troyli dell’Ordine Cisterciense, Tomo V, parte II, Napoli 1753, p.403: “Alla partenza del marescial Caraffa prese il comando dalle armi alemane D. Antonio Pignatelli principe di Belmonte, e marchese di San Vincenzo una insieme con d. Ferdinando Pignatelli Principe di Strongoli, generale della cavalleria, e col  general  Radoschi   comandante della fanteria”.

[1] Giulio Borromeo Visconti (1664-1751), conte della pieve di Brebbia, viceré dal 12 giugno 1733 al I giugno 1734. Vedi sul suo operato nel 1734 M. Ranft, Der Genealogische Archivarius, welcher alles, was sich taglich unter den jetztlebenden hohen Personen in der Welt an Geburthen, Vermählungen, Avancements und Todtesfällen veränderliches zuträgt, mit Eindrückung vieler LebensBeschreibungen sorgfältig anmercket, Leipzig: Johann Samuel Hensius, 1734,pp. 634-635. Altra cronaca coeva è in Eröffnetes Cabinet grosser Herren oder gegenwärtiger Zustand aller Reiche und Staaten der Welt: nebst andern Merckwürdigkeiten, Leipzig: Johann Heinrich Zedler, 1734.

[1] Su Francesco Eboli o Evoli (1688-1758), duca di Castropignano, vedi F. De Negri, in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 42: Dugoni – Enza, Roma : Istituto della Enciclopedia Italiana, 1993, s.v Francesco Eboli e ivi bibliografia.

[1]  James Francis (Diego Francisco) Fitz-James Stuart, II Duca di Berwick (1696 – 1738). Vedi O. Volosjuk, Negotiating the balance of power: Russian-Spanish commercial relations in the early eighteenth century, in The Politics of Commercial Treaties in the Eighteenth Century: Balance of Power, Balance of Trade, a cura di Antonella Alimento, Koen Stapelbroek, Cham: Palgrave Macmillan, 2017, pp. 173-193:  p. 179.

[1] Su José Carrillo de Albornoz (1671-1747), III conte poi, dal 1735, I duca di Montemar, vedi J. Gónzalez Carvajal, La España de los Borbones. Historia documental desde antes de la muerte de Carlos segundo hasta la abdicación de María Cristina en Valencia,  Madrid: La sociedad poligráfica, 1844;  J. García Prado,   El Duque de Montemar: su campaña de Italia 1741-1742, in  “Revista de la Universidad de Oviedo, Facultad de Filosofía y Letras”  X (1949), (59-60): pp. 143-193.

[1] Schipa, cit., p. 129.

[1]G. Senatore, Giornale storico di quanto avvenne ne’ due reami di Napoli, e di Sicilia l’anno 1734, e 1735. nella conquista che ne fecero le invitte armi di Spagna sotto la condotta del glorioso nostro re Carlo Borbone. Opera di Giuseppe Senatore giureconsulto napoletano divisa in due parti, Napoli: Stamperia Blasiana, 1742,p.87; Il “Mercure de France” (Juin 1734, Premier volume, p. 1222) riferisce sulla partenza da Brindisi del Visconti: “Le Comte de Viscomti qui s’étoit retiré à Brindisi, s’y est embarqué dans une Felouque avec une partie de ses Domestiques , mais on ne sçait pas encore quelle route il a prise”. Vedi Eröffnetes Cabinet, cit.,p. 510.

[1] Si tratta dell’episcopio sull’attuale piazza Duomo.

[1] Palazzo Ripa,  tuttavia esistente, prospetta su via Carmine.

[1] Palazzo Granafei, tuttavia esistente, prospetta su via Duomo.

[1] Il palazzo Baoxich, tuttavia esistente, prospetta su piazza Duomo. Nei pressi era la residenza degli Amorea.

[1] Il riferimento pare poco credibile possa riferirsi al viceré di Sicilia, in carica dal 1728, Cristoforo Fernandez de Cordoba, conte di Sastago, che non risulta essersi mosso dall’isola nel maggio del 1734. Vedi G. E. Di-Blasi, Storia cronologica dei viceré, luogotenenti e presidenti del regno di Sicilia, Palermo: dalla Stamperia Oretea, 1842, pp.  525-536. Al viceré, in carica dal 1728,  era stato dedicato uno scritto del gesuita Emanuele Aguilera:  E. Aguilera, La divozione di Maria Madre Santissima del Lume, dedicata all’Eccellentissimo Signore don Cristoforo Fernandez di Cordova, e Alagon, conte di Sastago … Da un sacerdote della Compagnia di Gesù. Tomo secondo parte terza. Varie pratiche di meditazioni, Palermo: Stefano Amato, 1733. Vedi pure, A. Mongitore, Parlamenti generali del Regno di Sicilia dall’anno 1446 fino al 1748. Con le memorie istoriche dell’antico, e moderno uso del Parlamento appresso varie nazioni, ed in particolare della sua origine in Sicilia, e del modo di celebrarsi, di don Antonino Mongitore canonico decano della santa metropolitana chiesa di Palermo. Ristampati colle addizioni, e note del dot. d. Francesco Serio, e Mongitore sacerdote palermitano, consultore, e qualificatore del tribunale della santissima inquisizione nel governo dell’eccell. signore don Eustachio duca de Laviefuille vicere, e capitan generale in questo Regno di Sicilia, d’ordine dell’ill. deputazione del Regno, tomo secondo, Palermo: presso Pietro Bentivenga, 1749, pp. 200-214. Possibile si tratti del marchese Giuseppe de Rubi ultimo viceré austriaco che, come rileva R. Cancila, Autorità sovrana e potere feudale nella Sicilia moderna, Palermo: Mediterranea, 2013, p. 124, “però non governò mai il regno” non riuscendo a raggiungere l’isola. Non dissimilmente rileva Senatore, cit., p. 329: “Marchese Rubbi, viceré di sol nome della Sicilia, nominato dalla M. Cesarea, posciaché furono in quel Regno entrate le armi spagnole”.

[1] Peralta era in realtà “segretario di guerra in tempo degli Alemani” (Senatore, cit., p. 105). Da Brindisi si diresse a Bari e da qui “con una barchetta pescareccia” (Senatore, cit., p. 105) in Ancona. Lo spagnolo Antonio Peralta era stato segretario di stato e giustizia di  Aloys Thomas Raimund von Harrach, viceré di Napoli (1728-1733) .  Vedi R. Colapietra, Vita pubblica e classi politiche del viceregno napoletano (1656-1734), Roma: Ed. di Storia e Letteratura, 1961, p.244. Potrebbe forse identificarsi con l’uditore di Sacra Rota di cui è menzione in Notizie, cit., p. 164: “Antonio Peralta Spagnuolo  nato in Almolda Diocesi di Zaragozza nel regno d’Aragona 24 febraro 1674, fatto uditore 17 novembre 1732”.

[1] Cagnes – Scalese, cit., pp. 295-296. Palazzo Montenegro, attuale residenza del prefetto pro tempore della provincia di Brindisi, prospetta sul lungomare Regina Margherita; O. De Leo, Brundusinorum, cit., f. 293v: “Carolo Borbonio Hispaniorum Infante, in regno ingresso, Julius Caesar Visconte prorex pro Carolo VI imperatore Neapoli discendens, una cum praesidente Solanes S. R. Consilii, regentibusque collateralis, aliisque ministris,ac viris nobilibus die 7 mensis maij 1734 Brundusium accessit, ubi pro aliquot dies moratus de regno excessit”. Il Solanes menzionato dal De Leo può identificarsi col Francisco Solanes, autore di Selectae juris dissertationes. Circa edicta praetorum, Viennae Austriae: typis Mariae Theresiae Voigtin viduae, univ. typogr., 1730.  Nel frontespizio dell’opera si diachiara “olim in patrio barcinonensi gymnasio primario legum professore deinde in supremo sacro capuanae consilio fidelissimi regni Neapolis consiliario, postea in supremo ejusdem concilio collaterali cancellariam regente, ex hinc regni Siciliae consultore, et nunc in inclyto, regio, supremo, hispanico concilio aulico viennensi regente”. Sul Solanes vedi N. Balbè y Sans, Francisco Solanes: teoria política i pràctica de govern a Nàpols durant el virregnat austríac (1707-1734), Tesis Doctorals en Xarxa, Universitat Pompeu Fabra. Departament d’Humanitats, 2017.

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 296.

[1] Ibidem.

[1] Cagnes –Scalese, cit., pp. 291-292. Fra gli altri erano in Brindisi il figlio del generale Vaubon, su cui vedi A. Umicalia , Memorie istoriche della guerra tra l’imperiale casa d’Austria, e la reale casa di Borbone per gli stati della monarchia di Spagna, Venezia: Recurti, 1734, pp. 83, 258, 425-428, 703 e il nipote del generale austriaco  Guido von Starhemberg (1657 – 1737).

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 294. Vedi P. Palumbo, Storia di Francavilla, Lecce: Editrice Salentina, 1870, pp. 247-248: gli austriaci non “trovarono altro segreto di combatterlo che incamerare la robba dei privati, e quei pochi nobili indipendenti, dolenti delle cattive condizioni in cui era messo lo stato, furono non intesi, non giudicati, confinati laggiù nelle fortezze di Germania. Michele Imperiali, ai consigli del principe Caracciolo Torella [Antonio Carmine, IV principe di Torella], negò gli aiuti chiestigli dai Tedeschi. Dal giorno che si preparava la spedizione egli aveva preparato gli animi dei vassalli a questi mutamenti, e fu per le di lui pratiche che in Terra d’Otranto gli austriaci trovarono pochi amici, e tradimenti. Ma il viceré tra gli ultimi imprigionati aveva serbato il principe di Francavilla, perché durante l’invasione delle genti austriache nel Barese aveva spedito fin sotto Bitonto travestito da calzolaio il prete Carlo Bottari per ispiarne le mosse, siccome fu manifestato a Carlo VI da un atto d’accusa dell’oritano Gioacchino Baldari. All’annunzio della prigionia del padre e della partenza di lui per la fortezza di Brina [Brno, fortezza dello Spielberg] nella Moravia, d. Andrea corse da Torino in Francavilla, e si brigò per mezzo delle influenze di alti personaggi e dello stesso ex viceré conte Arah [Aloys Thomas Raimund von Harrach (1669 – 1742) viceré di Napoli dal 9 dicembre 1728 al 12 giugno 1733] di riavere il figliuolo  Michele  [1719-1782], che seco condusse in Torino. Entro l’aprile d. Michele fu condotto a Napoli nel castello dell’Uovo per essere giudicato, ma il dieci maggio essendo entrato Carlo che poi fu detto terzo, nel pieno possesso del reame, fu liberato e rimesso nel feudo. Due anni dopo mori d. Andrea in età di  anni quarantotto in concetto di santità tanto che veniva chiamato il Principe Santo”.  Sul ruolo del Caracciolo vedi Dizionario Biografico degli Italiani,  19 (1976):   “Dopo aver consigliato Michele Imperiale, principe di Francavilla, a negare aiuti agli Austriaci, raccolse mille fanti e tentò, in un primo momento fallendo, di congiungersi all’esercito spagnuolo, provocando contro di sé l’intervento della cavalleria imperiale. Comunque, all’ingresso di Carlo a Montecassino (24 marzo 1734), il C. faceva già parte del seguito del Borbone”.

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 297. I tedeschi rientrano in Brindisi il 14 maggio  recando con loro “carcerati, sei ministri di detto marchese, a causa vi erano state date alcune lettere, e biglietti al maggiore di dette truppe di sollevazione contro de tedeschi, e ritrovorono un biglietto equivoco; tutto questo per li mali contenti di detto marchese”(Ivi, pp. 298-299).

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 298.

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 299.

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 299.

[1] Cagnes –Scalese, cit., p. 300.

[1] Cagnes –Scalese, cit., pp. 300-303.

[1] M. D’Ayala, Memorie storico-militari dal 1734 al 1815 per Mariano D’Ayala, Napoli: tip. di F. Fernandes, 1835,  pp. 60-61.

[1] Senatore, cit. ,p. 105.

[1] Cagnes –Scalese, cit., pp. 301-302.

[1] Cagnes –Scalese, cit., pp. 302-310.

[1] Jean-Philippe d’Orléans, bâtard d’Orléans (1702 – 1748) fu noto come le chevalier d’Orléans o le Grand Prieur d’Orléans, général des galères dal 27 agosto 1716. Appare dedicatario di Henry Michelot, Carte Particulière des Côtes d’Espagne et de Barbarie, depuis Gibraltar jusqu’au Cap de Palle et depuis Ceuta jusqu’au Cap Ferat. Dediée à Monseigneur le Grand Prieur de France General des galeres, Marseille: Laurent Brémond, 1723; Henry Michelot, Nouvelle carte de la baye de Cadis et du détroit de Gibraltar dédiée à Monseigneur le Chevalier d’Orléans, général des Galères de France, Marseille: Laurens Bremond, 1718; Henry Michelot, Suite des Costes d’Espagne et de Barbarie, depuis Cartagene jusqu’a Denia, Et depuis Cap Falcon jusqu’au Cap Carbon. Dediée à Monseigneur le Grand Prieur de France General des galeres, Marseille: Laurent Brémond, 1723; Henry Michelot, Suitte des Côtes d’Espagne, Depuis le Cap St. Martin jusqu’au Cap St. Sebastien, Avec les Isles de Mayorque Minorque et d’Yvice. Dediée a Monseigneur le Grand Prieur de France General des galeres, Marseille: Laurent Brémond, 1723.

[1] Senatore, cit. ,p.150.

[1] Senatore, cit. ,p.160.

[1] Senatore, cit., p. 186.

[1] Schipa, cit., p. 132, n.1.

[1] F. Becattini, Storia del regno di Carlo III di Borbone, I, Torino: La Società de’ Librai, 1790, p. 95, scrive, a proposito dell’esercito austriaco, che dopo la battaglia di Bitonto, “Una gran parte di essi disertarono, o restarono prigionieri; gli  altri si salvarono in Brindisi. Narra ne’ suoi annali il celebre Muratori, ch’ era vivente in quell’ epoca, e ch’era molto a portata del carattere de’ suoi contemporanei, che non si poté cavar di capo alla gente che il principe di Belmonte, Marchese di S. Vincenzo, Comandante del disfatto Corpo di Truppe Austriache, non avesse preventivamente accomodati i suoi affari colla nuova Corte, dalla quale osservò il mondo, che fu in seguito ben visto, e favorito”.

[1] Pedro de Castro Figueroa y Salazar (1685-1741), primo marchese di Gracia Real, ottenne da Carlo di Borbone  il titolo di duca di la Conquista il 4 ottobre 1735, per i meriti acquisiti con la sua partecipazione alla campagna militare in Italia meridionale e Sicilia. C. Storrs, The Spanish Resurgence, 1713-1748, New Haven and London: Yale University Press, 2016, p.194:   “D. Pedro de Castro Figueroa y Salazar, another of the Spanish generals who conquered Naples, was rewarded by Don Carlos with the ducal title of the 
Conquest”.
Vedi pure Castro Figueroa y Salazar, Pedro de, in Enciclopedia de México, v. 3, Città del Messico, 1988; Manuel García Puron, México y sus gobernantes, v. 1, Città del Messico: Joaquín Porrua, 1984; Fernando Orozco Linares, Gobernantes de México, Città del Messico: Panorama Editorial, 1985.

[1] Schipa, cit., p. 135; G. Campiglio, Storia generale dell’Italia dagli antichissimi tempi fino a’ di nostri con brevità esposta e considerata da Giovanni Campiglio, 7, Milano: Rusconi, 1836,p.75: “Un corpo di Tedeschi riunitosi in Bari era disperso dallo spagnuolo Montemar; Lecce insorgeva contro gli Austriaci; e gli Spagnoli si impadronivano di Brindisi e Pescara: Gaeta, opposta breve resistenza, dovette arrendersi; e qualche tempo  dopo anche Capua”.

[1] Senatore, cit., p. 194. L. del Pozzo, Cronaca civile e militare delle Due Sicilie sotto la dinastia Borbonica dallanno 1734 in poi, Napoli: dalla Stamperia reale, 1857, p. 25:1734, 7 agosto.  Il castello di Brindisi è ceduto agli spagnuoli, ed il presidio del pari rimane prigioniere di guerra”. Storrs, cit., p.194, riferisce che nel 1737 “d. Francisco Ovando, a ship’s captain who had captured Brindisi, was rewarded with the title of marquis of Brindisi”; Cagnes –Scalese, cit., p. 319: “A di 10 detto [mese di settembre] il regio Forte di Brindisi capitulò per mancanza di viveri, essendo stato serrato tre mesi; li capitoli si notaranno appresso, e a dì 11 detto entrorono nel rastiglio di detto forte trenta granatieri, mutandoli ogni venti quattr’ore”. Tre fregate spagnole provenienti da Pescara avevano dato ancora in Brindisi il 16 agosto per ripartire, senza aver ottenuto la resa del forte, il giorno dopo. Vedi  Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napolidispacci, 16, Roma: Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 16, 1992, pp. 224-226.

[1] Trattato di accomodamento tra la Santa Sede, e la corte di Napoli, conchiuso in Roma tra i plenipotenziarj della Santità di Nostro Signore pp. Benedetto XIV, e della Maestà di Carlo, … Approvato e ratificato dalla M. Sua sotto il di 8. di giugno 1741 e dalla Santità Sua a’ 13. dello stesso mese, ed anno, Napoli: Domenico Lanciano, 1753, p. 166. Le trattative si erano avviate il 4 agosto 1737. Il cardinale Giuseppe Spinelli arcivescovo di Napoli e “monsignor Celestino Galiani, cappellano maggiore si recano in Roma da parte del re, per convenire col papa circa la nomina reale a tutt’i vescovadi del regno”. Essi erano gli arcivescovadi di Acerenza, Matera, Brindisi, Lanciano, Otranto, Reggio, Salerno, Taranto e Trani, e i vescovadi di Acerra, Aquila, Ariano, Cassano, Castellammare. Vedi Del Pozzo, cit., p. 33.

[1] V. D’Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del Regno delle Due Sicilie raccolti, annotati, scritti per l’ab. Vincenzo D’Avino, Napoli: dalle stampe di Ranucci, 1848, p. 121; Ottavio Panciroli, Roma sacra, e moderna già descritta dal Pancirolo ed accresciuta da Francesco Posterla con una esatta notizia delle basiliche, chiese, ospedali, monasteri, confraternite, collegi, librarie, accademie, palazzi, ville, pitture, scolture, e statue più famose, opere pie, stazioni, e reliquie de santi. abbellita con nuove figure di rame, e ampliata con varie erudizioni ed istorie, e divisa in 14. rioni; e di nuovo con somma diligenza, e studio riordinata. da Gio. Francesco Cecconi … aggiuntovi anche in fine un diario istorico, che contiene tutto ciò che è accaduto di più memorabile in Roma dalla clausura delle porte sante 1700. fino all’apertura delle medesime nell’anno 1724. sotto il pontefice regnante Benedetto XIII, Roma: nella stamperia del Mainardi nella piazza di Monte Citorio, 1725, p.757, riferisce che il 1724, in Roma, “aperto il Concistoro fu fatta l’istanza per il palio della Chiesa Arcivescovale di Brindisi nella provincia di Otranto nel Regno di Napoli per monsignor Andrea Maddalena arcivescovo traslato” .

[1] F. M. Pratilli, Della via Appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi, Napoli: per Giovanni di Simone, 1745, p. 489. Ivi, p. 501, è fatta menzione di altra segnalazione di Andrea Maddalena: “conghietturasi che andasse verso le terre di Montagano, e di S. Marzano da qualche lieve vestigio, che se ne scorge, al rapporto de’ paesani; e quivi è un marmo trasmessomi dal fu monsignor Maddalenaarcivescovo di Brindisi, nel quale si legge LIVILLA PRI/VIGNA/HEIC SITA EST/HAVE MATER”

[1] A. De Leo, Dell’antichissima città di Brindisi e suo celebre porto, Napoli: Dalla stamperia della Società Filomatica, 1846, p.46: “E finalmente una statua di bianco marmo rappresentante Ercole imberbe colla clava, e colla spoglia del leone, ritrovata entro questa città nel 1762, e quindi trasferita nel Regio Museo di Ercolano, il di lui culto chiaramente dimostra” . In nota si precisa: “Il Magistrato brindisino però per non perderne la memoria ne fece formare un ritratto in tela, che fu collocato nella Curia de’ nobili, oggi casa comunate, colla seguente iscrizione del lodato mio zio Ortenzio De Leo.

Herculis Defensoris .
Brenti . Herois . Brund. Urbis . Denominat.
Pii. Patris.
Simulacrum . e Candido . Marmore .

In . Divi. Paulli . Area .
Augg. Augustar. Argenti . Nummor.
Una . Curm. Ingenti . Copia . Forte . Effossum –
Non . Octobris . A . S . MDCCLXII .
Ob . Ejus . Elegantiam .
Ferd. IV . P . F . Reg. Iussu . Neap. Asportatum.
Suoque . Musaeo . Positum .
Ordo . P . Q . B .
Servandi, Patriae. Praeclariss. Vetust. Monum.
Penicillo . Exemplatum . In . Curia . Collocari.
Publice. Decrevit.

[1] P. M. Gensini, Novum corpus inscriptionum messapicarum, https://www.academia.edu/21738556/NOVVM_CORPVS_INSCRIPTIONVM_MESSAPICARVM._Cap._3.4._, pp. 316-24; O. De Leo, De Antiquo Urbis Brundisinorum Prospectu, ms. D/18 in bibl. “A. De Leo”, Brindisi, f. 39v-40r: “Lapis defossus in hortis famialiae Leanza extra portam occidentalem mense januario 1765, etsi mutilus una cum lacunibus, forte pertinens ad vetustum foedus ab Atheniensibus initum cum Messapiis de quo Thucydidus”.

[1] O. De Leo, De Antiquo, cit., con repertorio epigrafico a ff. 31v-40r. Molti i rinvenimenti occorsi e documentati nell’età di Carlo III.

[1] G. Carito,  Recenti scavi innanzi palazzo Montenegro in Brindisi, https://www.academia.edu/6089689/Giacomo_Carito__Recenti_scavi_innanzi_palazzo_Montenegro_in_Brindisi, pp. 4-5 (“Fermento”, 35 (2012), n. 3 del 15 marzo 2012, p. 21).

[1] V. Guerrieri, Articolo storico su’ vescovi della chiesa metropolitana di Brindisi, Napoli: dalla stamperia della Società Filomatica, 1846, p. 133, ove pone in risalto anche le umane debolezze del prelato: “Viene egli censurato come mancante di prudenza nel custodire il segreto affidatogli; e quindi nell’ammonire e correggere gli erranti manifestava loro i delatori, e faceva perciò sorgere delle gravi discordie ed inimicizie tra persone o famiglie diverse: e spesso peccava pure di leggerezza. Fu marcata eziandio la sua eccessiva carità verso di un suo fratello germano, per nome Nicola, a cui somministrò, finché visse, annui ducati 600 dalle rendite della sua mensa, nell’ atto che quegli aveva da poter vivere onestamente, secondo la sua condizione, con una competente pensione mensile che percepiva dal regio Uffizio del Tabbellionato, nel quale era impiegato; ma Egli si giustificava in ciò, dicendo di averne consultato il collegio della Sorbona”. Vedi pure O. De Leo, cit., f. 293v.

[1] Il marchese fu sepolto nella Cattedrale di Brindisi il 16 novembre 1737 (Liber mortuorum, in Fondo Archivio Parrocchiale di Brindisi, biblioteca “Annibale De Leo”, Brindisi, XIV, f.3v).

[1] Schipa, cit., p. 699, n.1.  Erra lo Schipa nel ritenere Falces vincitore nella controversia dato che i gesuiti apriranno il loro collegio in Brindisi nel palazzo Falces il 23 marzo 1754 (Cagnes-Scalese, cit., p. 433). Vedi pure [Paolo Argentina], Per D. Ilaria Falces contra i rev. padri gesuiti,[Napoli], [1763].  Fra gli insegnanti del collegio di Brindisi si annovererà il grecista Vito Maria Giovinazzi (1727-1805). Cfr. G. M. Olivier-Poli, Continuazione al Nuovo dizionario istorico degli uomini che si sono renduti più celebri per talenti, virtù, scelleratezze, errori, ec., la quale abbraccia il periodo degli ultimi 40 anni dell’ era volgare, 4, Napoli: R. Marotta e Vanspandoch, 1824, pp. 279-280.

[1] O. Falces, Supplica alla maestà del re nostro signore di d. Ottavio Falces, in [Bernardo Tanucci] Inquietudini de’ Gesuiti, Tomo 2, [Napoli] 1764, pp. 1-135: p.4. Il manoscritto dell’opera è nella biblioteca dell’Università di Pennsylvania (UPenn Ms. Codex 426). Vedi N. P. Zacour – R. Hirsch, Catalogue of Manuscripts in the Libraries of the University of Pennsylvania to 1800, Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1965, p. 133.

[1] Falces, cit., pp. 4-5.

[1] Falces, cit., p.52.

[1] Falces, cit., pp. 100-101.

[1] Falces, cit., p. 133.

[1] P. Camassa, Guida di Brindisi, Brindisi: Mealli, 1897, p. 173; la notizia è palesemente ripresa da G. B. Lezzi, Memorie dei letterati salentini, ms. D\5 in biblioteca “A. de Leo”, Brindisi, p.28: “Quest’uomo perduto dietro alla vanità degli alchimisti di voler trasmutare gli altri metalli in oro ebbe la tentazione di comparire autore pubblicando una lettera in Napoli nel 1744 diretta a Ludovico Antonio Muratori sull’opera, che questi avea scritto,  de’ difetti della giurisprudenza, di cui fa menzione Granfranco Soli Muratori nella vita di suo zio cap. 9, par.3. E nel 1747 pubblicò in Napoli in 8. le massime, e regolamento per la condotta di un’uomo nobile. Vogliono, che scrivesse quest’opera per dare ad intendere, che non era quel miscredente ed immorale, che comunemente si credea. Ma i suoi concittadini non cambiarono opinione per così poco”. Sulla famiglia vedi Terribile, cit., s.v. Gli Amorea: “Gli Amorea e Dell’Amorea furono nobili di Catanzaro e di Catanzaro venne in Brindisi il padre di Francescantonio Amorea e sposò una gentil donna brindisina di casa Latamo. Il detto Francesco Antonio Amorea, delle cui gesta si fa spesso menzione nella Cronaca dei sindaci, fu valente dottore in legge e consultore del colonnello don Giulio Caiaffa cavaliere napoletano e castellano di tutti e due i castelli di Brindisi nel 1736. Egli dopo aver menato vita piuttosto sregolata  in patria se ne andò  in Napoli. Seguì perdutamente la verità degli alchimisti di volere tramutare in oro tutti gli altri metalli, e fu in Brindisi generalmente tenuto in credo d’uomo immorale e miscredente. Si vuole anzi che per liberarsi da questa taccia egli avesse scritto e pubblicato  l’opera seguente: Massime e regolamenti per la profittevole o meno turbata condotta condotta di un uomo nobile nel tempo corrente. Raccolti da d. Francesco Amorea Latamo patrizio di Brindisi e di Catanzaro, dedicato alla nobilissima signora donna Maddalena Lubelli…dei baroni DI San Cassiano e degli antichi baroni di Maglie (in Napoli 1747). Aveva pubblicata prima anche in Napoli, nel 1744, una lettera diretta al celebre Ludovico Antonio Muratori, intorno all’opera che questi aveva scritto Dei difetti della Giurisprudenza, della quale lettera fece menzione Granfranco Soli Muratori, nella vita di suo zio Ludovico Antonio Muratori”.

[1] F. Amorea Latamo, Della vera ragion di stato riguardo alla religione. Opera di d. Francesco Amorea Latamo nato in Bitonto, patrizio di Catanzaro, e di Brindisi, avvocato napoletano, appellato nell’Arcadia Romana Laurillo Eumenidio dedicata all’eminentissimo, e reverendissimo principe il signor cardinale d. Alessandro Albani, protettore del regno e stati di Sua Maestà il re di Sardegna, Roma:nella stamperia di Antonio de’ Rossi, 1743.

[1] F. Amorea Latamo, Massime, e regolamenti per la profittevole, o meno turbata condotta di un uomo nobile nel tempo corrente. Raccolti da D. Francesco Amorea Latamo patrizio di Brindisi, e di Catanzaro, Napoli, 1747. Sul frontespizio dedica a Maddalena Lobelli.  

[1]G. F.  Soli Muratori, Vita del proposto Lodovico Antonio Muratori già bibliotecario del serenissimo signore duca di Modena. Descritta dal proposto Gian-Francesco Soli Muratori suo nipote, Arezzo: Michele Bellotti stamp. vesc. all’insegna del Petrarca, 1767, p.86: “Dello stesso fare è una lettera pubblicata nell’anno seguente [1744] in Napoli dal sig. d. Francesco Amorea de Latamo, e indirizzata al nostro proposto”. In Epistolario di Ludovico Antonio Muratori, a cura di Matteo Càmpori, X, 1742-1744, Modena: Società Tipografica Modenese, 1906, p. XIX, si propone quale data di pubblicazione il 1743. Vedi pure M. Rigatti, Un illuminista trentino del secolo XVIII. Carlo Antonio Pilati, Firenze: Vallecchi, 1933, p. 84: “Il Soli (o. c, pag. 125) cita due altri oppositori del Muratori: un dott. Francesco Amorea da Latamo, il cui scritto uscì a Napoli nel 1743 e un Agostino Matteucci di Fano, che pubblicò la sua opera nello stesso anno”.

[1] L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del regno di Napoli, III, Napoli: Stamperia Simoniana, 1788.

[1] Sul D’Orimini, sul Latamo, e sul Cuggiò e l’apporto di Brindisi al dialogo culturale europeo in età moderna vedi vedi G. Carito, Scuola e cultura a Brindisi dalla seconda metà del 16. secolo ai primi del 19. secolo, in “Brundisii res” , 11(1979), pp. 75-106; Id., Operetta spirituale da rappresentarsi nella notte del Santissimo Natale del Bambino Gesù, Teodomiro Leo, 1716, introduzione, edizione critica e commento di Giacomo Carito, in  “III rassegna internazionale del Presepe nell’arte e nella tradizione. Brindisi 10 dicembre 1988-10 gennaio 1989”, Brindisi: Editrice Alfeo, 1988, pp. 40-47.

[1] A. D’Orimini, Delle arti e scienze tutte divisate nella giurisprudenza. Opera di Antonio D’Orimini Napoletano, patrizio Brindesino in tre parti distinta. Nella prima delle quali si tratta delle arti liberali, ed ingegnose. Nella seconda delle arti fabrili e meccaniche. Nella terza di tutte le scienze nella legale contenute. Parte I, Napoli: per Serafino Porsile regio stampatore, 1747. Vitruvius Pollio, Dell’architettura libri X di Marco Vitruvio Pollione,  tradotti e comentati dal marchese Berardo Galiani, Milano: per Alessandro Dozio, 1832, p.4: “Dopo la nobile fatica del signor D. Antonio di Orimini napoletano, patrizio brindisino, comunicata al pubblico in due tomi qui in Napoli fin dal 1747 col titolo delle Arti e Scienze tutte divisate nella Giurisprudenza, riesce facile ad ogni dotto e ad ogni artista il ritrovare, quanto per tutti i volumi delle leggi comuni sparso mai vi è, appartenente alla propria scienza o arte. Metodo tutto nuovo ed utilissimo, e tanto più di gloria per l’Autore, perché non era stato da altri sin ora non che eseguito, ma né pur tentato; ivi dunque al trattato primo e seguenti della parte seconda, trova ora l’Architetto quanto vi è che a lui appartenga”. F. Milizia, Principj di architettura civile, III, Bassano: Tipografia Remondiniana, 1804, p. 231 rileva: “Vitruvio  vuole, che gli architetti tra le tante cose, che hanno da sapere, sappiano ancora quelle leggi che regolano i muri esteriori riguardo al giro delle grondaje, delle fogne, ed ai lumi. Lo scolo parimente delle acque, e cose simili debbono esser note agli architetti, acciocchè prima d’incominciar l’edificio prendono le dovute cautele, e non rimangono dopo fatte, o nel tempo che si fanno, liti ( peggiori delle coliche); e acciocchè stabilendosi i patti, resti cautelato tanto chi dà, quanto chi prende in affitto, Se i patti saranno ben espressi, ognuno rimarrà senza inganno e senza disturbo. Da suo pari il nostro venerando Vecchio. Per sapere queste leggi il Galiani manda gli architetti alla nobil opera del Sig. D. Antonio d’Orimini patrizio di Brindisi… Chi non crederebbe che questo Orimini del Galiani sia un altro Montesquieu? Aprilo, e vedrai un barbaro deserto di citazioni del Testo, citazioni nude come spine, che indicano, non mostrano le leggi”. L’opera riceve notevoli critiche anche da A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne. Dell’abate Angelo Comolli, III, Roma: appresso il Salvioni, 1791, pp. 243-244. Al D’Orimini furono da Nunziante Pagano (1681-1756) dedicati versi encomiastici dialettali che, in versione italiana, possono così rendersi: “Ogni scienza e ogni arte tu, D’Orimini, ci sveli nel diritto, che in queste dotte carte la sapienza va sempre più in là dove si spinge la mente umana; le Nuove Indie hai scoperto, a parte a parte e d’ogni testo l’arciquintessenza” (N. Pagano, Mortella d’Orzolone; La fenizia, Roma: Edizioni di Gabriele e Mariateresa Benincasa, [1994], p.149). Ai primi degli anni venti del XVIII secolo il D’Orimini riteneva d’aver trovato scampo alla malattia grazie a miracolosa intercessione  (S. Bagnati, Vita del servo di Dio p. Francesco di Geronimo della Compagnia di Gesu, nuovamente scritta dal p. Simone Bagnati della medesima Compagnia per le nuove notizie delle sue virtù, e grazie impetrate da Dio. Libri tre. Dedicata all’illustriss., ed eccell. sign. il signor d. Tiberio Brancaccio patrizio napoletano, Napoli: nella stamperia di Felice Mosca, 1725, pp. 289-291; C. De Bonis, Vita del venerabile padre Francesco Di Geronimo della Compagnia di Gesu tradotta nell’idioma italiano da quella, che nell’anno 1734 diede alla luce in lingua latina il p. Carlo De Bonis della medesima compagnia, coll’aggiunta delle notizie venute da quell’anno fin’al 1746, Napoli: nella stamperia de’ Muzi, 1747, pp. 448-449).

[1] Del Pozzo, cit., p. 44.

[1] H. W. Richmond, The Navy In the War of 1739-48, I, Cambridge: The University Press, 1920, p.204:  “The whole of the Spanish heavy artillery which was about to sail for Rimini from Brindisi was unable to move, and its service were lost to the enemy”. Vedi pure J. Doran, ‘Mann’ and Manners at the Court of Florence, 1740-1786: Founded on the Letters of Horace Mann to Horace Walpole, I, London: Richard Bentley and Son, 1876, p. 106: “I have acquainted His Grace ‘ (the Duke of Newcastle) ‘ so that I hope it will not be necessary to recall Mr. Martin till he has executed his commission at Naples and that at Brindisi, if it be true that he is to fetch the Spanish Artillery from thence”.

[1] Cagnes –Scalese, cit., pp. 357-361; I. Montini, La storia dell’anno 1743. Divisa in quattro libri. In cui si vedono, la battaglia di Braunau …, Amsterdam [i.e. Venezia]: a spese di Francesco Pitteri librajo in Venezia, s.d.i., p. 177:In fatti caricata detta artiglieria e le munizioni annesse a Brindisi, fu trasferita con  la scorta delle galee del regno, parte nel porto di Napoli, e parte distribuita a Pescara, e negli altri porti e castelli della spiaggia della Puglia”.

[1] La storia dell’anno 1742. Divisa in quattro libri, ch’espone l’elezione dell’imperatore Carlo VII, Amsterdam: a spese di Francesco Pitteri librajo in Venezia, 1743, p. 276. Sulla vicenda vedi pure Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli: dispacci, volume 17, Roma: Istituto poligrafico e zecca dello Stato, Libreria dello Stato, 1994, pp. 328 e 360; C. Baudi Di Vesme, L’influenza del potere marittimo nella guerra di successione d’Austria, in “Nuova Rivista Storica”, 37 (1953), nn. 1-2,  pp. 19 – 43: p. 27.

[1] P. Troyli, Istoria generale del reame di Napoli, V,2, Napoli: 1753, p. 427.

[1] G. Paquette, Enlightened Reform in Southern Europe and Its Atlantic Colonies, C. 1750-1830, London and New York: Routledge, 2016, p. 294: “In all this, Bartolomeo Intieri and Celestino Galiani were in complete opposition to Paolo Mattia Doria, whose reform proposals, outlined in a manuscript, ‘Del commercio del regno di Napoli”, entailed a systematic closure of the Neapolitan economy from the exterior world. The three main ports of Taranto, Naples and Brindisi, he recommended, had to become centres from which foreign trade could be tightly regulated. Agriculture should be promoted, while domestic trade had to be liberalized”; J. Robertson, The Case for The Enlightenment: Scotland and Naples 1680–1760, Cambridge: Cambridge University Press, 2005, p. 335 “Finally Doria recommended breaking the stranglehold of Neapolitan merchants on foreign trade by designating three ports in which it  could be carried on (Brindisi, Taranto, and Naples), and by creating a new company to conduct it”.  I problemi del porto di Brindisi erano ben noti come rileva M. Mafrici, Il Mezzogiorno d’Italia e il mare: problemi difensivi nel Settecento, in Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII), a cura di R. Cancila, II, Palermo: Mediterranea, 2007, pp. 637-663: p.640: “Nel 1725 soltanto quattro galere e quattro navi da guerra costituivano la squadra navale regnicola, protetta da un contingente di 20.000 uomini. Si era ben lontani, dunque, dai progetti ai quali aveva fatto riferimento il marchese Vega, ma si era lontani anche dai progetti dell’Asburgo di creare nelle due Sicilie un porto che costituisse un buon rifugio per le navi da guerra, apportando nello stesso tempo modifiche al porto di Brindisi per la sua strategicità di fronte a Valona, covo di pirati e base di partenza per le loro scorrerie nel Mediterraneo”.

[1] Schipa, cit., pp.559-560, n.2: “Parvero al governo di Napoli offensivi e dannosi i Capitoli di Venezia, che ridussero il dazio d’entrata dal 4 all’uno per cento, e quel d’uscita dal 9 al mezzo, con l’ordine che ne godessero sole le merci caricate sotto bandiera veneziana. Il re ordinò alla giunta di proporre i rimedi contro lo stabilimento di quel porto-franco e il modo come contrapporgli due porti-franchi a Pescara e Brindisi. La giunta avverti che il nuovo regolamento veneziano non conteneva in verità un porto-franco; che i veneziani avean preciso bisogno dell’olio e di altri generi nostri, e sarebbe bastato tener fermo nei prezzi, oltre la via del Ferrarese che i nostri prodotti potevan prendere per l’estero. Le poche e piccole navi nostre non potevano portare merci a Venezia; ma ben si poteva toglierle un eccessivo lucro, introducendo qui fabbriche di vetri e cristalli e di pannine: “sarebbe un oggetto glorioso“.

[1] G. Pallante, Memoria per la riforma del Regno: Stanfone (1735-1737), a cura di Imma Ascione, Napoli: Guida Editori, 1996, p. 172.

[1] Corrispondenze, 16, cit., p. 382 con riferimento a lettera del console PasqualeChiodo del 3 agosto 1736.

[1] Corrispondenze, 16, cit., pp. 644 e 647; Corrispondenze, 17, cit., pp. 36 e 50, con indicazione di Pasquale Di Nicolò quale console veneziano in Brindisi;  B. Pellegrino, Storia di Lecce: dagli Spagnoli all’Unità, Bari: Laterza, 1995, p. 403.  Sono inviate a Venezia varie notizie sui movimenti delle squadre navali turca e spagnola (Corrispondenze, 16, cit., p. 647). La presenza di una flotta turca all’isola di Sapienza, al largo di Modone o Methoni (gr. Μεθώνη) pone in allerta le fortezze di Brindisi dal 21 agosto al 3 settembre 1738 allorché si ha notizia  trattarsi di vascelli in semplice transito (Cagnes-Scalese, cit., pp. 337-338) nel contesto della guerra austro – russo – turca del 1735-1739.

[1] A. Pigonati, Memoria del riaprimento del porto di Brindisi sotto il Regno di Ferdinando IV del cavaliere Andrea Pigonati, Napoli: presso Michele Morelli, 1781, nella prefazione (p.n.n.) illustra le motivazioni dell’intervento: “Perché piacendo al sovrano formare in Brindisi un ripartimento di marina per grossi legni, come ne’ tempi andati tanto della republica, ed impero romano, quanto de’ greci, e degli svevi, angioini, ed aragonesi; con maggior lustro, e splendore si possa mandare ad effetto, essendo il porto di Brindisi, così per la sua posizione riguardo all’Adriatico, e Jonio, come per la sua figura, ed ampiezza, quello che si ebbe in tanto pregio, non solo dai possessori sovrani, ma come un punto d’unione delle squadre dirette all’oriente. Porto formato dalla natura per tenere in calma le navi, in cui vi è ampio spazio da costruire edificj, da riporre legni per la costruzione, scali per costruire nello stesso tempo più navi, luoghi proprj per formar bacini, per riattare li legni patiti, e gran luogo ancora per edificare quartieri: porto finalmente, che può cingersi all’ intorno , e difendersi  contro qualunque insulto”.

[1] Pigonati, cit., p. 1: “Alle lagrime del popolo brindisino mossasi la paterna cura del sovrano, per toglierlo dall’imminente perdita della vita de’ pochi rimasti, si degnò comandare a d. Vito Caravelli, ed a me, che senza il menomo ritardo ci fossimo portati a Brindisi per esaminar lo stato del tanto celebre, e poi chiuso, porto ridotto ad uno stagnante lago»

[1] G. Carito, Col Pigonati rinasce il porto. Il passaggio dalla funzione militare a quella commerciale. Un inedito documento del 1762, in “Annuario del Consorzio del Porto e dell’A.S.I. di Brindisi”, Brindisi, 1990, pp. 72-75.

[1] Mafrici, cit., p. 654; C. Recca, The Diary of Queen Maria Carolina of Naples, 1781-1785: New Evidence of queenship at court, [Cham] Switzerland: Palgrave Macmillan, 2017, p. 69:Furthermore, port infrastructure was created for this great Navy, and worse, the  idea of making the ports of Brindisi and Baia functional was never considered. For this reason and by their nature, it involved a small fee. The ports of Naples and Baia could accommodate no more than four or five big line vessels; rebuiltin 1776, the port of Brindisi was able to accommodate only frigates”. 

[1] F. Barra, Il Regno delle Due Sicilie (1734-1860).Le relazioni internazionali, Volume 1, Avellino: Il Terebinto Edizioni,  2017 , pp. 11-112.

[1] G. M. Galanti, Memorie storiche del mio tempo, a cura di Domenico Demarco, Ercolano: Poligrafica & e cartevalori, 1970, p. 55. 

[1] L. Bianchini, Della storia delle finanze del regno di Napoli, Palermo: Francesco Lao, 1839, p. 480;   D. Corniola, Rispetto all’Europa si recuperò il ritardo? Aspetti socio-economici del Regno di Napoli nel XVIII secolo, Napoli: Guida editori, 2004, p. 169.

[1] P. Colletta, Storia del reame di Napoli dal 1734 al 1825, I, Capolago (Cantone Ticino): Tip. e libreria elvetica, 1834, pp.173-174.

[1] V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli, edizione critica a cura di A. De Francesco, Manduria-Bari-Roma: Lacaita,  1998, pp. 268-269; vedi pure M. Schipa, Il regno di Napoli in una descrizione veneziana del 1793, «Archivio storico per le province napoletane», XLVI (1921), n. s. VII, pp. 403-404.

[1] Del marchese è menzione in Senatore, cit., p. 349; P. Guidotti, Per la Badia Casinense in risposta al dinunziante, all’istanza fiscale de’ 10 marzo 1772 , ed all’articolo generale dell’adoa e quindennj sopra i feudi franchi posseduti dalle chiese, [Napoli] [1774?], pp. 12 e 120. L. A. Muratori, Raccolta delle vite, e famiglie degli uomini illustri del Regno di Napoli, Milano:presso Marco Sessa, 1755, pp. 107: “’Avvocato Fiscale della Regia Camera marchese d. Matteo de Ferrante, che dissimpegna tal posto con sommo zelo, ed attenzione negli interessi regali; non che compartisce a tutti una sollecita giustizia” e 114: “d. Matteo de FerranteAvvocato Fiscale del Real Patrimonio: oggi degnissimo Luogotenente della Regia Camera della Summaria”.

[1] A. Manzi, Per la fedelissima illustre città di Brindesi. Intorno alla osservanza del suo real privilegio detto lo Quinquennale, S. A. N. (ma Napoli 1743), p. 3. L’opera è citata da L. Manzoni, Bibliografia degli statuti, ordini e leggi dei municipii italiani, I, Bologna: presso Gaetano Romagnoli, 1876, p. 81

[1] Cagnes-Scalese, cit., p. 341: “A di 13 detto arrivò il maresciallo d. Andrea de los Coves spagnuolo con tre ingegneri, e due commissarij d’artigliaria, e due volontarij, cioè un colonnello, e un tenente colonnello, e detto maresciallo era il primo ingegnere del re, e questi pigliorono la pianta del forte, del castello di terra, e di tutta la città, e mura”.

[1] Manzi, cit., pp. 32-34.

[1] D’Orimini, cit., pp. 181-182.

[1] O. Turriano, Memoria istorica del contagio della città di Messina dell’anno 1743 … con l’istruzione, che si osservò nello spurgo praticatosi nella medesima città, che servirà di continuazione al supplemento della storia di Sicilia aggiunta ai principj della storia del signor abate Langlet, Napoli: presso Domenico Terres, 1745, p. 90; Relazione istorica della peste, che attaccossi a Messina nell’anno mille settecento quarantatre. Coll’aggiunta degli ordini, editti, istruzioni, e altri atti pubblici fatti in occasione della medesima, Palermo: appresso Angelo Felicella, 1745, p.  2:“Relazione di Aniello Bava Napolitano padrone del Pinco chiamato Nostra Signora della Misericordia, e di Francesco Maria Rivello Genovese Scrivano di esso Pinco. Dicono essi relatori che ha mesi quattro, e giorni 15. in circa si partirono con libera pratica, da Brindisi con detto Pinco, e numero di persone 12 in tutto senza carico, ed andarono in Corfù, dove si godeva perfetta salute con tutti li suoi contorni”. Ivi, p. 3: “nella patente, attestò di esser uscito di vita due giorni prima per li disagi sofferti nella navigazione, senza fare alcuna parola degli altri due morti antecedentemente. E interrogato del viaggio, da lui tenuto, affermò di essersi partito da Brindisi”; ivi, p.215, deposizione dei marinai: “fu costretto andare in Brindisi; da  Brindisipassò in Corfù, ove il suddetto padrone si cambiò il nome, e si fece chiamare padron’Anello Bava napolitano, alzando di allora in poi bandiera napolitana”; Del Pozzo, cit., p. 46; “Una orribile peste invade la città di Messina in tal guisa. Il padrone del piaco genovese Giacomo Bossi esibisce una falsa patente da Brindisi. Essendosi imposta la contumacia di alcuni giorni, nel corso di essi egli perisce, e qualche mercanzia viene occultamente trafugata nella città. Appena sorto il sospetto dell’infezione il legno è dato alle fiamme insieme al carico. Il malore entrato in città fa strage di molte persone”.

[1] F. Becattini, Storia del regno di Carlo III di Borbone, I, Torino: La Società de’ Librai, 1790, p. 184.

[1] Cagnes- Scalese, cit., pp.369-370.

[1] A. Falcetta, Ortodossi nel Mediterraneo cattolico: Comunità di rito greco nell’Italia del Settecento, Università degli Studi di Padova. Dipartimento di scienze storiche, geografiche e dell’antichità. Scuola di dottorato di ricerca in: studi storici, geografici, storico-religiosi. Indirizzo: studi storici e di storia religiosa. Ciclo XXVI, 2014, http://paduaresearch.cab.unipd.it/6385/1/Falcetta_Angela_tesi.pdf, p. 258.

[1] Falcetta, cit., p. 266.

[1] Falcetta, cit., p. 309, n.65.

[1] Corrispondenze, 17, cit., p. 360.

[1] G. M. Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, Parte I, a cura di Franca Assante, Domenico Demarco, Napoli: Edizioni scientifiche italiane, 1969, p. 198: “Non manca negli altri reggimenti una moltitudine di bravi soldati e di bella presenza. … I reggimenti stranieri sono quattro, cioè real Macedonia, composto di Macedoni e di altri Greci, che fu levato in Brindisi”.

[1] Dissertazione istorico-cronologica del Regimento real Macedonenella quale si tratta della sua origine, formazione e progressi, e delle vicissitudini, che gli sono accadute fino all’anno 1767, Bologna: presso il Volpe, 1768, pp.230-231.

[1] Dissertazione, cit.,  p.261.

[1] Relazione del rev. papàs Andrea Figlia da Mezzojuso diretta al rev.mo papàs Paolo Parrino, rettore del seminario greco-albanese di Palermo e parroco della parrocchia dreca della medesima città, sugli albanesi stanziatisi nella Capitanata di Puglia. Scritta da Napoli il 12 giugno 1764, http://www.jemi.it/index.php/arberia-katundet/katundet/storia/1250–sp-813/754-manoscritto-inedito-del-papas-andrea-figlia-1764:  “Nell’anno 1743 dalla Terra di Pichierni Provincia di Cimarra per forte attacco avuto coi confinanti Golemmi, e Borsci un tempo Cristiani oggi però ridotti la maggior parte di loro al Maumettismo, furono costretti li Pichierni doppo sanguinose, e lunghe zuffe fra di loro per i monti Acrocerauni finalmente perchè di minor numero, e quelli di più forze darsi alcuni in fuga, ed altri nelli contigui Paesi di Lurovo, e Cimarra rifuggiarsi Li primi approdarono in Brindisi, dove compita la loro contumacia furono dalla Maestà del Re benignamente accolti, ed ordinati tre Officiali del nostro Regimento, cioè due Capitani D. Costantin Blassi, e D. Pati Gini, una con l’Aggiutante Maggiore di quel tempo Capitan D. Demetrio di Micheli, dalla fede de quali è buona condotta ne aveva la Corte bastanti prove, da questi dunque furono condotti per li feudi, e di loro piacere scelsero il luogo detto la Badessa membro della Terra di Pianella, ed ivi proveduti di bestiami, strumenti Rurali, e tutt’altro necessario a fabricare case, e coltivare terreni”.  Falcetta, cit., pp. 65 e 157, n.169.

[1] R. Alibrandi, Il Re e la Porta Sublime. Il Trattato Perpetuo di pace, navigazione e commercio concluso tra Carlo III e l’Impero Ottomano il 7 Aprile 1740, in Fra terra e mare. Sovranità del mare controllo del territorio, giustizia dei mercanti, a cura di E. Pelleriti, Soveria Mannelli: Rubbettino, 2011,  pp. 120-137; S. Musella Guida, Relazioni politiche e commerciali tra il Regno di Napoli e la Porta Ottomana nei primi anni del regno di Carlo di Borbone. I doni per e da Mahmud I, in   Dalle collezioni di Palazzo Reale a mondi lontani, a cura di Annalisa Porzio,  Napoli:  Associazione Amici dei Musei di Napoli, 2014, pp. 9-28. Troyli, cit., p. 447: “Anche colla Porta Ottomana cercò il serenissimo monarca rinovare questo trattato di negoziazione: e ad ottenerne l’intento, penzò far passare in Costantinopoli con titolo di ministro plenipotenziario del re delle Due Sicilie il cavaliere d. Giuseppe Finocchetti livornese di nazione, e capitano di una compagnia delle Guardie Italiane di Sua Maestà. Ed egli, appoggiato al marchese di Villanova ambasciadore del re di Francia in quella corte, operò in maniera, che a dì 7 aprile 1740 ne conchiuse il trattato compreso in 29 articoli”. Sul trattato e i suoi effetti sul commercio, in particolare della seta, vedi R. Ragosta, Napoli città della seta. Produzione e mercato in età moderna, Roma: Donzelli Editore, 2009, p. 174.

[1] Corso di diritto amministrativo per lo regno delle due Sicilie compilato sulle opere di Romagnosi … [et al.], Napoli:dalla tipografia dello stabilimento dell’ Ateneo, 1836 Volume 1, p. 403.

[1] A. Di Vittorio, Il commercio tra levante ottomano e Napoli nel secolo XVIII, Napoli: Giannini, 1979, p. 110: “L’istituzione di un simile servizio – affidato a 12 corrieri a 5 para al giorno  a 10 quando erano in viaggio – prevedeva collegamenti quindicinali tra Costantinopoli e Durazzo oltre che tra Durazzo e Brindisi preferita ad altri scali pugliesi perché distante solo 120 miglia dal porto epirota, contro le 300 di Bari o le 350 di Barletta. Una feluca con sette uomini di equipaggio doveva, infatti, stazionare a Durazzo per effettuare il collegamento marittimo attraverso l’Adriatico”; M. Pezzi, La corrispondenza diplomatica e commerciale tra Napoli e Costantinopoli nella seconda metà del Settecento, Cosenza: Edizioni Orizzonti meridionali, 2005, pp. 23-25.

[1] V. Mancini, Intorno al servizio postale Napoli-Costantinopoli, in “Il postalista”, n. 181, settembre 2014, pp. 160-166, p.161.

[1] G. Simoncini, Il regno di Napoli. 2. Sopra i porti di mare, Firenze:Leo S. Olschki, 1993, p. 213; F. Assante, Il mercato delle assicurazioni marittime a Napoli nel Settecento: storia della Real compagnia, 1751-1802, Napoli: Giannini, 1979,  p. 119 rileva come il  servizio ebbe breve durata e non diede i risultati sperati.

[1] Corrispondenze , 17, cit., p. 343.

[1] Cagnes-Scalese, cit., p.353.

[1] Della struttura è menzione in Pigonati, cit., pp. 9-10: “Dall’altra parte dell’isola vi è il lazzaretto per le contumacie, opera costrutta fin da’ primi tempi del regno di S. M. Carlo Terzo, qual principio, che tendeva al fine del riaprimento del porto”.

[1] Cagnes-Scalese, cit., pp.353-354; vedi p ure A. Bo, Raffronti storici sui provvedimenti sanitarii antichi e nuovi nel porto di Brindisi. Lettera del socio prof. Angelo Bo al presidente della Società letta nell’adunanza generale dei 14 luglio 1872, in “Atti della Società ligure di Storia Patria”, 8, (1872), fasc. I,  pp. 735-752: p.742.  Cfr. Simoncini, cit., p.226.

[1] Cagnes-Scalese, cit., p.362.

[1] Bianchini, cit., p. 440.

[1] S. Panareo, Le ultime molestie barbaresche in Terra d’Otranto (1814- 1816), in “Rivista Storica Salentina”, IX (1914), pp. 264-274; Id., Turchi e Barbareschi ai danni di Terra d’Otranto, in “Rinascenza Salentina”, I (1933), pp.2-13. 

[1] S. Panareo, Una cronaca settecentesca della città di Brindisi, in “Rinascenza Salentina”, X (1942), n.2-3, pp.57-77: p.72.

[1] Cagnes-Scalese, cit., pp. 361-362.

[1] La vicenda dell’elefante, creduto dono del sultano al re Carlo III è ben riassunta da Schipa, cit., pp. 255-256:  “Per molti mesi il povero Finocchietti lavorò alla ricerca. Poi, lo colse il timore che non ne avesse a riuscire o sembrare troppo grave la spesa.  <Io non perdo di vista (egli scriveva al primo de’ ministri di re Carlo), e non mi dimentico degli Elefanti ma come ho rappresentato a V. E. che dopo ottenuti bisognerà regalare diversi, che tali Animali mangiono per quanto mi è stato assicurato un zecchino di robba al giorno ognuno; che vi vorrà di più in viaggio, e la spesa delli huomini che gli condurranno; non vorrei impegnarmi di averli, e poi la spesa paressi troppo gravosa… Si compiaccia dunque V. E. dirmi sino a che somma io potrò spender per questo, tanto in regali, quanto per condurli sino alla Valona>. Io non so quale maximum gl’indicasse il duca di Salas, se pure gliene indicò uno. Risulta dal carteggio che il Finochietti fece pratiche all’uopo anche coll’ambasciatore della Persia presso la Porta. Ma, approdati solo a metà i suoi sforzi, non poté avere che un elefante solo, ottenuto, dunque (è cosa che non si potrà, d’ora innanzi, porre in dubbio) a suon d’oro. Avvisatone il Montealegre, e richiesto di ordini circa il viaggio dell’ambito animale, si affrettò a rispondere: <Farò opportunamente sapere a V. S. Il.ma il tempo ed il modo in cui dovrà condursi l’Elefante, ma intanto non lasci Ella d’ assicurarsi d’averlo>. E passò un altro anno, innanzi all’arrivo dell’ospite colossale. Giunto finalmente, e condotto alla villa reale di Portici, il re e la regina <si compiacquero egualmente di farlo menare tre o quattro volte al loro Sovrano cospetto e trattenersi a veder le destrezze e i giuochi soliti a farsi da queste moli animate che di tenerlo esposto alla giusta curiosità di tutto il popolo>. Che il buon re Carlo ignorasse anch’egli la vera origine e natura di quell’acquisto, potrebbe ammettersi. I sudditi estranei alla corte lo ritennero dono del sultano; più illustre fra tutti, il Serao, che ne compose e stampò subito una entusiastica descrizione, se non lo credette, lo spacciò per tale. Ma anche nella corte, pur nella pratica dell’azienda finanziaria, fu ripetuto e ribadito l’errore. Chi sa che quell’aureola di dono imperiale non fosse stata composta proprio a nascondere e il prezzo d’acquisto e l’enorme costo del mantenimento dello strano trastullo, che il capriccio di un ministro aveva procacciato al suo re!” . F. Serao, Descrizione dell’elefante pervenuto in dono dal Gran Sultano alla regal corte di Napoli il primo novembre 1742, Napoli: presso Francesco e Cristoforo Ricciardi, impressori del real palazzo, [1742], pp. 5-6: “E se tutto ciò ha luogo rispetto ad altre nazioni, ed altri tempi: a’ Napoletani certamente a’ dì nostri, non potea presentarsi spettacolo più giocondo, né più sorprendete di questo: e quando venne a divulgarsi che il sultano Mehemet V fra que’ pochi, che raccolti altronde trattiene per pompa nelle sue stalle, avesse destinato un elefante in dono al re nostro signore, per conti novazione e conferma di un’officiosa non volgar amicizia con lui novellamente contratta; furono rapiti gli animi di ogni ordine di persone all’aspettamento di questa strana comparsa; e quasi furono coll’affetto e colla fantasia a seguirlo da presso in tutto il suo lungo e difficile viaggio, cercando di lui novelle, e di ogni sua avventura”.

[1] G. Carito, Il terremoto del 1743 in Brindisi, in “Brundisii res”, 15(1983), pp. 59-84.

[1] Schipa, cit., pp. 517-519.

Giacomo Carito

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